Da 'Amandoti' a 'Amarsi ancora': il coro più dolce è il più tormentato

Una canzone intima e struggente che diventa un simbolo del tifo sportivo. Quando nelle partite casalinghe della Virtus Bologna di basket scorrono gli ultimi secondi, si celebra un rito che sembra fermare il tempo. I numeri del cronometro lampeggiano sul tabellone, quasi rallentano. Dai tifosi della Virtus sale un canto che non ha nulla della furia dei cori da stadio, della spavalderia ritmata dei palazzetti. È una sorta di grido sussurrato: ‘Amarsi ancora… farlo dolcemente…’ Sembra impensabile che quel coro nasca da una delle canzoni più profonde e strazianti della musica italiana: ‘Amandoti’ dei CCCP – Fedeli alla Linea, inciso nel 1990 per il disco-testamento ‘Epica Etica Etnica Pathos’. Il brano che Giovanni Lindo Ferretti scrisse nella casa di famiglia a Cerreto Alpi, provincia di Reggio Emilia, pensando alla morte della nonna, lontano da qualsiasi romanticismo di coppia. Eppure, è successo. Sarà perché quel che deve accadere, accade. La canzone è uscita dal suo alveo originario, ha attraversato decenni, cover, rinascite, e ha trovato un’altra casa tra chi, a una squadra, si affida come ci si affida alla vita. Cerreto Alpi, Villa Pirondini: musica che nasce dal silenzio Villa Pirondini è una casa colonica abbandonata nella campagna reggiana, nei pressi di Rio Saliceto. I CCCP ci hanno vissuto dentro da aprile a giugno del 1990, registrando in presa diretta, lasciando che le stanze risuonassero di echi naturali, come fosse una chiesa laica. Lo studio mobile era allestito nella cappella di famiglia della villa. Registrazioni e mixaggio in analogico, tecnologia anni ‘70. È lì che ‘Amandoti’ ha preso forma definitiva, insieme alle canzoni dell’album ‘Epica Etica Etnica Pathos’. Ultimo disco dei CCCP – Fedeli alla Linea, un annuncio dello scioglimento che stava maturando. I CCCP sono stati fondamentali nella storia del rock italiano. Hanno rappresentato una via italiana al punk, un punk definito ‘filosovietico’, contaminato dalla musica melodica e tradizionale emiliana. La base di partenza veniva dal cuore dell’Europa, lontano dalla consolidata tradizione musicale anglo-americana, guardando a Est e non a Ovest, raccontando il proprio mondo con suoni e parole di quel mondo. Sono stati il simbolo di una proposta alternativa e underground, una controcultura che ha espresso il disagio giovanile degli anni ‘80, un progetto antisistema, ideologico ma anche coerentemente anti-ideologico, perfino con richiami mistici. Così riassunto, un progetto che ha avuto una sua complessità. Espresso con la semplicità di musica spoglia, chitarre distorte e veloci o arpeggi di poche note, un canto che diventava un urlo o un salmo, soliloquio e ripetizione, spesso ossessiva, di poche parole in testi molto brevi. C’era onestà intellettuale, l’esigenza di dire la verità in modo diretto. E non c’era molto di più da aggiungere, bastava quello, fine. I CCCP avevano preso parte nel 1989 a uno scambio culturale italo-russo, un tour in Unione Sovietica con altre band: i Litfiba, i modenesi Rats e i pugliesi Mista & Missis. Concerti a Mosca e a Leningrado, nell’Unione Sovietica prossima al disfacimento. I CCCP avevano sempre desiderato suonare in una grande capitale comunista dell’Est europeo o d’Oriente. Lo consideravano l’atto mancante, la chiusura ideale dell’esperienza. È stato proprio così. Durante il viaggio di rientro in Italia ha cominciato a prendere forma l’idea di una collaborazione con i musicisti che stavano abbandonando i Litfiba. Il bassista Gianni Maroccolo, il tastierista Francesco Magnelli, il batterista Ringo De Palma, il chitarrista e tecnico del suono Giorgio Canali sono stati poi coinvolti nelle registrazioni di ‘Epica Etica Etnica Pathos’. Un disco musicalmente più ricco dei precedenti lavori dei CCCP. ‘Amandoti’ fu inserita con l’aggiunta di ‘sedicente cover’ perché era stata cantata da Annarella Giudici nel 1987 nel primo e unico spettacolo teatrale dei CCCP: ‘Allerghia. Atto unico di confusione