La Grande Bellezza

Un semplice sguardo che abbraccia il panorama fa sorridere chiunque. Un gesto del capo per poter allargare l’orizzonte e bearsi di quell’istante fotografico… tra il Vesuvio, Sorrento, Capri, Ischia, Procida e ritornare su Posillipo, Mergellina, la Villa Comunale, Via Partenope e Castel dell’Ovo. Il luccicare del mare a colorare l’interno di questa cornice immaginifica che richiama la Grande Bellezza, non la decadenza ma il fascino della maestosità. Come i gouaches, cartoline del passato, dipinti con particolare tecnica pittorica, in italiano a guazzo, comprati da stranieri in cerca di un ricordo da portare a casa, appunto cartoline del 700/800, di simil bellezza di paesaggi, vedute impresse nella memoria e tratteggiate nei quadri. “Vedi Napoli e poi muori”, la Napolitudine, la tristezza di chi lascia Napoli, il Golfo di Napoli. Questo non è altro che quello che vedranno turisti, appassionati, sportivi o semplici causali passanti, tra due anni, nel golfo di Napoli per la 38esima edizione della Coppa America di vela. Lo spettacolo del mare con le barche a vela più tecnologiche e veloci al mondo, un misto di antica bellezza e fascino della modernità, un incrocio magico dove la televisione e le telecamere avranno il compito, come nel passato i gouaches, di fissare l’eterna magnificenza dei luoghi, forse più belli al mondo. “Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, i castelli, le passeggiate… io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi!”, questo scriveva Goethe nei suoi viaggi in Italia ed ecco perché la frase storica “vedi Napoli e poi muori”. Forse l’arcigno e inespressivo Grant Dalton, capo di Emirates New Zealand e padrone della Coppa, si è ispirato al poeta tedesco per salvare l’Americas Cup. Ebbene sì, salvare la Coppa, il Santo Graal della vela, la scelta di Napoli, appoggiata e voluta dal nostro governo, dal comune e dalla regione ma anche da un gruppo lungimirante di personaggi e imprenditori napoletani, ha trovato immediati consensi di tutto il mondo della finanza, della vela dei suoi sponsor. In un momento non facile, con tante dispute interne ai sindacati, vedi la rinuncia di Britannia del miliardario Ratcliffe con il precedente divorzio da Ben Ainslie, l’insicurezza di Alinghi, se non cambiassero alcune regole, e tante altre piccole grandi polemiche: questa scelta insomma potrebbe portare del sereno nel futuro della Coppa. Intanto, si è scelta la località e si è scelta prima di giugno ed è una località che piace e di conseguenza, anche se mancano due anni , potranno esserci altre barche che si vorranno aggiungere. Inoltre, è una località con un accattivante modello turistico e di esposizione di nuovi marchi che potrebbe far aumentare l’ingresso di investitori. Sponsor contenti, dunque, visto che soprattutto il Ceo di Vuitton aveva dichiarato che voleva restare nel mediterraneo e Napoli, per la casa francese che dà il nome sia alla Coppa che al trofeo degli sfidanti, è un’ottima occasione di rilancio. Di certo nessuno avrebbe approvato un’ipotetica Cagliari, ottimo campo di regata e città perfetta, ma sede della base di Luna Rossa. Perciò ben venga Napoli, che ha superato sia Atene che l’Arabia Saudita oltre a un ritorno di fiamma di Valencia. Napoli diventerà così la quarta città, in tanti anni di storia, senza patria del difensore. Sin dall’inizio, nel 1851 a Cowes, si è sempre gareggiato nella nazione del Club di appartenenza: New York, Newport, Freemantle , San Diego, Aukland. Nel 2007 Valencia ruppe però il protocollo, voluta da Bertarelli, patron di Alinghi, che per ovvie ragioni non poteva fare regate nello svizzero lago di Ginevra; poi San Francisco e la seconda volta, questa volta nelle Bermuda, solo per pura voglia di guadagni. Si torna ad Aukland e, nella coppa successiva, si capisce che forse è meglio rivolgersi al miglior offerente ed eccoci arrivare alla richiesta di Barcellona. La città spagnola ha la necessità di rilanciarsi dopo i Giochi olimpici del lontano 1992, quale migliore occasione dunque di una Coppa America? Perfetto in investimento e perfetto ritorno valutato in circa 1 miliardo di euro di indotto dall’Università degli studi di Barcellona, compreso il risanamento del vecchio porto commerciale. In 60 giorni di manifestazione ci sono stati 1 milione e 800 mila turisti, di cui oltre 500 mila specificatamente per la vela. Non male, considerando anche i ben oltre 12 mila posti di lavoro stagionali. Ma ai cittadini di Barcellona quel tipo di turismo e il blocco del porto hanno dato in realtà