Lo sport protagonista agli Sky Inclusion Days
a milanoDal Teatro dal Verme di Milano due giorni di dibattiti, interviste e approfondimenti. Live sul canale 501 (Sky TG24 Primo Piano) e sul canale 251 di Sky Sport, anche in streaming su skytg24.it. Tra gli ospiti sportivi: Giorgio Minisini, Andres ‘Toto’ Forray, Federica Cappelletti, Alia Guagni, Josefa Idem, Simone Moro, Gianluca Zambrotta, Zvonimir Boban
SKY UP THE EDIT, I VINCITORI DELLA 3^ EDIZIONE
Raccontare i grandi cambiamenti in atto, promuovere lo scambio di idee e il dialogo, analizzare il presente per guardare al futuro di una società più consapevole, realmente inclusiva e capace di valorizzare le differenze. Con questo spirito Sky Italia oggi e domani è al Teatro Dal Verme di Milano, trasformato in un set d’eccezione, dove si alternano numerosi ospiti provenienti da ambiti diversi: dalle istituzioni alla cultura, dal cinema e lo spettacolo allo sport, fino alla scienza e alla tecnologia. Segui gli Sky Inclusion Days live sul canale 501 (Sky TG24 Primo Piano) e sul canale 251 di Sky Sport, anche in streaming su skytg24.it.
Camilla Mancini, 'Libera di essere me'
Camilla Mancini, scrittrice, figlia di Roberto Mancini, è stata protagonista del panel “Libera di essere me” nell’ambito degli Sky Inclusion Days. “Bisogna usare i social con moderazione e non farsi risucchiare dal vortice della perfezione” ha detto Camilla nata con una paresi facciale e che nei suoi romanzi, editi Mondadori, racconta la sua battaglia contro il bullismo. ”I social non sono la vita reale, ma sono al 90% artefatti, finzione. Non si può essere pienamente felici, la vita non è solo quella dei social. La vita è una montagna russa, vai su e vai giù. La perfezione non esiste. Essere umani vuol dire essere imperfetti. La perfezione non ci rende umani”. E ha spiegato: “Quando subivo il bullismo non c’erano i social. Oggi ci sono e sono tutti leoni da tastiera che non hanno il coraggio di dirti in faccia quello che scrivono. Bisogna cercare di coltivare una forza interiore ma non è facile”. Nel corso dell’intervista ha ricordato anche il suo rapporto con il padre “Spoiler: anche Roberto Mancini è umano. Gli ho sempre ricordato l’uomo forte e il gran professionista che è, e che il suo cammino, a prescindere dagli ostacoli, sarà sempre luminoso”.
Minisini, Arianna Sacripante e Sabrina Bernabei, 'Note di libertà: la magia del nuoto artistico'
Giorgio Minisini, campione del mondo di nuoto artistico, Arianna Sacripante, nuotatrice artistica, e Sabrina Bernabei, allenatrice del Progetto Filippide, hanno partecipato oggi al panel “Note di libertà: la magia del nuoto artistico” moderato da Ilenia Moracci, PR Content Comms and Events Director di Sky. “Il mio lavoro con il progetto Filippide è la cosa più significativa che ho fatto grazie allo sport. Dopo che la vinci- le parole di Giorgio Minisini- nessuna medaglia ha un valore di per sé, ha un valore perché la insegui. Il lavoro con Arianna Sacripante dà valore alle medaglie perché mi permette di fare qualcosa di valore con lei. Ho fatto sport per 25 anni, di cui 10 in Nazionale. Per me fare quello che facevo non è mai stato un sacrificio, ma una scelta. Nel momento in cui mi sono trovato davanti a un bivio e ho capito che avrei dovuto rinunciare a tante cose per inseguire un progetto in cui non credevo più, ho capito che mi stavo snaturando e ho scelto di ritirarmi. Mi allenavo 