Questa è davvero l’epoca d’oro della atletica azzurra

Si è tornati nello stadio del Rinascimento dell’atletica italiana, le cinque medaglie d’oro dell’Olimpiade rimandata per Covid al 2021, e ancora una volta Tokyo ha certificato la salute della squadra azzurra. Lo ha fatto, paradossalmente, attraverso la conferma che il tempo passa per tutti, anche chi con i Giochi è entrato nella leggenda della gloria olimpica: per infortunio , per età o acciacchi o tutte e due le cose insieme , soltanto la Palmisano, argento nella 35 chilometri di marcia, ha saputo confermarsi sul podio. Eppure, e questa è la nota più importante, l’Italia ha saputo rinnovarsi, issandosi ad una quota di sette medaglie mai toccata né a un Mondiale né a una Olimpiade. Merito di un ricambio velocissimo, la cui punta di diamante è proprio il più giovane dei medagliati, il Mattia Furlani che con il suo oro conquistato a vent’anni ha saputo diventare non solo il più imberbe campione iridato della nostra storia, ma è riuscito per il sesto major consecutivo sul podio di una grande manifestazione. A un’età dove per solito si comincia la carriera, il reatino è già campione del mondo outdoor e indoor, nonché bronzo olimpico e svariate altre medaglie, un curriculum che farebbe felice un veterano ma con ampie possibilità di essere irrobustito: per dirne una ai Giochi di Brisbane 2032 Mattia avrà appena 27 anni. Grande futuro insieme ad un presente straordinario ha anche Nadia Battocletti, venticinque anni per issarsi a due medaglie tra 5000 e 10000, battuta soltanto da Chebet e Kipyegon, fenomeni paranormali degli altipiani kenyani che sono già nella storia del mezzofondo. Lucidità in gara, serenità assoluta nella vita in cui spiega che si possono coniugare sport ad alto livello e studi in ingegneria e architettura, sorriso che conquista: se cercate un esempio per convincere i figli a fare sport indicate Nadia. Venticinque anni per la trentina, uno in più per l’Andrea Dallavalle che quando gli infortuni gli danno tregua dimostra sempre la sua classe: ha sognato addirittura l’oro del triplo con quel 17.64 che ha costretto il cubano di Portogallo Pichardo a saccheggiare la sua classe per batterlo, ma intanto anche lui è una certezza in quei salti in estensione che sembrano diventati la cassaforte azzurra in termini di risultati. Una garanzia è ormai anche Leonardo Fabbri, un inverno complicato da polemiche e litigi tra coach Dal Soglio e la Federazione, risolte però brillantemente per il bronzo di Tokyo che si affianca all’argento conquistato a Budapest, e chissà che prima o poi l’americano Ryan Crouser, il più grande pesista di tutti i tempi, confermatosi anche a Tokyo nell’unica gara che i problemi al gomito gli hanno concesso quest’anno, lasci campo libero anche al fiorentino. Tokyo ci riporta anche sul podio di maratona da cui mancavano, tra gli uomini, dai tempi di Stefano Baldini: splendido Iliass Ahouani, non solo in gara, ma per quella sua dedica a chi cresce nelle case popolari, a dire che nessun traguardo è impossibile, e pazienza per i beceri che vanno a scrutare gli alberi genealogici per contestare l’italianità di chi, invece, la cittadinanza la merita anche più degli altri, perché davvero questi ragazzi hanno scelto il nostro paese. Qualche inciampo, certo, su tutti la Iapichino, fisiologico perché nello sport tutto può essere garantito salvo i risultati, e proprio per questo è bello praticarlo e viverlo. E adesso godiamoci questi risultati, sapendo bene che pure per loro è già pronto il ricambio, basta ricordare i risultati degli Europei Under 20 e Under 23 per dire che è davvero l’epoca d’oro della nostra atletica.

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Questa è davvero l’epoca d’oro della atletica azzurra

Nicola Roggero