molto fastidio, tanto da generare aspre critiche e di fatto impedire una nuova candidatura per la città catalana. A Napoli le prime stime fatte da un dossier di Unimpresa parlano di 690 milioni di benefici economici tra impatto diretto e indotto, una previsione turistica di un minimo di 1 milione e mezzo di visitatori a fronte di spese per infrastrutture di circa 200 milioni, da utilizzare soprattutto nell’area di Bagnoli dove confluirebbero anche i fondi del Pnrr coi quali risanare finalmente parte di quell’area diventata quasi una barzelletta. Le basi degli AC75 verranno costruite proprio a Bagnoli, dove sorgerà anche un villaggio di Coppa America e diverse zone commerciali e aree pedonali: sarà, finalmente, l’inizio del vero risanamento, come viene definito dal governo, in una zona turistica, portuale e di balneazione. Dai tentativi di inizio '900 con le tante fabbriche costruite, ora in totale abbandono, sono passati 90 anni, gli ultimi 20 dei quali caratterizzati dal nulla cosmico: evviva l’America’s Cup. I conti tornano di sicuro in base alle prime stime e, a mio avviso, sono stime basse proprio in base al precedente del 2012, con le World Series e i Catamarani AC45 che si sono affrontati proprio nelle acque del Golfo di Napoli. In villa era piazzato il Villaggio della Coppa, ricordo file interminabili solo per acquistare un cappellino di Luna Rossa che all’epoca era targato Piranha e Swordfish timonato dall’inglese Chris Draper e dal nostro Checco Bruni. Si poteva assistere alle regate dal lungomare di via Caracciolo e via Partenope, oppure da Castel dell’Ovo. Risultato? Luna Rossa molto bene e un milione di presenze entusiastiche di simil spettacolo: ecco perché a mio avviso le stime attuali sono basse. Prosegue inoltre l’operazione 'bellezza sportiva', cominciata con le Atp Finals di Torino, proseguita poi dalla Ryder Cup di Roma, i Giochi Olimpici di Milano Cortina, quelli del Mediterraneo di Taranto , la Coppa America del 2027 e le relative regate di avvicinamento, comprese quelle dei più piccoli AC 40 che tanto bene hanno fatto e tanti successi hanno portato con quelle due coppe vinte dai giovani e dalle donne di Luna Rossa per le soddisfazioni del team Principal Max Sirena e del fantastico Patrizio Bertelli, papà delle sei sfide precedenti e ora, grazie a Napoli, della settima. Per Napoli è il vero Grande Evento, una manifestazione meritata e che non mai ha veramente avuto, se si esclude forse la semifinale del Mondiale del ’90, un po’ pochino. Meritata per la sua storia di tradizione velica nella quale affonda il Circolo del Remo e della Vela Italia, il più antico, e il Reale Circolo Canottieri Savoia, da dove Vincenzo Onorato aveva lanciato la sfida nel 2003 e nel 2007 con Mascalzone Latino, barca che poi rimase esposta vicino al Maschio Angioino. Da non dimenticare, poi, che Napoli ospitò, nel 1960, la parte della vela ai Giochi Olimpici di Roma con le classi Finn, Star, 5.5, Flyng Dutchman e Dragoni. Uno dei più grandi velisti al mondo, lo svedese Paul Elvstroem vinse nei Finn mentre nei Dragoni arrivò l’unica nostra medaglia con equipaggio tutto campano: Cosentino e Ciciliano di Napoli e De Stefano di Castellamare di Stabia . Delusione, invece, per il grande e mitico comandante, alla quarta presenza ai Giochi, Tino Straulino, che in coppia con il napoletano Carlo Rolandi fece quarto a un niente dal bronzo degli americani. Ecco Napoli, quindi. Storia, tradizioni, origini della vela. Un vero innamoramento per il vento e per il mare e uno sport meraviglioso. Se abbiamo cominciato citando la Grande Bellezza di Sorrentino chiudiamo riprendendo sempre la filmografia del maestro napoletano, questa volta Parthenope. Sirena nella mitologia, donna nel film, colei che fondò la città di Napoli per amore. Parthenope, ancella di Persefone, si innamorò di Ulisse e cercò di ammaliarlo con il canto, ma fallì. Disperata, si lasciò andare in acqua e, trasportata dalle onde fino al Golfo di Napoli, arrivò all’isolotto di Megaride dove si dissolse fra gli scogli. Il suo viso si trasformò nella collina di Capodimonte, mentre la coda in quella di Posillipo: ecco allora che prende corpo il mito e la leggenda del suo nome, Parthenope, la bellezza bella e perduta o, come dice Sorrentino, “lo sguardo incantato del mondo”. Ora sarà il mondo a guardare Parthenope e la sua Grande Bellezza, che saprà incorniciare al meglio il più antico trofeo sportivo al mondo… incantatrice del sogno proibito.

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La Grande Bellezza

Giovanni Bruno