umana’ . Nel disco è stata interpretata dal suo autore, Giovanni Lindo Ferretti. Ferretti l’ha composta quindi qualche anno prima rispetto alla registrazione dell’album, nell’aia della sua casa di famiglia a Cerreto Alpi, un piccolo e antico centro abitato dell’Appennino reggiano a quasi mille metri di altitudine. In un momento di grande stanchezza, in pieno inverno. Non voleva spostarsi, la sua casa era l’unico posto capace di evocare qualcosa. Non ha mai lasciato Cerreto Alpi, così radicato nella sua vita, dove per lui tutto nasce e tutto finisce. Il testo è uno dei momenti più alti della canzone italiana: Amarti m'affatica Mi svuota dentro Qualcosa che assomiglia A ridere nel pianto Amarti m'affatica Mi dà malinconia Che vuoi farci, è la vita È la vita la mia Un inizio di sublime bellezza. Con la sua voce che si fa ancor più profonda e cavernosa, Giovanni Lindo Ferretti canta il suo smarrimento per la morte della nonna materna Maddalena, ma non lo fa con un omaggio diretto. Lo fa con una riflessione sul sentimento dell’amore in senso più ampio, attraversandolo in tutte le sue componenti e conseguenze. L’amore può portare disperazione, può essere un peso. Può prosciugarti e lasciarti senza una goccia di vitalità. È un insieme di contrasti, è un dolore che fa bene, una gioia che fa male. Sono descrizioni potentissime di grande fisicità e di turbamento psicologico. L’amore è inevitabile. L’amore è vita, lo accetti per quello che è. E quando non c’è più vita, c’è il ricordo dell’amore, la malinconia. Un amore così estenuante rimane comunque necessario, voluto, cercato. Fortemente invocato. Il ritornello lo esprime con parole che scuotono l’anima e la riempie di infinita dolcezza: Amami ancora Fallo dolcemente Un anno, un mese, un'ora Perdutamente Il canto diventa così una preghiera. La richiesta di mantenere quel legame, ancora un po’, ancora una volta. Perdersi in quel sentimento. Che nelle strofe successive diventa consolatorio, accogliente, riparatore: Amarti mi consola Le notti bianche Qualcosa che riempie Vecchie storie fumanti Amarti mi consola Mi dà allegria Che vuoi farci, è la vita È la vita la mia Amami ancora Fallo dolcemente Un anno, un mese, un'ora Perdutamente È una descrizione di cosa si prova quando si ama. Ora non è più così sorprendente se chi segue con sperante e disperante passione una squadra si sia riconosciuto in queste parole. Chiunque abbia amato, perduto e vinto, lottato e resistito, ci ritrova la propria voce. All’inizio sono stati i tifosi del Foggia I tifosi vivono nella carne e nell’anima certi sentimenti. Ai tifosi del Foggia non è mancato nulla dell’atto di amare la propria squadra. Negli anni ‘60 e ‘70 il Foggia ha frequentato la nobiltà del calcio italiano con 7 presenze in Serie A e 11 in B. Nel campionato 1964-65 finì al nono posto in Serie A, un risultato che sarà poi eguagliato solo dalla squadra di Zeman negli anni ‘90. Il gruppo era allenato da Oronzo Pugliese, un trascinatore impulsivo che scatenava giocatori e ambiente. Il 31 gennaio del 1965 sconfisse la grande Inter di Helenio Herrera . Alla fine degli anni ‘60, il Foggia fu allenato da Tommaso Maestrelli, altri metodi basati su una forte empatia e autorevolezza. Maestrelli passò poi alla Lazio con cui vinse il primo storico scudetto del 1974 . Ultimo anno di A del Foggia negli anni ‘70 nella stagione 1977-78, poi cominciò un rimbalzo tra tormenti ed estasi. Retrocessione in Serie C, un fallimento nel 1984, l’arrivo dell’imprenditore Pasquale Casillo, un allenatore visionario come Zdeněk Zeman con il suo calcio spettacolo, la vittoria della serie B nel 1990-91, la quasi qualificazione in Coppa Uefa e due campionati di A chiusi al nono posto. Toccato il vertice della sua storia, venne risucchiato in una voragine. In fondo alla perdizione trovò la Serie C2 nel 1999. Un nuovo fallimento nel 2004. Il grande ritorno di Casillo e Zeman nel 2010 per ricostruire un sogno, ma i sogni che giocano nel passato non funzionano nel presente e non servono al futuro. Niente promozione