Federico Pellegrino patrimonio dello sport italiano: è considerato come merita?

Nessuna sorpresa, ma solo una scintillante conferma, nella prima giornata dei Campionati mondiali di sci nordico di scena a Trondheim, Norvegia, 500 chilometri a nord di Oslo. Tutti, compresi i reali di Norvegia presenti in tribuna, attendevano un solo uomo con una missione ben precisa in testa. Il suo nome è Johannes Høsflot Klaebo e la missione è quella di uscire da questi Campionati Mondiali nella sua Trondheim con sei medaglie d’oro in sei eventi totali, fare en plain. La prima è arrivata nella sprint, la sua gara prediletta di cui si è confermato campione del mondo per la quarta volta consecutiva, una striscia che comprende anche due ori olimpici a Pyeongchang 2018 e Pechino 2022, mettendo in fila tutti gli avversari sin dai primi affondi di bastoncino. Tutti tranne uno, uno sciatore con la tuta azzurra che ha provato fino all’ultimo a rimanergli attaccato alle calcagna, Federico Pellegrino, capace di conquistare una medaglia d’argento dal sapore di storia. Accanto al nome di Pellegrino, trentaquattrenne originario di Nus, in Val d’Aosta, sarebbe semplice appiccicare l’etichetta di ‘eterno secondo’: sei volte argento tra Mondiali e Giochi Olimpici, sempre alle spalle di Klaebo o di una Norvegia con il fuoriclasse di Trondheim in squadra, sempre nelle sprint. Sarebbe semplice, ma sarebbe estremamente sbagliato. Con questo argento conquistato a quattordici anni dal primo Mondiale disputato a Oslo Holmenkollen, Pellegrino raccoglie la settima medaglia iridata della sua carriera, andando a eguagliare Silvio Fauner come uomo più titolato nei Mondiali di sci nordico della storia azzurra , lontani solo dall’immensa Stefania Belmondo arrivata a quota tredici. In occasione di questa sprint Pellegrino ha messo in mostra una versione di sé che non si vedeva da un paio d’anni, lottando in quarti di finale e semifinale dal coefficiente di difficoltà altissimo, senza mai perdere la calma e l’equilibrio delle fasi più concitate, su una neve sempre meno compatta. In finale la coppia di testa Klaebo-Pellegrino aveva già largo vantaggio sulla concorrenza a metà gara e il valdostano ha cercato in tutti i modi, come avvenuto anche nei turni precedenti, di trovare uno spazio in cui infilarsi per sopravanzare il vichingo norvegese, sognando magari di ammutolire lo stadio del fondo di Trondheim, in modo analogo a quello che fece Fauner contro Bjørn Daehlie sul rettilineo della staffetta olimpica di Lillehammer 1994. Nulla da fare, ma una medaglia splendida per l’atleta valdostano delle Fiamme Oro: “Sono riuscito a mettere in campo la miglior versione di me stesso in una gara che non è solo forza fisica ma anche e soprattutto mentalità. Ho fatto delle scelte durante la gara che mi hanno portato a fare il risultato che ho fatto. Prima dell’ultima curva, Klaebo era ancora a uovo mentre io pattinavo già. Questo mi ha dato grande velocità ed è stato bello provare ad insidiarlo nel finale. Poi quando ho tagliato il traguardo è stato fantastico. Per la verità già dopo la semifinale sono scoppiato in lacrime perché era quella la batteria più tosta, quella da superare per forza. Poi mi sarebbe rimasta solo la finale da godere: e così è stato” le sue dichiarazioni a fine gara. Federico Pellegrino è un patrimonio dello sport italiano, troppo spesso forse non considerato come merita. Il primo podio nel 2011 a Liberec, in Repubblica Ceca; la prima di sedici vittorie in Coppa del Mondo, dodici delle quali individuali, oltre dieci anni fa: era il 21 dicembre 2014 sulle nevi di Davos, in Svizzera, e oggi lo troviamo ancora qua su un podio di prestigio, il cinquantunesimo individuale della sua carriera tra Coppa del Mondo, Giochi Olimpici e Mondiali. Oggi come allora, come sempre nel corso della sua carriera, in una sprint. La storia della sprint È doveroso fare un rapido excursus su cosa sia la sprint nello sci di fondo. Introdotta nella stagione 1995-96 in Coppa del Mondo e dal 2001 ai Campionati mondiali in sostituzione delle dieci chilometri , l’intento era quello di cercare di aggiungere una componente adrenalinica alle più classiche gare su distanze maggiori. La sprint è una gara su un