Altre 100 di queste emozioni, dolce Mikaela

Ammettiamolo, quando Giulia Candiago ha messo il microfono sotto al volto di Mikaela Shiffrin, casco e occhialoni ancora addosso, e non si sono sentite parole ma solo singhiozzi ci è partita la lacrima, anche perché la stessa intervistatrice non è riuscita a trattenere il discreto e poco nascosto pianto. Un momento particolare per tutti, il pubblico da casa, quello nel parterre al Sestriere, le stesse atlete, il team USA e ovviamente la mamma Eileen che viene continuamente abbracciata da allenatori e Ski man. Poi, sempre con il microfono davanti a sé, tenuto nella mano tremolante di emozione della sua amica Giulia, cerca di spiccicare qualche parola, non ci riesce, sono singulti… è come se il quel momento volesse far uscire tutta la sua fragilità reale di ragazza divenuta troppo grande, figlia di un papà che non c’è più e di una donna campionessa di umana, forse, normalità. Bastano queste non parole condite da vera commozione a farcela amare ancora di più. Lo slalom del Sestriere riapre la sua serie vincente fra i pali stretti, ben 63, in una gara per nulla scontata. Prima manche in testa, ma si sapeva del suo non stato di forma, mantenimento di due prove ad alto livello, e soprattutto le straordinarie prove della muta che la inseguiva con una Ljutic a soli 9 centesimi. Avrebbe mai retto? La risposta sembrava più no che sì. Tempi strepitosi della croata e dell’altra americana Paula Moltzan. Mikaela mette le punte fuori dal cancelletto e immediatamente cala il silenzio, come se nessuno respirasse più, come se ognuno lì sul colle volesse rispettarla e comprendesse quell’attimo emotivamente forte, troppo forte. Eccola fuori ed ecco uno spicchio di sole e di luce a illuminare il suo ritmo sempre più serrato e magico, come quello di una leggera danza armoniosa in perfetta sintonia coi paletti che l’accompagnano nei segni della pista. Un movimento perfetto che abbiamo da sempre visto e imparato a conoscere, gli sci che non sembrano nemmeno muoversi, piccoli spostamenti, impercettibili, calibrati, ritmici ma tutti all’attacco, fino a chiudere… ed è fatta. Cade per terra, distrutta, si gira quasi a non voler vedere crono e posizione, ha paura di dover rinnovare la delusione delle giornate precedenti, un 25esimo posto e una non qualifica nei due giganti, ma è la folla, prima con un urlo pazzesco e poi l’abbraccio della compagna Moltzan, a riportarla nell’olimpo emotivo della vittoria, del trionfo, targato 100. Sì cento, cento, cento. Echeggia e rimbomba nelle sue lacrime ancora a terra sommersa dall’amica. Si mette le mani davanti alla faccia, incredula che sia successo. Sembra una bimba confusa e sorpresa di essere entrata a Disneyworld tra Minnie e Topolino, in una specie di cartone animato di ‘fantasia’, ancora abbracci e il cerimoniale classico in un’apoteosi non convenzionale. Sono tutti felici, è come se tutti si fossero tolti quella specie di macigno chiamato Storia. Cento e cento sia. Basta statistiche, basta numeri, anche se dobbiamo certamente segnare i suoi 155 podi in 278 giorni di gare, 172 se contiamo anche mondiali e Giochi olimpici, 5 coppe generali, 8 di slalom, 2 di gigante e 1 in superG, 8 titoli mondiali e 2 olimpici ed è inutile scrivere dei luoghi iconici con più vittorie o sequenze vincenti: sono numeri e i numeri sono freddi e rimangono tali, più bello parlare di emozioni e tornare a quel microfono di Giulia Candiago piazzato davanti alla campionessa e a quelle poche parole smozzicate dalle lacrime. Perché è certo e sicuro che in quel momento i pensieri di Mikaela sono rientrati nel frullatore mentale del ricordo: la difficile ripresa dal brutto incidente di Killington che si è anche chiamata paura, con la decisione di mollare il gigante mondiale del rientro e non competere più in discesa. Aver paura è umano, molto umano. E poi il pensiero del pericolo occorso al suo fidanzato Kilde, con la caduta dello scorso anno a Wengen e le tante operazioni subite compresa l’ultima, alla spalla, che lo ha tenuto lontano da lei, tanto da mandare soltanto un bel video. Quindi, altra paura per una persona cara. E poi suo papà, questo è il suo vero pensiero ricordo, questo padre tanto amato e tanto discreto nella presenza ma indispensabile per la figlia. Un’assenza forte che le ha fatto molto male. Tutto, troppo presto e doloroso perdere un caro con cui condividere amorevolmente successi e trionfi. Liberarsi dal 100 nel segno di quei ricordi, ma anche le tante tappe con cui è arrivata a questo. È bastato un microfono per far sciogliere lei e tutti noi e riportarla sulla terra della fragilità e delle emozioni tanto simile a chiunque, con una dolcezza infantile in quel dolce viso anche se coperto dalle mani inguantate e occhialoni a specchio. Anche se tra poco trentenne e forse giovane moglie, abbiamo rivisto quella fanciullesca immagine di quando non ancora quindicenne vinceva il trofeo topolino in slalom e gigante. Grazie Mikaela dei tuoi record, della tua bravura, della tua classe. Ma soprattutto delle tue semplici e gentili lacrime.

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Giovanni Bruno