in B. Nel 2012 il Foggia non riuscì a iscriversi al campionato. Venne fondata una nuova società per ripartire dalla serie D. Riammissione alla Lega Pro Seconda Divisione nel 2013-14. Nel 2014 arrivò Roberto De Zerbi sulla panchina: vinse per la seconda volta della storia del club la Coppa Italia di Lega Pro . Nel 2017 ritorno in B dopo 19 anni. Durato poco. Dopo una retrocessione in C, nel 2019 venne escluso dal campionato per non aver rispettato i parametri finanziari. Ennesimo punto e a capo, chiamatela ripartenza o rinascita, insomma il ciclo di morte e resurrezione che non sembra aver mai fine. È tornato ancora Zeman . Foggia eliminato nel playoff dall’Entella. Stagione 2024-25 con grandi ambizioni e con una salvezza arrivata a fatica nei playout. La stagione 2025-26 sta attraversando tutte le fasi dello stato di crisi: assenza di risultati, un allenatore esonerato, assenza di prospettive, assenza dei tifosi allo stadio Zaccheria, contestazione, inchiesta su tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Il Foggia vive un suo destino di temporaneità, l’incubo ricorrente della scomparsa dal calcio professionistico. Seguire una squadra così vuol dire attraversare tutte le lacerazioni e le consolazioni dell’amore. I tifosi della Curva Nord hanno trovato loro stessi nelle parole di ‘Amandoti’ e l’hanno adottata come un canto di rivelazione. L’hanno fatto nel 2012, quello della ripartenza dalla D. La prima partita del nuovo corso fu il turno preliminare di Coppa Italia di Serie D. A Termoli, il Foggia fu sconfitto per 2 a 1. Ma c’era ancora una squadra, c’erano i tifosi, c’era quel legame speciale, inevitabile. Il coro ha modificato leggermente l’originale: Amarsi ancora, fallo dolcemente, solo per un’ora perdutamente! La promozione in B nel 2017 ha contribuito a rendere più forte l’attaccamento al coro. È cresciuto con la rinascita, ha conosciuto i momenti in cui amare non affatica e da allegria. Poi ha affrontato e affronterà la ripetuta angoscia, lo scoraggiamento. E tornerà per dire che l’unica certezza è quella di amarsi ancora, nonostante tutto. Le altre squadre che lo hanno fatto proprio Sentire questo canto allo stadio è veramente potente. Le curve sono antenne sensibili, ascoltano quello che risuona altrove, assorbono e diffondono. Negli ultimi anni tante squadre hanno sentito questo coro provenire dai loro tifosi. Anzio e Altamura, Avellino e Salernitana. Reggina. E Spal, la squadra di Ferrara, dove veniva cantata una versione più ritmata e accelerata . Qualcuno ha personalizzato maggiormente, come la Curva Liternum del Giugliano: Amarsi ancora fallo dolcemente solo il Giugliano nella mia mente O come la Curva Volpi del Chieti, una delle tifoserie che considera più identitaria questa canzone. Amarsi ancora farlo follemente per più di un’ora, teatinamente Quello della città abruzzese è un orgoglio antico, risale alla leggenda della sua fondazione da parte di Achille, l’eroe della mitologia greca narrato nell’Iliade di Omero. Achille le avrebbe dato il nome di Teate, in onore di sua madre, e come Teate era conosciuta in epoca romana. Quell’orgoglio teatino è entrato in questa versione di ‘Amandoti’. Una versione che è stata usata nel 2023 per le luminarie di Natale apparse in via Pollione, la via che porta alla cattedrale di San Giustino. Un’idea del vicesindaco appassionato di calcio, che considerava quel coro un omaggio alla città attraverso l’omaggio ai tifosi che la rappresentano in casa e in trasferta. Vibranti proteste. Violazione del luogo e della Festività. Hanno interpellato l’Arcivescovo. Alla fine, tutti hanno compreso che era solo una frase d’amore rivisitata. Scandalo sospeso. Con tutte queste versioni delle tifoserie è avvenuto anche un cambio di titolo. ‘Amandoti’ è diventata ‘Amarsi Ancora’ e così è conosciuta negli stadi. Forse anche fuori. Sono stati i tifosi della Cremonese a portare il coro in Serie A. Lo hanno fatto nella stagione 2022-23, quella del ritorno nel massimo campionato dopo 26 anni. Rimane uno dei cori più