Lo sport come metafora del messaggio di Papa Francesco

“Vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore. Prima che il vescovo benedica il popolo vi chiedo di pregare il Signore perché mi benedica. La preghiera del popolo che chiede la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa vostra preghiera per me”. Piazza San Pietro, il cuore di Roma e della Cristianità. Siamo sempre nel mese di marzo. Piove in entrambe le occasioni. Il primo silenzio sale da una folla immensa per il primo Papa argentino appena eletto dal conclave. Il secondo, angosciante, da una piazza completamente vuota. È un momento drammatico per il mondo intero, alle prese con un virus sconosciuto, il Covid. Il Papa prega solo davanti al crocifisso. Sono solo due delle immagini più forti che hanno fatto la storia del Pontificato di Papa Francesco e che non dimenticheremo mai. Argentino ma di origini piemontesi, Bergoglio è stato il primo Papa tifoso. Seguendo le orme paterne, da giovane praticò prima la pallacanestro e poi il calcio nel ruolo di portiere, perché in campo si muoveva male per la sua rigidità. Meglio andare con la famiglia sugli spalti a seguire le partite della sua squadra del cuore: il San Lorenzo. Francesco ha mostrato sempre una grande attenzione per lo sport fin dall'inizio del suo pontificato. Come San Paolo, lo ha definito una grande metafora della vita e strategico anche in chiave pastorale. “È importante cari ragazzi che lo sport rimanga un gioco. Solo se rimane un gioco fa bene al corpo e allo spirito. E proprio perché siete sportivi vi invito non solo a giocare come già fate, ma c'è qualcosa di più… a mettervi in gioco! E mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura con coraggio ed entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio, non accontentarsi di un ‘pareggio’ mediocre. Dare il meglio di sé stessi spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre. Non accontentarsi con queste vite tiepide, vite ‘mediocremente pareggiate’. No, no, andare avanti cercando la vittoria sempre!”. Lo sport come strumento decisivo anche per costruire la pace. “Da sempre lo sport ha favorito un universalismo caratterizzato da fraternità e amicizia tra i popoli, concordia e pace tra le Nazioni; da rispetto, tolleranza, armonia nella diversità. Ogni evento sportivo, soprattutto quello olimpico, dove si confrontano rappresentanti di Nazioni con storie, culture, tradizioni, fedi e diversi valori può diventare tramite di una forza ideale capace di aprire vie nuove, a volte insperate, nel superamento dei conflitti causati dalla violazione dei diritti umani”. “La Chiesa è vicina allo sport, perché crede nel gioco e nell'attività sportiva come luogo di incontro tra le persone, di formazione ai valori e di fraternità. Per questo lo sport è di casa nella Chiesa, specialmente nelle scuole, negli oratori o centri giovanili. Quando lo sport viene praticato mettendo al centro le persone e valorizzando il piacere del giocare insieme fa crescere in ciascuno un senso di partecipazione, di condivisione, fa sentire parte di un gruppo. Infatti, mi piace ricordare agli atleti, anche ai professionisti, di non perdere il gusto del gioco e di saper vivere lo sport conservando sempre uno spirito ‘amatoriale’. Questo è importante. La dimensione del gioco è fondamentale, soprattutto per i più giovani: dà gioia, crea socialità e fa nascere amicizie, e nello stesso tempo è formativo. Grazie allo sport si possono stabilire relazioni forti e durature. Lo sport è un generatore di comunità. Come le membra formano il corpo, così i giocatori formano una squadra e le persone formano una comunità. Lo sport può essere simbolo di unità per una società, un’esperienza di integrazione, un esempio di coesione e un messaggio di concordia e di pace. Oggi abbiamo tanto bisogno di una pedagogia di pace, di far crescere una cultura di pace, a partire dalle relazioni interpersonali quotidiane per arrivare a quelle tra i popoli e le nazioni. Se il mondo dello sport trasmette unità e coesione può diventare un alleato formidabile nel costruire la pace”. Papa Francesco nel suo pontificato ha incontrato tanti sportivi, ma su tutti vale la pena ricordare quello con Diego Armando Maradona. E noi Papa Francesco lo vogliamo ricordare così con il suo sorriso, la sua spontaneità accanto al suo giocatore preferito sul quale scherzava anche con i giovani. Gli insegnamenti e le metafore dello sport La ricezione nella pallavolo. Così come gli atleti di questa disciplina devono essere pronti a ricevere la battuta avversaria cosi’ nella vita occorre essere disponibili ad accogliere i suggerimenti da chiunque e ad ascoltarli con umiltà e pazienza. Lo sguardo verso il canestro nel basket. Questo può essere da stimolo ai giocatori per aiutare i giovani a guardare sempre in alto, a non arrendersi mai, a scoprire che la vita e’ un pellegrinaggio fatto di sconfitte e di vittorie ma che l’importante è non perdere la voglia di giocarsi la partita. Dietro la ricerca della meta nel rugby c’è la metafora della faticosa ricerca degli obiettivi della vita che richiede lotta e impegno non individuale ma insieme agli altri. Infine, le virtù del ciclismo come la sopportazione della fatica nelle salite delle gare, il coraggio di tentare una fuga o nell’affrontare una volata. Tra i ciclisti il pontefice ha ricordato il coraggio di gino bartali che nel telaio della sua bicicletta nascose decine di documenti falsi per aiutare gli ebrei contro i nazisti.

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