10 ore al giorno per vincere le medaglie che volevo vincere, farlo per altri quattro anni per partecipare a un’Olimpiade in un modo che non mi piaceva, avrebbe significato rinunciare a 4 anni di vita". Quindi le parole di Arianna Sacripante: “Mi alleno tutti i giorni, basta avere volontà, passione e sorriso. L’errore è importante, ma bisogna essere felici di quello che si ha: si può sempre migliorare. Lo sport è un bene, adatto a tutte le età. Lo sport è un bene, non mollate mai e affrontate le cose a testa alta.” .“Il Progetto Filippide- spiega Sabrina Bernabei- ha l’obiettivo di far vedere quello che ognuno di noi può fare al di là delle disabilità. In acqua ci sono due atleti e non ci sono differenze. Tutti possono fare e dobbiamo fare il meglio non per mostrare agli altri, ma per ricaricare fiducia e autostima. Abbiamo atleti che con l’allenamento hanno cambiato la vita di tutti i giorni. Nel progetto Filippide siamo 8 allenatori e 18 atleti. Con le Paralimpiadi, le luci sono state puntate e bisogna continuare in quella direzione, perché per poter gareggiare ci vogliono dei numeri minimi. Abbiamo aperto una strada e dobbiamo continuare a tracciarla per chi verrà dopo di noi e inizierà fra qualche anno. Abbiamo iniziato con i Giochi Olimpici, poi sono arrivati i Giochi Paralimpici, perché non fare un’Olimpiade condivisa? Può essere una strada per il futuro.”
Andres ‘Toto’ Forray, Massimo Komatz e Raffaele Gregori, 'Dove osano le Aquile'
Andres ‘Toto’ Forray, giocatore L’Aquila Basket Trento, Massimo Komatz, direttore di AquiLab, e Raffaele Gregori, InSuperAbili Giudicarie Basket, hanno partecipato al panel “Dove osano le Aquile” moderato da Dalila Setti, nell’ambito degli Sky Inclusion Days. “Vivere le iniziative organizzate dal nostro club- spiega Andres ‘Toto’ Forray- vuol dire veramente tanto, ci aiuta a tenere i piedi per terra. Mi piace pensare soprattutto ai giocatori che arrivano a Trento dall’estero: grazie a queste occasioni si sentono più coinvolti, capiscono la mentalità della società e, magari, tengono un po’ di più alla maglia e tirano fuori qualcosa di più anche in campo. Cerco di trasmettere questi valori, che mi fanno crescere tanto, ai miei compagni e ai miei figli.” Poi le parole di Massimo Komatz, direttore di AquiLab: “Mi piace ricordare due iniziative del club: il “volounteer day”, in cui giocatori e staff tecnico donano parte del loro tempo alle società no profit con cui collaboriamo, e il torneo che vede coinvolti diversi reparti di oncoematologia pediatrica, sono momenti molto intensi dal punto di vista emotivo e sportivo. Portiamo avanti queste esperienze da diverso tempo, ma ogni anno meglio e di più. I campioni della squadra sono un modello, una fonte di ispirazione. Il fatto che una società professionistica importante come Trento ritenga non solo un impegno ma uno dei pilastri della propria attività lo sport inclusivo mi fa emozionare. Per il futuro vogliamo ampliare i nostri programmi e continuare la collaborazione con altre società, come già facciamo con Trieste e con l’Olimpia Milano.” Infine l'intervento di Raffaele Gregori, InSuperAbili Giudicarie Basket: "Io lavoro in un bar per cinque giorni alla settimana, ma al martedì vado a giocare al basket! Sul campo me la cavo, il mio giocatore preferito è il capitano di Trento, Toto Forray. E’ fortissimo nel tiro e mi dà tanti consigli per diventare sempre più forte".