riconoscibili e amati della Curva Sud intitolata a Erminio Favalli, storico giocatore e dirigente del club. La prima volta fu in una trasferta a Torino contro il Toro . Le contaminazioni non riguardano solo il calcio. Il coro è arrivato nei palazzetti. Con la Pallacanestro Roseto, ad esempio. US Cremonese e Virtus Bologna condividono addirittura una contaminazione incrociata e originale: l’hashtag #AmarsiAncora. Sui social si possono trovare facilmente i video dove le due tifoserie mostrano il loro modo di sostenere la squadra. Il tifo che celebra lo spettacolo di sé. Cori e corpi in scena per trasmettere passione, per animare slogan e identità. L’estetica dei corpi in scena era anche una delle cifre stilistiche dei CCCP. L’Emilia e Berlino: il viaggio dei CCCP I CCCP sono nati dall’incontro tra Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni. Divisi da quattro anni di differenza, uniti dagli stessi luoghi che hanno frequentato, incrociandosi mille volte senza mai trovarsi. La stessa scuola , poi entrambi al DAMS di Bologna con tempi diversi. Anni di impegno politico, Ferretti in Lotta Continua e Zamboni nella FGCI . Un impegno lasciato per cercare altro e abbandonare lo sguardo della politica con cui vedere le cose, negli anni ‘70 fatti di violenza, di strategia della tensione, della tragedia delle tossicodipendenze per annullare menti e idee. Cercare altro e togliersi da lì. Una forte esigenza. Giovanni Lindo Ferretti iniziò a lavorare come operatore psichiatrico a Castelnuovo Monti. Un lavoro ottenuto per caso, facendo l’autostop, in quegli anni un mezzo pratico per spostarsi e un modo di essere. Chi gli aveva dato un passaggio si occupava di un programma di assistenza psichiatrica e aveva visto in Ferretti delle potenzialità per aiutare giovani problematici che rifiutavano l’approccio di medici e personale specializzato. Questo è stato il primo campo in cui Giovanni Lindo Ferretti ha proposto e sperimentato un suo approccio alternativo alle cose. Dopo cinque anni, l’esperienza si era esaurita. Lui era esaurito. Aveva bisogno di stare bene, divertirsi, ripensarsi. Decise di andare a Berlino, perché aveva letto su ‘Re Nudo’ che era il posto dove andare. ‘Re Nudo’, una rivista di controcultura e controinformazione. Berlino, immersa nel clima della Guerra Fredda, era il cuore pulsante di una continua mutazione culturale. Massimo Zamboni aveva lasciato gli studi di psichiatria, si era iscritto a lingue e aveva iniziato a portare la sua curiosità per il mondo. Era arrivato a Berlino nel 1981. In autostop, ovviamente. Sbagliando strada, arrivando a Colonia e tornando indietro. Un viaggio di tre giorni. Era un’altra epoca anche nel viaggiare. Ferretti e Zamboni, dunque, arrivarono a Berlino per vie diverse. Quello che doveva accadere, è accaduto. Un’amica di Giovanni insisteva per fargli conoscere un tizio di Reggio Emilia, come lui. Mai visti e mai sentiti a Reggio, a Bologna e in Emilia. Si sono incontrati a Berlino, in Adenauer Platz, in uno dei localacci post-rock punkettari dove si andava a ballare: il Superfly. Zamboni lavorava come cameriere in una pizzeria, dopo il turno frequentava i locali dove trovava una popolazione di giovani europei agitati dalla voglia di prendersi una vita loro, diversa da quella della moltitudine allineata che li circondava nei loro paesi. Non lì, non a Berlino. Berlino aveva un fascino inquietante. Con il Muro che tagliava quartieri e settori e la sensazione di una minaccia incombente. Un terreno minato che stranamente aveva attirato la speranza, idee libertarie e di tolleranza. I giovani arrivavano a Berlino e si ritrovavano nelle case occupate del Kreuzberg, con i suoi edifici abbandonati rifugio di ribelli, artisti e intellettuali. Enorme laboratorio creativo spontaneo. Uno dei più grandi era il Kukuc, un palazzone affacciato sul Muro. Aveva ragione l’amica di Giovanni Lindo Ferretti. Lui e Massimo si dovevano conoscere, dovevano stare insieme, mettere le loro idee in quel laboratorio creativo che rifiutava la forzatura