Sport e maternità, dal 2018 esiste un fondo per le atlete: 1000 euro per 10 mesi
l'intervistaLa vicenda della pallavolista Lara Lugli, rimasta incinta nel 2018 e citata per danni dalla sua società (il Pordenone) rappresenta il caso limite di un mondo che relega le sportive italiane al ruolo di dilettanti. Una notizia positiva però c’è, e forse non tutte le atlete ne sono a conoscenza. Dal 2018 esiste un fondo maternità (10 mensilità da 1000 euro ciascuna). Un traguardo storico frutto del lavoro della Commissione Atleti del Coni presieduta da Raffaella Masciadri che ne ha parlato a SkySport
Coniugare sport e maternità in Italia, quanta fatica. Nonostante l’articolo 37 della Costituzione Italiana ('la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”) la realtà dei fatti dello sport in rosa è la seguente: la stragrande maggioranza delle atlete sono costrette a sottoscrivere contratti che prevedono la rescissione automatica in caso di gravidanza. Da prassi funziona così. E l termine “da prassi” è già di per sé la più triste fotografia della consuetudine di quel momento di gioia che prova ogni donna in dolce attesa. Sulla complessità del caso di Lara Lugli verrà chiamato a deliberare il Giudice di Pace di Pordenone il prossimo 18 maggio, senza tralasciare il dolore personale della pallavolista, all’epoca dei fatti 38enne, a causa del successivo aborto spontaneo. La vetrina mediatica della vicenda può essere di supporto a tutte quelle atlete all’oscuro di un fatto importante, una tutela economica non indifferente.
Dal 2018 esiste un Fondo Maternità per le sportive italiane per merito della lavoro messo in atto dalla Commissione Atleti del Coni la cui presidente è Raffaella Masciadri, ex storica capitana della nazionale di basket e attualmente Team Manager dell’Italia
“Noi come Commissione Atleti del Coni abbiamo voluto istituire questo Fondo proprio per evitare che si creino casi come quello di Lara Lugli, l’ennesimo esempio di come purtroppo le atlete vengano pregiudicate per il fatto di essere donne nel loro diritto alla maternità, un diritto sacrosanto e naturale. C’è da mettersi le mani nei capelli, siamo nel 2021 e non dovremmo essere qui a discutere di queste cose. La prassi di interrompere il contratto in caso di maternità è una costante, purtroppo. Anche se mi viene da pensare: perché se io subisco un infortunio, durante la stagione, continuo ad avere una tutela assicurativa e a ricevere lo stipendio – garantito fino alla fine della stagione- ed invece se scopro di essere in attesa non devo essere tutelata alla stessa maniera? Non si può paragonare la maternità ad un danno che viene arrecato ad una società sportiva, non esiste proprio. E poi parliamoci chiaro, sono sicura che molte atlete, anche pure la stessa Lara, non abbiano alcun interesse a rimanere incinte durante una stagione agonistica, una gravidanza non si può sempre programmare, quindi quando arriva questo dono deve essere supportato”
Nella pagina web dell’Ufficio per lo Sport della Presidente del Consiglio dei Ministri ho trovato l’elenco delle atlete alle quali è stato erogato questo Fondo Maternità. La prima è stata la giocatrice di pallacanestro Alejandra Chesta nel giugno 2018. Al momento in Italia sono 36 le donne sportive che ne usufruiscono o ne hanno usufruito.
“Queste 36 atlete testimoniano davvero il fatto come questo Fondo Maternità sia stato veramente un traguardo storico e come le atlete, e lo sport in generale, vada considerato un lavoro a 360 gradi. Un traguardo di cui siamo molto orgogliosi noi della Commissione Atleti. Il 28 febbraio 2018 è entrato in vigore, grazie anche al governo, il fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo rispetto al Fondo Maternità delle atlete. Prevede un indennizzo per ogni atleta suddiviso in dieci mensilità da 1000 euro ciascuna. In totale sono stati erogati 3 milioni di euro nel 2018, mezzo milione nel 2019, un milione è stato stanziato per il 2020 e per gli anni a seguire. Da ex atleta sono felice di aver contribuito a dare serenità a queste atlete, aver permesso loro di godersi uno dei momenti più importanti della vita di ogni donna con la massima tranquillità a livello economico, dando loro una continuità contributiva anche durante il periodo del congedo”
Forse la stessa Lara Lugli non era a conoscenza di questo Fondo Maternità, il suo caso risale a marzo 2018, forse altre atlete non lo sanno? Ci sono dei requisiti per accedere a questo fondo?
“Noi ne abbiamo dato ampio risalto ma è chiaro che le notizie non arrivano in maniera diretta alle atlete. Per usufruire del fondo tutta la documentazione la si può trovare sul sito <sport.governo.it> del Dipartimento dello Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si può richiedere tutta la modulistica, si può richiedere già dal primo mese di maternità per un massimo di 10 mensilità, ribadisco da 1000 euro ciascuna. Chiaramente ci sono dei criteri per richiedere il fondo, in sostanza si richiede di svolgere in maniera piena ed esclusiva l’attività agonistica presso una Federazione riconosciuta dal Coni, non si devono avere altri redditi derivanti da lavori subordinati o lavori autonomici che già prevedono la tutela per la maternità, così come non si deve appartenere a Gruppi Sportivi Militari o ad altri Gruppi che garantiscono già una forma di tutela previdenziale per la maternità. Possono richiederlo sia le atlete italiane sia quelle straniere purché in possesso di regolare permesso di soggiorno. E’ stato un piccolo passo avanti verso quello che un giorno sarà il professionismo? Non lo sappiamo, però noi della Commissione Atleti volevamo dare un segnale forte alle donne e allo sport italiano. E soprattutto viene salvaguardato il diritto alla maternità”.
Una legge sul professionismo femminile esiste, approvata da poco dal precedente governo Conte, ma deve essere ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Prevede fondi per dare il via a questo lungo percorso. Diciamola tutto, la parola “professionismo” non basta, rischia di essere una vetrina per le allodole perché in questo momento la realtà racconta enormi difficoltà economiche. A causa del Covid-10 molte società, soprattutto le più piccole, sono in ginocchio.
“E’ chiaro che arrivare ad un professionismo femminile dello sport sarebbe un traguardo magnifico, al quale tutti vogliamo arrivare, ma siamo al momento ben lontani. Un mese fa ho avuto una audizione con il governo proprio in merito alla Riforma dello Sport, mi interessava far capire ai Ministri come non sia facile passare dal dilettantismo al professionismo da un giorno all’altro. Non è semplice sia per le atlete sia per i dirigenti sia per le Federazioni, perché ci vuole comunque un riordino della previdenza, delle assicurazioni, di tutto ciò che è stato previsto fino ad ora. E’ un percorso che va fatto step by step. Tutte le componenti devono venirsi incontro, andare nella stessa direzione, altrimenti si rischia di incappare in un grandissimo flop. E poi, come dicevi tu, forse questo non è proprio il momento adatto per dare il via al professionismo, considerando il periodo storico che stiamo vivendo. Alcune società purtroppo non riescono a ripartire, alcune società sono ripartite ma poi hanno dovuto fermarsi, alcuni campionati stanno andando a singhiozzo. Ecco, il mio suggerimento al Governo è stato quello di valutare tra qualche mese l’andamento della situazione per effettivamente stabilire un inizio, ripeto passo dopo passo, dell’iter che porterà al professionismo.