Simone Moro, 'Gli ottomila al chiodo: la fatica, la cima, il sogno'
Simone Moro, alpinista, pilota di elicottero, autore e speaker, ha partecipato oggi al panel “Gli ottomila al chiodo: la fatica, la cima, il sogno” nell’ambito degli Sky Inclusion Days. Gli ottomila al chiodo: "Il titolo è provocatorio. Quando uno dice che appende qualcosa al chiodo in genere si ritira. Al chiodo appendiamo un modo di fare gli ottomila con una certa etica, senza ossigeno, senza sciarpa. Oggi questi ottomila fatti così non ci sono quasi più, anzi non li conosce quasi più nessuno. Forse Messner è il nome più conosciuto, su 1000 persone circa 150 sanno chi è. È un libro propositivo, l’alpinismo è un’oasi di libertà. Comunque, questi alpinisti hanno cambiato l’economia del Paese. Oggi c’è un’industria turistica ben gestita e una ricchezza che rimane all’interno. Voglio fare una celebrazione del fallimento, ho scritto addirittura un libro quando ho toccato gli abissi. L’uomo è progettato per vincere fallendo. Prima di camminare facciamo una serie di tentativi, fino a quando riusciamo a rimanere in piedi. La percezione del limite è importante perché ci fa capire che i limiti esistono e vanno spostati, senza affrontarli con spavalderia. L’azzardo spesso può costare caro. La vetta non è il traguardo: Fare questo lavoro è un privilegio in un mondo dove tutti abbiamo il telefonino con Google Earth, ma ciò che manca è il contatto epidermico, esponenziale, d’incontro. Io ho conosciuto tante persone che mi hanno fatto cambiare idea su quelli che avrei incontrato un giorno. L’esperienza epidermica è il successo indiscusso che porti a casa, indipendentemente dall’essere stati sulla vetta o meno". La vetta non è il traguardo: "Devo conservare le forze per tornare, ma devo anche saper riconoscere che un percorso in salita è evidente, mentre in discesa non è visibile". L’incidente con gli amici di sempre: "Li ho cercati per un quarto d’ora e non di più perché stavo morendo. Ho capito che erano sepolti per sempre. Non abbiamo trovato nulla ed è scesa un’altra valanga. La montagna ha detto: “Lasciali lì che ci penso io”. Per me la cosa più brutta è stata voltarmi, lasciare i miei amici e provare a sopravvivere. Dal ’97 a oggi ci sono stato pochi giorni fa in quella zona e ogni volta sbircio. Questa tragedia mi ha fatto capire che puoi essere preparato quanto vuoi, ma l’imprevedibile c’è sempre. Ed è il bello della nostra esistenza."
Ambra Sabatini, 'A un metro dal traguardo'
Ambra Sabatini, campionessa paralimpica e mondiale, ha partecipato oggi al panel “A un metro dal traguardo”. Il motto di Ambra Sabatini: "Per me, il vero sport è rialzarsi”. Dopo la delusione di Parigi è iniziato un nuovo percorso, con il salto in lungo. Come affronti la pressione della gara? "Tra poco sono sei anni dall’incidente, è stato un percorso velocissimo, e devo ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini, dalla mia famiglia al mio allenatore. Prima di ogni gara, cerco di raccogliere tutte le energie, cerco anche di rilassarmi. E tra me e me, dico: ” Sei qui, solo per fare quello che ti riesce meglio. Lo sport ha sempre fatto parte di me, sia prima che adesso. So anche che tanti giovani si rivedono in me e questo mi rende molto orgogliosa". Sul mondo paralimpico: "Il mondo paralimpico si alimenta positivamente di questo passaparola, dell’avere tutti questi personaggi, come Bebe Vio. Spero di fare lo stesso per le generazioni future". Su Parigi 2024: "Quando ho restituito la bandiera – durante la cerimonia al Quirinale – le parole del Presidente Mattarella mi hanno sciolto il cuore, dandomi più forza per andare in campo, in vista di Los Angeles 2028. A Parigi, avevo tirato fuori una grinta tale che avevo quasi paura di me stessa, negli ultimi passi della gara qualcosa non è andato. Ci rifaremo, l’importante è: “mai mollare!”