circolare del sistema studio-lavoro-famiglia. La musica era la disciplina più attrattiva e più facile da esplorare. Andavano a sentire il punk tedesco. Il riferimento era il groviglio sonoro degli ‘Einsturzende Neubauten’, con i loro rock sperimentale e ‘industrial’. Era il punk mitteleuropeo. Niente Sex Pistols da quelle parti. Nella musica c’era qualcosa per cui valesse la pena di vivere. E poi le voci sgraziate e le schitarrate metalliche facevano pensare. Facevano pensare… ‘allora, anche noi’… ‘forse siamo capaci anche noi’. Il punk era perfetto. Non bisognava saper cantare, non bisognava saper suonare. Bisognava solo avere voglia. Ferretti , Zamboni e Zeo Giudici hanno formato il primo gruppo, con il nome di MitropaNK . Formazione poi definita dall’ingresso di Umberto Negri al basso e dall’uscita del batterista che venne sostituito da una drum machine. I CCCP sono nati alla fine del 1982. Con l’aggiunta di ‘Fedeli alla Linea’ nel nome, che era anche il nome di un locale, il club Linientreu, appena dietro lo zoo di Berlino. Inventarono uno stile musicale provocatorio, testi carichi di riferimenti ideologici e ironici, una musica alternativa che prendeva forza dalle loro imperfezioni. Non saper ‘suonare bene’ è stata una chiave artistica. La chitarra di Zamboni ha trovato un suo linguaggio entro quei limiti tecnici, la voce di Ferretti era spesso un po’ invasata e fuori tonalità. Contava una certa attitudine, esprimere qualcosa che non fosse necessariamente tecnico. Le competenze musicali erano elementari. Tempo e tonalità venivano come venivano. Conoscenze arrivate dopo. All’inizio non volevano nemmeno fare dischi. Solo concerti. Non interessava. E volevano fare musica per far ballare e far muovere la gente. Ma ai loro concerti stavano quasi tutti immobili, forse un po’ ipnotizzati dai testi e dalle atmosfere. Così è nata l’idea di mettere dei corpi in movimento sopra il palco. Uno è stato quello di Annarella Giudici, sorella di Zeo, una ragazza che stava sempre in prima fila e ballava, lei sì che ballava sempre. È diventata la ‘benemerita soubrette’ dei CCCP. L’altro corpo è stato quello di Danilo Fatur, cantante, performer, showman e qualsiasi altra cosa si voglia aggiungere per definire l’indefinibile. È stato ‘artista del popolo’. I concerti dei CCCP sono diventati arte performativa, un teatro primitivo e d’avanguardia. Con Annarella e Fatur che ballavano, cantavano, si dimenavano o stavano fermi. Usando elementi scenici improvvisati. Una donna che si vestiva e travestiva, un uomo che spesso si denudava. Giovanni Lindo Ferretti ha raccontato che cantava guardando Annarella e Fatur, la tonalità la davano loro con quello che facevano sul palco, lui andava dietro con la voce. Le canzoni uscivano così. Quando li hanno convinti a incidere dischi, hanno curato soprattutto il gusto estetico: la copertina, le foto, le parole da scegliere. Dopo i primi due EP, nel 1986 è uscito il primo album: ‘1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età’ . Un disco importante per il punk italiano e anche europeo. Con un discreto consenso. Non solo cultura filosovietica, soprattutto la vita senza prospettive in città e in provincia, la percezione in quegli anni di un percorso preconfezionato fatto di consuetudini sociali da cui differenziarsi . Il 1986 è stato anche l’anno dell’uscita dal gruppo di Umberto Negri. I CCCP hanno proseguito la carriera firmando con la Virgin, una etichetta non certo di nicchia . Nel 1987 è uscito l’album ‘Socialismo e Barbarie’, hanno messo in scena lo spettacolo ‘Allerghia. Atto unico di confusione umana’, quello dove è comparsa per la prima volta ‘Amandoti’ cantata da Annarella. Nel 1989 venne pubblicato ‘Canzoni preghiere danze del II millennio – Sezione Europa’, con sonorità più elettroniche e pacate, un certo gusto orientaleggiante e una canzone come ‘Madre’ che annunciava l’inclinazione poetica e non solo di Ferretti per la preghiera. E così siamo arrivati alla parte della storia che conosciamo già: il tour in Unione Sovietica, il