La Corsa di Miguel, corridore e poeta argentino desaparecido

Venticinque anni. Tanti ne aveva Miguel Benancio Sánchez, podista e poeta argentino, quando nella notte tra il 7 e il l’8 gennaio 1978 è stato portato via con la forza da casa sua a Villa Espana, nei pressi di Buenos Aires, senza più fare ritorno. Tanti ne sono passati dal 9 gennaio 2000, quando per la prima volta a Roma è andata in scena la Corsa di Miguel, una gara a lui dedicata. E anche quest’anno, venticinque anni dopo quella prima volta, si corre. Proprio oggi, 19 gennaio 2025, si corrono due gare: una, competitiva, di 10 km e una non competitiva di 3, chiamata ‘Strantirazzismo’. Possono partecipare tutti: atleti e non, donne e uomini, bambine e bambini, giovani e anziani. Ci saranno circa diecimila persone, Tutti ‘in pista’ per ricordare Miguel e per lottare contro ogni forma di violenza e discriminazione. Tutti uniti per la pace, come recita lo slogan della Corsa: “di tutti, con tutti, per tutti”. Miguel Benancio Sánchez è uno dei trentamila desaparecidos che tra il 1976 e il 1983 sono stati rapiti dalla dittatura militare argentina di Jorge Rafael Videla. Miguel è uno dei 32 atleti rapiti e spariti nel nulla perché avversi al regime o presunti tali. E’ nato il 6 novembre 1952 a Bella Vista, nella provincia di Tucuman . E’ l’ultimo di dieci fratelli, la sua è una famiglia umile. Da ragazzo deve lasciare la scuola per aiutare la sua famiglia e va a lavorare nei campi di canna da zucchero, coltivazione per cui il Tucuman era famoso. A 18 anni lascia Bella Vista e si trasferisce a Buenos Aires, dove già vivono molti dei suoi fratelli, in cerca di una vita migliore. Lì inizia a lavorare come imbianchino e nel tempo libero gioca a calcio, nel Gimnasia y Esgrima La Plata. Il calcio è il suo primo grande amore, come racconta sua sorella Elvira: “Lo ricordo correre dietro alla palla nel quartiere”. Ma oltre al calcio, Miguel ama scrivere. Scrive di tutto, anche dei suoi allenamenti e proprio rileggendo qualche suo appunto capisce di essere portato più per la corsa che per il pallone. Nel 1974 cambia lavoro, viene assunto come impiegato allo sportello nel Banco Nacional. Lascia il calcio e inizia a correre. Le sue giornate sono sempre piene, non si ferma mai. Sveglia, colazione con una mela, primo allenamento , treno, lavoro, treno, secondo allenamento e infine scuole serali . A volte le sue giornate terminano all’una di notte ma la mattina successiva Miguel è sempre lì, pronto a correre, lavorare e studiare. E scrivere. Da ragazzo si avvicina Gioventù Peronista, movimento che appoggia Juan Domingo Perón, presidente argentino dal 1946 al 1955 e del 1973 al 1974, quando muore. Pur interessato alla causa politica, Miguel non partecipa mai attivamente alle attività del movimento. Sua sorella Elvira, nella sua deposizione del 28 marzo 2001 alla Camera Federal de Apelacion della città di La Plata in Argentina dichiara: “Osvaldo Suarez, che mio fratello chiamava ‘maestro’, e che ha vinto tre volte la San Silvestre, racconta che non aveva mai sentito Miguel parlare di politica. Un altro amico di Miguel, Hugo Diaz, diceva che mio fratello aveva frequentato la Unidad Basica de la Juventud Peronista, ma senza partecipare troppo all'attività politica, perché dedicava gran parte del suo tempo alla corsa. Un giorno, però, si erano incontrati alla stazione di Villa España e Miguel gli aveva detto: ‘Stai molto attento fratello’. Diaz fu sequestrato nel '77 ma riuscì a fuggire. Tra i suoi amici c'era poi il signor Fernandez, anche lui desaparecido”. Gli amici lo chiamano ‘Miguelito’, dai colleghi del lavoro è soprannominato ‘el correcaminos’ . Altri ancora lo chiamano ‘el tucu’, “perché cucinava delle ottime empanadas tucumanas” spiega Elvira. Per la famiglia è semplicemente Miguel, il piccolo di casa. Scrittore e corridore. Un sognatore, amante della vita e della pace, come dimostrano alcune pagine dei suoi diari: “Ancora non ci posso credere, una delle prove più celebri del mondo, la San Silvestre. Sono quattro giorni che vivo in