Josefa Idem e Giorgia Minzoni, 'Tutto il fiato che serve: la forza delle donne nello sport'
Josefa Idem, campionessa olimpica, Giorgia Minzoni, canoista, hanno partecipato oggi al panel “Tutto il fiato che serve: la forza delle donne nello sport” moderato da Federica Lodi. La longevità nello sport: "Mi avvicino a questo tema- racconta Josefa Idem- partendo da uno sguardo sulla preparazione degli adulti nel momento in cui devono allenare i giovani atleti. Per farlo bene, devono essere bravi allenatori con un grande spessore umano, empatia e preparazione nelle tempistiche, non bisogna fare pressioni. Molti atleti arrivano a burn out a causa di allenatori che hanno concezioni superate, che fanno un po' parte del passato. La gente ci insegna molte cose che possiamo fare per essere bravi allenatori. Ritengo che la preparazione degli adulti sia essenziale per essere bravi allenatori". Il passato: "Da me è partito un approccio molto giocoso allo sport. Non ero considerata un talento e per me è stata una grande fortuna. Ero piccola, magra, cadevo sempre in acqua. Nessuno si occupava di sviluppare il mio talento, dato che ero ambiziosa cercavo di andare forte come le mie amiche con le risorse che avevo. Nasce da lì la mia tecnica efficace. In Italia, l’allenamento con mio marito è diventato il nostro progetto di vita. Tutti gli anni ci ponevamo degli obiettivi per capire quali altri limiti superare. Attraverso la curiosità e la voglia di provarci abbiamo smentito la scienza". La gravidanza: "C’erano da combattere molti stereotipi. La gravidanza è parte integrante del nostro percorso. Le persone mi hanno dato della matta, ma l’ho fatto seguita da una ginecologa che mi ha detto cosa poter fare e cosa no. È stata una gran bella avventura". I figli: "Nei periodi di preparazione ci sono stati dei momenti – gli anni olimpici - in cui eravamo più assenti. Credo che non sia stato sempre semplice, ma neanche troppo difficile perché è stato compensato da momenti intensi di condivisione, paesi visitati… Ogni tanto ne parlano e quindi penso siano stare grandi esperienze senza dubbio". La canoista Giorgia Minzoni prosegue: "Allenare le ragazze della paracanoa – Per me è soprattutto un accompagnare e aiutare a trovare un’autonomia attraverso lo sport. Ho scelto questa professione perché permette di aiutare a trovare una nuova vita attraverso lo sport. La prima volta che sono entrata nel mio club di Ferrara, ho trovato due protesi sul pontile – parliamo degli anni Novanta - e per me è stato straordinario. Il fatto che si svolga questo sport in un ambiente naturale accresce ancor di più il suo valore. La natura aiuta in questo. Per una persona sulla sedia a rotelle, riuscire a guidare una barca in maniera autonoma fa crescere l’autostima e la voglia di fare".
Gianluca Zambrotta, 'Sky Up The Edit e i valori dello sport'
Gianluca Zambrotta, ex calciatore e campione del mondo, ha partecipato oggi al panel “Sky Up The Edit e i valori dello sport”, intervistato dal direttore di Sky Sport Federico Ferri e da Sarah Varetto, Executive Vice President Communications, Inclusion and Bigger Picture di Sky Italia. “Nel corso della mia carriera- ha raccontato Zambrotta- ho perso molto più di quello che ho vinto; ho sempre imparato più dalle sconfitte che dalle vittorie perché aiutano a capire dove si è sbagliato e a non ripetere gli stessi errori. Il fallimento è fondamentale, aiuta a crescere e a individuare quelle risorse esterne, dalla famiglia agli amici, che sono indispensabili per fare un passo avanti. Il consiglio che mi sento di dare ai ragazzi è quello di credere in sé stessi e mettere passione in ciò che si fa. E non mollare alle prime difficoltà. Basta pensare a uno come me, che nel 2000 aveva messo insieme una serie di sconfitte incredibili (lo scudetto perso all’ultima giornata a Perugia, l’Europeo perso all’ultimo minuto con la Francia, un grave infortunio alle Olimpiadi) non sarebbe mai arrivato a regalare a tutti i tifosi una gioia incredibile come il mondiale del 2006. Lo sportivo che ammiro di più è Roberto Baggio. Era il mio idolo da bambino e adolescente, lo seguivo in tv, avevo il suo poster in camera. Il giorno in cui mi chiamarono in Nazionale, era il 1999, lo trovai a Coverciano: una settimana prima avevo rilasciato un’intervista in cui raccontavo l’ammirazione che nutrivo nei suoi confronti e lui venne ad accogliermi all’ingresso ringraziandomi per le belle parole che avevo usato nei suoi confronti. E’ sempre stato l’esempio dell’umiltà e dell’incarnazione dei valori dello sport dentro e fuori dal campo, ogni volta che lo incontro mi emoziono e mi commuovo".
