Leone XIV, il Papa della pace che parla allo sport

Con l’inizio del Conclave, lo scorso 7 maggio, tanti fedeli e addetti ai lavori si sono chiesti se i cardinali riuniti nella Cappella Sistina sarebbero stati in grado di saper scegliere il pontefice giusto come successore di Papa Francesco. Ai 133 elettori sono stati sufficienti appena quattro scrutini per eleggere lo statunitense Robert Francis Prevost, segno che il collegio degli elettori, dopo le congregazioni generali, ha avuto, fin dall’inizio delle votazioni, le idee chiare a quale cardinale affidare la difficile guida di una Chiesa che, così, ha dimostrato di essere meno divisa di quanto si pensasse dopo la morte di Bergoglio, avvenuta il 21 aprile. Papa Leone XIV è stato così determinato ed equilibrato in questi primi otto mesi di pontificato che, in un recente sondaggio commissionato a SWG, il 34% degli italiani lo ha indicato come la figura più positiva e affidabile del 2025 davanti al premier spagnolo Pedro Sanchez. Il pontefice statunitense ha dimostrato grandi doti pastorali e importanti capacità di governo sia nella guida della Curia romana, sia nella politica internazionale. Il suo forte richiamo alla pace è risuonato fin dalla sua prima apparizione pubblica dalla Loggia centrale della basilica di San Pietro. C’è anche un altro aspetto del suo pontificato che vale la pena evidenziare in questo 2025. Il Papa ha fatto proprio il motto “mens sana in corpore sano” come, del resto, era già avvenuto con San Giovanni Paolo II. Ma se Karol Wojtyla aveva avuto un passato di calciatore, nel ruolo di portiere, canoista e sciatore, Prevost è ancora oggi un assiduo giocatore di tennis e, scherzo del destino, il Conclave è iniziato lo stesso giorno degli Internazionali di Roma. Leone XIV non ha rinunciato alla sua voglia di giocare a tennis neanche dopo la sua elezione perché, nel ritiro settimanale del martedì a Castel Gandolfo, ama sfidare il suo segretario personale. “Mi considero un giocatore dilettante”, aveva dichiarato il pontefice in una lontana intervista alla rivista in lingua inglese dell’Ordine Agostiniano. “Da quando ho lasciato il Perù ho avuto poche occasioni per allenarmi, quindi, non vedo l’ora di tornare in campo”. Detto, fatto. Il Papa ha confermato la sua passione per il tennis ricevendo, nella sua prima udienza privata il 14 maggio scorso, il campione italiano Jannik Sinner, quando era ancora numero uno al mondo nella classifica ATP. Un incontro cordiale e spontaneo nel quale il tennista altoatesino gli ha chiesto se gli fosse piaciuto fare due scambi con lui nella sala dell’udienza. Leone XIV, dopo un iniziale imbarazzo, è stato subito al gioco; sorridendo e impugnando la racchetta, ha risposto che nelle sale della Santa Sede era troppo pericoloso e che, vestito così, poteva scendere in campo contro di lui solo a Wimbledon dove, come sanno tutti gli appassionati, è obbligatorio giocare con la divisa bianca come il colore della sua talare. Le persone che conoscono più da vicino Leone XIV e lo hanno visto giocare, dicono che il suo colpo migliore sia il rovescio e che in campo abbia sempre messo in mostra un forte spirito agonistico. Per quanto riguarda il nostro campionato di calcio, i ben informati, dopo il Conclave, hanno rivelato che Leone XIV avrebbe una certa simpatia per la Roma. In effetti, in occasione della sua visita pastorale a Genazzano, al Santuario della Madonna del Buon Consiglio, al Papa, scherzando, era scappato un “daje Roma” a un fedele che lo aveva avvicinato. Tra l’altro, subito dopo la conclusione del Conclave, su Internet sono circolate anche tantissime immagini che, scherzando, hanno messo in risalto una sua certa somiglianza con l’ex-allenatore giallorosso, Claudio Ranieri. A rimettere ordine a questa presunta simpatia giallorossa ci ha pensato lo stesso Prevost il 27 maggio durante l’udienza privata con la squadra del Napoli, fresca vincitrice del suo quarto scudetto. Nella stupenda Sala Clementina, scherzando, le sue prime parole ai giocatori e ai dirigenti del Napoli sono state: “Forse non volevate applaudire perché nella stampa si dice che io sono romanista…Ma benvenuti! Questo lo dice la stampa. Non tutto quello che leggete sulla stampa è vero!”