tracciato di lunghezza variabile tra 1-2 chilometri con partenza di sei atleti in contemporanea dal cancelletto e distribuita su tre turni: quarti di finale, semifinale e finale, a cui avanzano man mano i primi due piazzati di ogni turno più i due migliori ‘lucky loser’. Nelle sprint contra l’esplosività, la capacità di recupero tra un turno e l’altro e la capacità di conduzione dello sci nella bagarre con gli avversari. Le gare sprint, che possono essere disputate sia in tecnica classica sia in tecnica libera , sono sia individuali sia a coppie, con i due sciatori che si danno il cambio per tre volte. La storia delle sprint si abbraccia subito con quella del fondo azzurro: il giorno del primo esperimento in coppa del mondo, il 3 febbraio 1996 in Tirolo, le coppie italiane Valbusa-Fauner e Belmondo-Di Centa regolarono tutte le avversarie e da allora il format tante gioie ha regalato all’Italia: Belmondo vinse la prima coppa del mondo di specialità nel 1997, Arianna Follis, anche in coppia con Magda Genuin, ottenne sei successi in Coppa del Mondo e un oro mondiale nel 2009, mentre una fu l’affermazione nel format per Gabriella Paruzzi. Al maschile fu terreno di caccia di Cristian Zorzi e Renato Pasini che insieme conquistarono l’oro mondiale a Sapporo nel 2007; prima di loro ci fu Fabio Maj, con una vittoria individuale e una insieme a Fulvio Valbusa. Poi, come un fulmine, arrivò ‘Chicco’ Pellegrino. Un fisico esplosivo, perfetto per la disciplina, la capacità di districarsi nelle situazioni complicate e sciare a passo pattinato come i migliori del mondo. Nel 2016 Pellegrino conquistò la sfera di cristallo di specialità e l’anno successivo a Falun, in Svezia, arrivò l’oro mondiale, il primo al maschile per l’Italia dal 2007 e il primo individuale dal 1995, quando Silvio Fauner fece sua la 50 chilometri di Thunder Bay, in Canada. Sul tracciato di Falun Pellegrino si impose davanti al russo Ustjugov e a un giovane norvegese di appena vent’anni, Johannes Høsflot Klaebo. L’apparizione sulle scene di Klaebo fu lo spartiacque non solo della carriera di Pellegrino, ma della storia dello sci di fondo. Non è questo il luogo per decidere se Klaebo sia o meno il più grande fondista uomo di ogni tempo , così come non si discute sull’ipotetica posizione di Pellegrino tra i più grandi della storia azzurra, ma è evidente che il numero di vittorie in carriera per Federico Pellegrino sia stato drasticamente condizionato dal trovarsi di fronte un Odino di sei anni più giovane: più alto, più possente, capace di vincere su ogni distanza e indicato da molti come l’unica figura in grado di fermare il declino di popolarità sempre più tangibile di questo sport. Basti pensare che per diciotto volte Klaebo e Pellegrino si sono posizionati ai primi due posti in una gara sprint individuale, sedici delle quali con Klaebo primo, Pellegrino secondo. Dresda e Davos le uniche due volte in cui l’azzurro è riuscito a trovare l’arma per mettersi alle spalle il norvegese. Ogni risultato di Pellegrino acquisisce ancora più valore alla luce degli avversari che si trova ad affrontare e la sua forza è sempre stata quella di farsi trovare pronto nel momento più importante, una qualità rara ma di valore fondamentale nello sport, ancor di più in una specialità in cui in poco più di due minuti occorre dare tutto. Papà di Alexis, nato due giorni dopo quella vittoria di Davos davanti a Klaebo e a oggi ultima vittoria individuale di Pellegrino, la famiglia di Federico e della moglie Greta Laurent, anche lei ex fondista, si allargherà a breve con la nascita del secondo figlio e l’intento dello sciatore azzurro è ben chiaro: ritirarsi al termine dei Giochi Olimpici di Milano-Cortina per dedicarsi alla famiglia. Senza dimenticare poi la possibilità nella team sprint, una data è segnata sul calendario, quella di martedì 10 febbraio 2026, giorno della sprint olimpica sul tracciato di Tesero. Sarà a tecnica classica, non certo la sua preferita, ma sarà a passo alternato come quella di Pyeongchang 2018, quando Pellegrino portò a casa la prima medaglia olimpica della carriera: un argento, dietro all’amico-rivale Johannes Høsflot Klaebo.

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Nicolò Gatti