L’Italia sulla mappa del cricket mondiale: come gli Azzurri sono arrivati ai Mondiali

Da Spinaceto a Nuova Dehli. Potrebbe sembrare un romanzo di Salgari, invece è la cavalcata che ha portato una Nazionale azzurra a scrivere la pagina più brillante della propria storia. L’Italia del cricket venerdì 11 luglio 2025 ha centrato l’obiettivo cercato da una vita, qualificarsi alla Coppa del Mondo per la prima volta. L’ha fatto nel formato T20, quello più rapido con partite di circa tre ore e su cui negli ultimi anni l’International Cricket Council, la massima autorità in materia, sta spingendo per accrescere la popolarità in tutto il mondo di uno sport che – proprio con questo format – tornerà nel programma dei Giochi Olimpici a Los Angeles 2028, centoventotto anni dopo l’unica apparizione. La cavalcata azzurra verso il Mondiale che si disputerà in India e Sri Lanka tra febbraio e marzo 2026 è cominciata un anno fa sui campi di casa di Spinaceto, quartiere periferico di Roma, e Cogna, in provincia di Latina. Lì l’Italia ha superato piuttosto agevolmente Francia, Isola di Man, Lussemburgo, Turchia e infine Romania per conquistare l’accesso all’ultimo turno di qualificazione europea, con due posti in palio per entrare tra le venti invitate al gran ballo mondiale. Gli avversari degli Azzurri, di cui nel frattempo aveva preso la guida il canadese John Davison, erano particolarmente agguerriti: a cominciare da Guernsey e Jersey, le isole del canale della Manica tra Inghilterra e Francia da meno di duecentomila abitanti in due dove il cricket è estremamente popolare, per finire soprattutto con la Scozia e i Paesi Bassi padroni di casa, le due grandi favorite della vigilia per il passaggio del turno. Oltre ad aver preso parte entrambe a sei delle nove edizioni mai disputate del Mondiale T20, sia Paesi Bassi sia Scozia sono membri associati dell’International Cricket Council con ‘ODI status’ a differenza dell’Italia, ovvero con la possibilità di giocare gli incontri del formato One-Day International. L’ODI è un formato del cricket sempre a over limitati di cui si disputa il Mondiale ogni quattro anni, da molti considerato ancora “quello che conta davvero”, sebbene la popolarità del T20 stia crescendo di anno in anno . La storia e i risultati sembravano quindi tagliare fuori in partenza l’Italia dalla lotta per il pass alla prossima Coppa del Mondo. Tanto più che, dopo un convincente esordio contro Guernsey per i primi due punti del torneo, la successiva partita contro Jersey è stata annullata a causa del maltempo ed è stato assegnato un punto a entrambe le squadre. Di fronte all’Italia restavano i due ostacoli più grossi con l’obbligo di vincere almeno una partita contro avversari mai sconfitti a questo livello. Il miracolo, invece, si è concretizzato mercoledì 9 luglio sul prato dell’Aia contro la Scozia: una prestazione maiuscola in attacco con Emilio Gay , Grant Stewart e Harry Manenti , con quest’ultimo capace, grazie alla difesa del fratello Benjamin, di effettuare 5 wicket al lancio contro le mazze scozzesi per sigillare la vittoria. Due giorni più tardi, con Jersey capace anch’essa di superare la Scozia, nell’ultima partita del girone all’Italia per qualificarsi bastava una sconfitta dal passivo non troppo pesante contro i Paesi Bassi invece alla caccia di una vittoria per qualificarsi. Gli Azzurri, sopraffatti dall’emozione e da un po’ di stanchezza, non hanno saputo ripetere la prova scintillante mostrata contro la Scozia, ma, nonostante la sconfitta, il miglior net run rate l’ha reso il giorno più dolce del cricket italiano. Negli ultimi anni il movimento azzurro aveva già ottenuto delle discrete soddisfazioni: a settembre 2021 fece rumore la vittoria in una partita su dieci over contro l’Inghilterra: era la coda della magica estate azzurra che, dopo la vittoria dell’Europeo di calcio sul prato di Wembley e la staffetta 4x100 maschile ai Giochi Olimpici di Tokyo, ancora una volta superava gli inglesi, questa volta in uno sport loro e solo loro. Successivamente ne è giunta un’altra e anche la Nazionale femminile ha ottenuto il primo acuto, imponendosi contro i Paesi Bassi. Tutti semi gettati per raggiungere questo traguardo. Dietro questo risultato in uno sport che ancora oggi è un oggetto misterioso in Italia, come se fosse parte di un DNA solo dell’aristocrazia britannica e successivamente terreno di sfida e di autodeterminazione delle vecchie colonie dell’impero, c’è tanto lavoro da parte dell’International