. Al di là degli incontri e delle udienze private con gli atleti, Leone XIV nel 2025, ha mostrato il momento più alto, da un punto di vista dottrinale e teologico, nell’omelia pronunciata in occasione del Giubileo dello sport, lo scorso 15 giugno. Il Santo Padre ha ribadito l’importanza dell’attività fisica e lo ha fatto in maniera meravigliosa e profonda, ponendo le basi di una vera e propria teologia dello sport. Riprendendo un brano dal libro dei Proverbi, il pontefice ha accostato l’attività fisica a quella di un Dio che gioca nel suo atto creativo. La Sapienza, in ogni istante, sta di fronte a Lui e Dio si diverte e gioca con lei nella creazione del mondo. Non solo. Il Papa ha affermato che anche il binomio Trinità-sport non è fuori luogo, pur non essendo esattamente di uso comune. “Ogni buona attività umana, infatti, porta in sé un riflesso della bellezza di Dio, e certamente lo sport è tra queste. Del resto, Dio non è statico, non è chiuso in sé. È comunione, viva relazione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che si apre all’umanità e al mondo. La teologia chiama tale realtà pericoresi, cioè ‘danza’: una danza d’amore reciproco. È da questo dinamismo divino che sgorga la vita. Noi siamo stati creati da un Dio che si compiace e gioisce nel donare l’esistenza alle sue creature, che ‘gioca’”. Secondo Leone XIV sono tre gli aspetti che rendono lo sport, oggi, un mezzo prezioso di formazione umana e cristiana. Si tratta di un vero e proprio manifesto che vale la pena riportare parola per parola: “In primo luogo, in una società segnata dalla solitudine, in cui l’individualismo esasperato ha spostato il baricentro dal ‘noi’ all’ ‘io’, finendo per ignorare l’altro, lo sport – specialmente quando è di squadra – insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che, come abbiamo detto, è al cuore stesso della vita di Dio. Può così diventare uno strumento importante di ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti scolastici e lavorativi, nelle famiglie! In secondo luogo, in una società sempre più digitale, in cui le tecnologie, pur avvicinando persone lontane, spesso allontanano chi sta vicino, lo sport valorizza la concretezza dello stare insieme, il senso del corpo, dello spazio, della fatica, del tempo reale. Così, contro la tentazione di fuggire in mondi virtuali, esso aiuta a mantenere un sano contatto con la natura e con la vita concreta, luogo in cui solo si esercita l’amore. In terzo luogo, in una società competitiva, dove sembra che solo i forti e i vincenti meritino di vivere, lo sport insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione. Questo è importante, perché è dall’esperienza di questa fragilità che ci si apre alla speranza. L’atleta che non sbaglia mai, che non perde mai, non esiste. I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi”. Con queste parole, il Papa ha affidato una missione bellissima agli sportivi per il prossimo anno e per il futuro in generale: “Essere, nelle vostre attività, riflesso dell’amore di Dio-Trinità per il bene vostro e dei vostri fratelli. Lasciatevi coinvolgere- ha detto Leone XIV- da questa missione con entusiasmo: come atleti, come formatori, come società, come gruppi e come famiglie”. Gli obiettivi degli sportivi devono essere orientati al meglio, “fino alla vittoria più grande: quella dell’eternità, il campo infinito dove il gioco non avrà più fine e la gioia sarà piena”.

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Leone XIV, il Papa della pace che parla allo sport

Tommaso Liguori