La voce della Coppa America Melanie Roberts: "Tutto è iniziato con una lettera"

“È il comitato di regata che parla: questa gara è in diretta” esordisce Melanie, la cui voce inconfondibile ha conquistato il cuore di milioni di appassionati dell’America's Cup. Il legame di Melanie con la competizione risale a molti anni prima, come racconta lei stessa. Tutto ebbe inizio con una lettera. “Nel 1995 l'imbarcazione australiana si spezzò a metà e affondò. Mi dispiacque molto per loro, così presi un po' della mia paghetta e scrissi una lettera a One Australia, allegando anche cinque dollari. Ricevetti una risposta in cui mi restituirono i cinque dollari, con scritto: 'Grazie mille per il tuo sostegno, ma la nostra assicurazione ha coperto i danni alla barca'”. Iain Murray, il tuo direttore di gara, era un tattico a bordo di quella One Australia. È sempre stato questo il destino dell'America's Cup? Quando hai iniziato a lavorare con lui ti ricordavi di quella storia? “È stato divertente. Abbiamo iniziato a lavorare insieme per la Coppa del 2013 a San Francisco, ma ancora prima nel 2011 per le World Series. Quando ho realizzato che lui era su quella barca, cercai nel mio raccoglitore e trovai quella lettera da mostrargli. È un uomo meraviglioso, con una grande conoscenza derivante dalle numerose coppe a cui ha preso parte. Prima era coinvolto nel design e nella competizione, ora è alla direzione di gara. È il maestro di tutti ed è un privilegio lavorare con lui”. Sei sempre stata appassionata di vela? “Da quando ho memoria: sono cresciuta a San Diego con l'America's Cup. Ho avuto la fortuna di avere uno Yacht Club nella mia città, il San Diego Yacht Club. Ho iniziato a navigare all'età di sei anni. Nella Coppa America del 1992 ero troppo piccola per capire cosa stesse accadendo, ma in quella del 1995 ero molto coinvolta. C'era anche un team di sole donne e questo mi ha appassionato ulteriormente. Scrivevo loro lettere e preparavo dolcetti, facendo di tutto per attirare la loro attenzione”. È vero che hai chiesto di far parte dell'equipaggio? “È vero: l’ho implorato. Alla fine non ho mai avuto l'opportunità, ma mi hanno detto: 'Ti ringraziamo per il tuo interesse. Ecco i biglietti per la barca degli spettatori'. Così ho potuto vedere le gare con la mia famiglia: è stato incredibile. Devo un grande grazie al team Mighty Mary per aver reso tutto questo possibile”. E ora la Women's America's Cup è diventata realtà. È un primo passo per vedere sempre più donne nel mondo della vela e in particolare nell'America's Cup? “Assolutamente. Mi piace molto che il percorso per entrarvi sia più semplice rispetto a quello dei team di vertice. È un'unica classe di design delle barche, quindi è più accessibile. Inoltre si sono aggiunte sei nuove nazioni, portando i team a dodici. È una grande opportunità che spero possa essere coltivata”. Come funziona? Decide lui [Iain Murray, ndr], decidi tu, decidete insieme... riguardo alle varie condizioni meteo che si possono verificare durante una gara, ad esempio in caso di poco vento? “Andiamo in acqua e valutiamo la situazione del vento, disegnando un campo di regata adatto. Se il vento è leggero, il campo deve essere corto; se il vento è più forte, può essere più lungo. Spostiamo la partenza in base alle raffiche. Se il vento non è sufficiente, abbiamo regole rigide: non si può regatare se l'intensità è inferiore ai sei nodi e mezzo, né se supera i ventuno nodi. La decisione è piuttosto semplice. Disponiamo di tecnologia avanzata in acqua, con sensori per il vento che ci indicano l'intensità. Sappiamo esattamente se possiamo dare il via alla gara o meno”. Un'ora prima della gara comunichi con i team. Cosa accade in quel momento? “Cerco di non parlare troppo: non voglio distrarli. Sono rispettosa durante il loro allenamento e approfitto delle pause per poter effettuare il controllo delle radio. È bello poter comunicare con lo skipper di ogni equipaggio”. In questo contesto, non possiamo non parlare della storia dei cookies! “Ah, i cookies! Prima della 35esima America's Cup, mia madre mi spediva alle regate preliminari con dei biscotti da dare ai vari velisti. E io le dicevo: 'Mamma, non mangeranno mai questi cookies, sono atleti'. E lei rispondeva: 'Non è vero, a tutti piacciono i cookies'. Così andavo a distribuirli: in effetti tutti li apprezzavano. Per la 36esima America's Cup, ad Auckland, ho iniziato a prepararli io stessa e continuo questa tradizione anche qui. Ho un forno nel mio appartamento. È perfetto! Alla fine delle gare, vado a casa e cuocio, cuocio, cuocio”.

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