Atletica, 7 nuovi record del mondo in 8 giorni: le possibili spiegazioni

Alla faccia del bicarbonato di sodio, avrebbe esclamato Totò di fronte alla settimana che nell’atletica ha sconvolto il mezzofondo e le prove su strada: la celebre battuta del principe della risata è attinente con l’argomento, ma ci arriveremo. Prima i fatti: tra l’8 e il 16 febbraio sono stati battuti qualcosa come cinque primati del mondo nel mezzofondo indoor, uno nella mezza maratona, un altro nei 20 chilometri di marcia, tutti in capo a prestazioni che riscrivono la storia delle specialità. Ha cominciato Grant Fisher, americano già medagliato ai Giochi di Parigi, stabilendo l’8 febbraio a New York il record dei 3000 e aggiungendone un secondo sei giorni dopo a Boston sei giorni sui 5000. Nella magica serata nella Grande Mela il connazionale Yared Nuguse faceva invece suo il limite del miglio, distanza imperiale così classica da essere sopravvissuta all’avvento in atletica del sistema metrico decimale. Il ragazzo nato a Lousiville e dunque concittadino di Muhammad Alì, non sapeva però che il suo record avrebbe avuto vita breve: cinque giorni dopo, il 13 febbraio, Jakob Ingebrigtsen, il norvegese che a 25 anni ancora da compiere ha già vinto tutto quanto possibile, avrebbe addirittura fatto meglio, battendo due primati in un colpo solo: oltre al miglio, cioè 1609,34 metri, il vichingo è transitato ai 1500 metri in un tempo inferiore al vecchio primato di quella distanza. Finita? Macché: il 16 febbraio, a Kobe, il giapponese Toshikazu Yamanishi, grande rivale e soprattutto amico del nostro Massimo Stano, marciava i 20 chilometri in 1.16’10”, tempo che sarebbe interessante per la corsa di un amatore piuttosto preparato. E se in Giappone si è marciato forte, nella stessa giornata a Valencia l’ugandese Jacob Kiplimo ha percorso i 21.097 metri della mezza maratona in 56’42, una media superiore ai 22 chilometri orari: quella che non tutti sono in grado di tenere in bicicletta. Come è stato possibile? Una serie di fattori, il principale dei quali dovuto alle scarpe: la fibra di carbonio inserita nell’intersuola migliora la qualità della restituzione di energia dopo l’impatto del piede con il terreno, determinando risparmio di forza e favorendo la meccanica di corsa. Sembra incredibile da credere per un inesperto, ma ormai le scarpe devono superare l’omologazione tecnica come avviene per le auto e le moto, verificando le dimensioni dell’intersuola e delle suole. Inoltre, sono ammesse alle gare solo quelle in regolare commercio e non i prototipi . Altro enorme vantaggio, per le gare in pista, il sistema delle cosiddette ‘wavelights’. Sono luci posizionate sul cordolo della pista che indicano, accendendosi, il ritmo corretto da tenere per realizzare un determinato tempo: l’atleta sa che seguendole arriva alla prestazione voluta. In pratica una lepre elettronica da aggiungere a quella umana, cioè il concorrente che si incarica di fare l’andatura sino a un certo punto della gara. Se i puristi avevano già storto il naso il 6 maggio 1954, quando Chris Brahser e Chris Chataway fecero il ritmo per 3 giri a Roger Bannister, primo uomo al mondo a correre il miglio sotto i quattro minuti, oggi con le ‘wavelights’ molti parlano di “doping tecnologico”: non c’è infatti dubbio che le luci aiutino lo sforzo dal punto di vista mentale, contravvenendo alla filosofia secondo cui il gesto sportivo è un esercizio dove il muscolo viene comandato dal cervello, non da elementi esterni. Al miglioramento delle prestazioni contribuisce, sia pure in misura minore, la maggiore qualità delle piste. Non siamo certo ai passaggi epocali del passato, dal fondo in cenere alla terra rossa e quindi al tartan, ma l’evoluzione tecnologica da quando fu adottato il materiale sintetico è nei fatti. Primatista l’azienda piemontese della Mondo, che dal 1976 produce ininterrottamente piste e pedane per gli stadi che ospitano le Olimpiadi. Ora, ricordando anche il record di Francesco Fortunato, capace di marciare sulla distanza dei 5000 metri indoor ad Ancona in 17’55”65 , siamo al momento di Antonio De Curtis in arte Totò, e del celeberrimo bicarbonato di sodio. Questa sostanza favorisce infatti la resistenza muscolare e un’azienda svedese ha risolto i problemi gastrointestinali che dava la sua assunzione. Gli atleti hanno dunque fatto massicciamente ricorso al prodotto, a tutti gli effetti legale. Si fosse prestata maggiore attenzione a Totò i record del mezzofondo e delle prove prolungate sarebbero stati migliorati molto prima.

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Nicola Roggero