un clima dove regna pace e amore e amicizia, dove tutti vogliamo dare il massimo, dove la speranza, la conquista e la meta definitiva ci aspettano” scrive dopo aver corso la celebre gara di San Silvestre, in Brasile. Ma anche lontano da casa, non dimentica la sua Argentina, per la quale chiede a Dio di “portare la pace”. Ma proprio dopo aver fatto ritorno a casa da una gara viene rapito. Corre la Carrera di Maldonado, in Uruguay e il 7 gennaio del 1978 – verso le 10 di sera – fa rientro a Villa Espana. Una cena in famiglia e poi tutti a letto verso mezzanotte. Fino alle 3, quando la famiglia Sánchez viene brutalmente svegliata. Sei uomini armati con dei mitra bussano alla porta. Una delle sorelle va ad aprire. “Bussavano e chiedevano di Miguel Angel Sanchez. Gli abbiamo risposto che lì viveva Miguel Benancio e non Miguel Angel Sanchez” racconta Elvira. Nel frattempo, Adam, il pastore tedesco di Miguel, inizia ad abbaiare e piangere. Dopo quella notte non abbaierà mai più. “La porta venne aperta e quelle persone entrarono come furie travolgendo tutto e tutti. Avevano capelli corti con taglio di tipo militare e indossavano vestiti sportivi. Continuavano a urlare chiedendo di Miguel Angel Sanchez. Trovarono mio fratello nella sua stanza: sulla sedia c'erano appoggiati i vestiti e la borsa che aveva portato da San Paolo e da Maldonato, con dentro i portachiavi e le maglie scambiate con gli altri atleti. Lo fecero alzare e cominciarono a rovistare nella libreria. Tirarono giù tutti i libri senza trovare nulla. Aprirono l'armadio e scaraventarono fuori tutti i vestiti. Da un cassetto spuntò la bandiera argentina. Gli chiesero perché avesse quella bandiera. ‘Perché sono argentino’, gli rispose Miguel” testimonia Elvira. La madre di Miguel prova a intervenire per capire cosa stesse accadendo, ma gli uomini entrati con violenza le intimano di tornare a letto. Una sveglia interrompe le ‘operazioni’, è la sveglia di una delle sorelle di Miguel che lavora in ospedale a Fiorito, lontano da Villa Espana, e che attacca il turno molto presto. A lei viene detto di dirigersi a lavoro e di non seguire la macchina con dentro Miguel. Prima di essere portato via e bendato, Miguel chiede di poter salutare sua madre. Gli viene detto di no, “bisogna andare”. A tutti i familiari viene detto di non guardare dalle finestre, Miguel esca di casa bendato e di forza viene caricato su una Ford Falcon verde, macchina simbolo della dittatura argentina. Da quel momento, nessuno dei familiari di Miguel ha più saputo nulla di lui. Fin dal giorno seguente la madre, le sorelle e i fratelli hanno iniziato a cercarlo e hanno provato a denunciare quanto accaduto, ma senza alcun riscontro. “Sono iniziati vent'anni di ricerche in solitudine, in un clima di paura” spiega senza giri di parole Elvira. Sono passati quarantasette anni da quando Miguel è stato rapito. Da venticinque per le strade di Roma e di tante altre città del mondo si corre affinché non venga dimenticato. Si corre per la pace, come scrive Miguel in una sua poesia: Para vos atleta para vos que sabés del frío, de calor, de triunfos y derrotas para vos que tenés el cuerpo sano el alma ancha y el corazón grande. Para vos que tenés muchos amigos muchos anhelos la alegría adulta y la sonrisa de los niños. Para vos que no sabés de hielos ni de soles de lluvia ni rencores. Para vos, atleta que recorriste pueblos y ciudades uniendo Estados con tu andar Para vos, atleta que desprecias la guerra y ansías la paz. Per te atleta Per te che conosci il freddo, il caldo, i trionfi e le sconfitte per te che hai un corpo sano l’anima grande e tanto cuore. Per te che hai molti amici molti desideri l’allegria adulta e il sorriso dei bambini. Per te che non conosci il ghiaccio né i soli la pioggia né i rancori. Per te, atleta Che corresti paesi e città unendo gli stati con il tuo andare Per te, atleta che disprezzi la guerra e aneli alla pace.

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La Corsa di Miguel, corridore e poeta argentino desaparecido

Emiliano Tomasini