La dura meritocrazia dell'Eurolega

Lo si è detto spesso, la Final Four è sportivamente ingiusta, perché mette in discussione in una o due partite tutto quello che si è costruito in trentaquattro gare di stagione regolare e in tre, quattro o cinque di playoff. È vero fino ad un certo punto però, perché alla fine è sempre il campo a decretare la squadra campione d’Europa: per essere i migliori bisogna dimostrarsi tali anche in quelle condizioni e non ci sono dubbi che, nella tre giorni di Abu Dhabi, i migliori siano stati quelli del Fenerbahce. I ragazzi di Sarunas Jasikevicius hanno vinto non solo perché hanno giocato meglio sia la semifinale che la finale ma anche perché, più degli altri, hanno saputo mantenere e confermare la propria identità. Lo dimostrano tanti fattori: la difesa solida e costante che rappresenta le fondamenta di ogni vittoria; la capacità di alternare nel corso della stessa partita diversi protagonisti, tanto da rendere impossibile per gli avversari trovare dei punti di riferimento validi su cui basarsi; la voglia di sacrificarsi, di fare quel passaggio in più, quel tiro in meno. Tutti aspetti che diventano decisivi nelle partite senza domani. Certo, in una partita secca spesso sono i dettagli a fare la differenza ed è successo anche ad Abu Dhabi; non ci sono dubbi però sul fatto che né Panathinaikos e Olympiacos, in semifinale, né Monaco, in finale, si siano dimostrati quelli della stagione regolare. Mike James e compagni lo hanno fatto solo nella prima partita, giocando da Olympiacos contro l’Olympiacos, cioè passandosi la palla, cercando di costruire il tiro migliore dopo aver mosso la difesa e coinvolto tutti i giocatori in campo. In finale invece sono riemersi i vecchi difetti, gli antichi individualismi, quelli che coach Spanoulis da novembre in poi era riuscito poco a poco a limare. Il Fenerbahce, invece, è sempre stato squadra. Sia in semifinale, quando ha chiuso la strada ai campioni in carica del Panathinaikos sia, ancora di più, in finale, tanto che è stato molto difficile scegliere l’MVP della partita. Il riconoscimento, alla fine, è andato giustamente ad Hayes-Davis, il migliore per valutazione, ma poteva tranquillamente toccare a Marko Guduric o anche a Devon Hall capace di segnare punti importanti e, nello stesso tempo, di cancellare dal campo Mike James, esattamente come aveva fatto in semifinale con Kendrick Nunn. In un sistema di questo tipo il giocatore ideale da inserire non poteva che essere Nicolò Melli, perfetto per questo sistema, con doti difensive fuori dal comune, capace in attacco di prendersi responsabilità importanti e più in generale di alzare il livello complessivo della squadra. Melli, almeno un po’, ha portato l’Italia sul tetto d’Europa così come aveva fatto Gianluca Basile nel 2010 con il Barcellona, Gigi Datome nel 2017 con lo stesso Fenerbahce e Daniel Hackett nel 2019 con il CSKA. Il basket azzurro però da tempo non trova la stessa soddisfazione con le proprie squadre: la Final Four giocata dall’Olimpia nel 2021 e il play-in dell’anno scorso della Virtus, seppur vicini nel tempo, sembrano molto lontani per come si sono sviluppate le cose in questa stagione. Nella quale, aldilà di qualche infortunio ed evento sfortunato, il livello delle nostre due rappresentanti, in termini di intensità e compattezza, è apparso quasi sempre molto lontano da quello espresso dalle prime della classe. Va comunque in archivio una bella stagione di Eurolega, divertente, emozionante e molto equilibrata: difficile trovare in giro per il mondo una competizione così dura, esigente, per la quale è necessario un alto livello di prestazioni dalla prima all’ultima settimana. L’unica nota stonata è la finale valida per il terzo e quarto posto: se anche, come successo ad Abu Dhabi, il derby eterno fra Olympiacos e Panathinaikos diventa una partitella d’allenamento con difese allegre e stelle sedute in panchina a riposare, allora un intervento è necessario. Molto meglio mettere i ragazzi a questo punto: la finale del Next Gen Under 18, da qualche stagione relegata in una palestra secondaria alle 11 del mattino, ben giocata ma purtroppo persa quest’anno dall’Olimpia contro lo Zalgiris, sarebbe l’antipasto ideale alla finale per il titolo.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

La dura meritocrazia dell'Eurolega

Geri De Rosa