Cricket Council che sta cercando di allargare i propri orizzonti e della Federazione italiana, capace di costruire dietro le quinte una squadra competitiva. La guida in campo è quella del capitano Joe Burns, nato e cresciuto in Australia di cui è stato anche nazionale, che nel 2024 ha deciso di abbracciare il progetto azzurro per onorare il fratello scomparso pochi mesi prima a cui ha dedicato il numero 85 che porta sulle spalle: “Rifletto spesso sul coraggio e sull’impegno che devono aver avuto i miei nonni quando hanno lasciato l’Italia per iniziare una nuova vita in Australia. – scriveva sui propri social in occasione dell’annuncio del cambio di nazionale – Sono tanto orgoglioso di rappresentare l’Italia nel nostro cammino verso i Mondiali 2026. I campi di Roma saranno anche lontani dal Gabba, dal MCG o dal nostro cortile di casa, ma mi sento come se stessi tornando a casa”. Cresciuto in una terra di cricket, parlando calabrese con i propri nonni, la storia di Burns trova tante similitudini con quella di altri compagni di squadra, come i fratelli Anthony e Justin Mosca, anche loro nipoti di italiani emigrati in Australia durante la Seconda Guerra Mondiale, o i già citati Harry e Benjamin Manenti, figli dell’allenatore della Nazionale di rugby a 7 australiana ai Giochi Olimpici di Parigi. Tra i nomi nuovi, quelli dei nati nel 2000, c’è Emilio Gay, nato in Inghilterra da madre italo-inglese, che proprio in questo torneo di qualificazione ha indossato per la prima volta i colori azzurri ben recitando il ruolo di secondo battitore. Poi c’è Thomas Draca, specialità lanciatore veloce, lo scorso anno diventato il primo italiano ad essere inserito nella lista dei giocatori selezionabili per l’Indian Premier League, il campionato T20 a franchigie più seguito al mondo dal marchio valevole oltre undici miliardi di dollari. Alla fine per Draca non è arrivata la chiamata, ma è stato un altro importante tassello per collocare l’Italia sulla mappa del cricket mondiale. Appare evidente come siano tanti i figli della diaspora che hanno sentito il richiamo delle origini e, grazie al lavoro della Federazione italiana, sono tornati sui passi della propria famiglia. A fianco a loro ci sono i figli dell’immigrazione, spesso da Paesi del subcontinente indiano che fanno del cricket il proprio rito collettivo. Sono tante, e sono vincenti, le storie di società fondate da persone provenienti da India, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka che dopo il lavoro si ritrovano per condividere questi momenti superando, tra wicket e mazze, anche le differenze etniche e religiose che fanno le rivalità tra le loro terre d’origine tra le più sentite nel mondo dello sport. In questo senso si inserisce il valore del cricket in Italia come un qualcosa molto più ampio del solo tema agonistico: Simone Gambino, ex Presidente della Federazione Italiana Cricket, ha scritto diversi saggi in materia, tra cui 'Ius Sanguinis, ius soli. Il cricket, la fucina dei nuovi italiani', frutto di una lettera che Gambino inviò nel 2013 all’allora presidente del Coni Giovanni Malagò dopo essersi tanto battuto con l’ICC per ammettere nella Nazionale italiana i tanti praticanti stranieri residenti in Italia da tanto tempo. Il cricket in Italia ha dovuto superare tante barriere e farlo tuttora per cercare di ritagliarsi il proprio spazio, caricandosi – oltre all’aspetto agonistico – anche di battaglie non comuni ad altre discipline sportive. La grande speranza è che l’esperienza mondiale possa diventare una scintilla per questo sport nel nostro Paese: passare dai polverosi campi improvvisati delle periferie ai bollenti catini di India e Sri Lanka stracolmi di tifosi sarà un balzo non da poco per questo movimento. Là, nella terra in cui molti degli oltre due miliardi e mezzo di appassionati di cricket su questo pianeta vivono, per la prima volta nella storia ci sarà l’Italia, più agguerrita che mai. Il capitano Joe Burns dopo la qualificazione non ha posto limiti: "Mi chiedono quale sia il nostro obiettivo per la Coppa del Mondo e io rispondo: ‘Noi ci prepariamo per vincere ogni partita – quindi ci prepariamo per vincere il Mondiale’". L’impresa appare ardua, improbabile. Già esserci, senza suonare retorici, in questo caso è un enorme successo e da qui in poi si può solo continuare a crescere.

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L’Italia sulla mappa del cricket mondiale: come gli Azzurri sono arrivati ai Mondiali

Nicolò Gatti