Federica Cappelletti e Alia Guagni, 'Il movimento che sta rivoluzionando lo sport'
Federica Cappelletti, presidente della Divisione Serie A femminile Professionistica FIGC, Alia Guagni, calciatrice, hanno partecipato oggi al panel “Il movimento che sta rivoluzionando lo sport” moderato da Mario Giunta. Sulla crescita del calcio femminile: "Rispetto ad altre realtà europee- le parole di Federica Cappelletti- abbiamo faticato un po' a ingranare. Veniamo da una società dove il calcio è prettamente maschile e maschilista. C’è stata una crescita, lenta ma costante. Ora abbiamo accelerato e stiamo vivendo una fase di sviluppo straordinario. Quelli che sembravano obiettivi irraggiungibili si stanno avvicinando sempre di più. Le istituzioni stanno facendo squadra per sostenere il calcio femminile. Stiamo portando avanti una serie di progettualità che trovano risposta concreta. La strada è ancora lunga, ma è molto favorevole rispetto a quando sono entrata io due anni fa. Iniziamo a vedere concretamente risultati, nel giro di qualche anno penso che raggiungeremo dei risultati sempre più evidenti. Oggi il 40% degli italiani si reputa appassionato al calcio femminile, su un 69% che segue il calcio in generale". Progettualità : "È diventata sempre più importante in un territorio ancora vergine, dove si può lavorare veramente bene. Quello che noi oggi raccogliamo sono i sacrifici delle nostre atlete. Giusto il professionismo, giusto riconoscere i diritti alle giocatrici che hanno scritto una pagina importante della storia italiana di questo sport. Il calcio femminile sarà un asset importante nel sistema calcio italiano". Infrastrutture: "Insieme alla sostenibilità, è un tema centrale sul quale stiamo lavorando insieme a FIGC e governo. Per fare bene si dovrebbe lavorare partendo dal settore scolastico, non solo come progettualità ma anche come infrastrutture. Rendere questo sport sempre più accessibile alle ragazzine. Speriamo di far capire che questo sport è davvero il futuro e si può arrivare alla parità di genere". Sul futuro: "Dobbiamo crescere, ma con le generazioni nuove questi problemi andranno a diminuire. Io penso che ancora viviamo nei retaggi culturali che si portano dietro una mentalità maschilista. Il calcio femminile è una risorsa straordinaria, le nostre atlete sono belle da vedere per la loro forza e la loro professionalità". Le parole della calciatrice Alia Guagni a Sky sul cambiamento: "Sono una delle calciatrici della mia generazione che ha vissuto prima il niente e poi quello che c’è adesso, che è veramente tanto. All’inizio il calcio femminile lo conoscevano solo i parenti stretti, poi hanno iniziato ad entrare i club – vedi Fiorentina, Juventus, Roma - e c’è stato il Mondiale 2019/20. È lì che è iniziato il cambiamento. In quel momento tutti hanno iniziato a rendersi conto che esisteva anche il calcio femminile. Ciò ha dato il via a ciò che è arrivato in seguito. Il rapporto conflittuale con la società: "Io personalmente accetterei volentieri le critiche se fossero legate al campo. Tutte le volte, però, si parla di altro: di una ragazza che non può giocare a calcio e una serie di cose che non c’entrano nulla con lo sport. C’è un problema culturale enorme, in Italia particolarmente. Riusciremo a cambiare questa cosa, prima o poi".