quarto album ‘Epica Etica Etnica Pathos’ e la nuova versione di ‘Amandoti’. I CCCP si sono sciolti il 3 ottobre 1990, il giorno della riunificazione tedesca . Quel che nasce, fisiologicamente muore. O per tornare a citare una canzone dei C.S.I., il gruppo nato nel 1992 che ha proseguito l’avventura musicale di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, ‘ciò che deve accadere accade’ . Il Consorzio Suonatori Indipendenti ripeteva evidentemente la sigla della Comunità degli Stati Indipendenti, organizzazione nata nel 1991 dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ha inglobato nel gruppo i musicisti ex Litfiba già coinvolti nell’ultimo album dei CCCP e la voce di Ginevra Di Marco. Un panorama sonoro e tecnico di maggiore completezza e maturità, senza la presenza scenica di Annarella e Fatur. Sono stati protagonisti di album di altissimo livello nel mondo alternativo italiano come ‘Linea Gotica’ e ‘Tabula Rasa Elettrificata’ . Hanno ottenuto un buon successo commerciale e lasciato un’impronta ben visibile sui gruppi della scena indipendente italiana che sono arrivati durante il loro passaggio o sono venuti dopo. Sono arrivati fino all’inizio degli anni 2000, poi ci sono stati un nuovo tentativo di gruppo senza Zamboni , diversi progetti solisti. Infine, c’è stata la grande réunion dei CCCP anticipata da libri, mostre, un film prima dell’ultimo tour nell’estate del 2025. Una cosa che non doveva accadere ed è successa. Le cover di ‘Amandoti’, ormai un classico Prima della reinterpretazione delle curve, ‘Amandoti’ aveva avuto altre riscoperte conquistando una forte notorietà. Nel 2004 Gianna Nannini l’ha inserita nel suo album ‘Perle’, accompagnando con quartetto d’archi e orchestra alcuni suoi grandi successi come ‘Meravigliosa Creatura’, ‘Ragazzo dell’Europa’, ‘Profumo’, ‘I Maschi’, ‘Latin Lover’. L’unica cover del disco fuori dal suo repertorio era ‘Amandoti’, canzone che è stata inserita anche nel film del 2004 ‘La vita che vorrei’ di Giuseppe Piccioni con Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli. Gianna Nannini e il film di Piccioni hanno trasportato il testo di ‘Amandoti’ all’interno delle dinamiche di un martoriato rapporto tra un uomo e una donna. La pena, la scoperta di un amore. Accettato per andare oltre la propria infelicità. La canzone è rimasta una confessione a cuore aperto che Gianna Nannini è riuscita a fare propria facendola rientrare in un canone che le apparteneva. Al punto che per molti ‘Amandoti’ è della Nannini. Più morbida, più affilata nel pathos, più ‘cantabile’, le ha dato un successo ampio e popolare. Di fatto una ribadito la bellezza senza tempo di un capolavoro. Che da quel momento è diventato uno standard, parte del repertorio comune, un classico. Le cover si sono moltiplicate. Noemi durante X Factor del 2009, anno in cui ci fu un duetto Nannini-Giorgia nel concerto ‘Amiche per l’Abruzzo’ del 21 giugno allo stadio di San Siro . Emma con Gianna Nannini, altro duetto nell’edizione di Amici del 2017. Un anno prima Carmen Consoli l’aveva eseguita durante un live del progetto Stazioni Lunari di Francesco Magnelli e della moglie Ginevra Di Marco . I Bowland nell’edizione 2019 di X Factor. Notevole l’interpretazione dei Maneskin con Manuel Agnelli nella serata delle cover del Festival di Sanremo del 2021, energici brividi rock, chitarre ruvide e luci violente. Nel 2022 è stata Talea, nome d’arte di Cecilia Quaranta, a portarla a X Factor. Nel 2023 l’ha proposta Andrea Settembre con l’aggiunta di alcune parti in napoletano. Sempre a X Factor, dove è tornata anche nell’edizione 2025 con Layana. ‘Amandoti’ è stata anche utilizzata in uno spot televisivo di una nota casa automobilistica italiana. Sì, stanno esagerando. È quello che succede ai classici. Uno dei più riusciti adattamenti è una scena del film ‘Rapiniamo il Duce’ del 2022. Ambientato nell’aprile 1945 in una Milano dove quel che è rimasto del regime fascista si sta preparando alla fuga. Yvonne è una cantante del Cabiria ed esegue la canzone dal vivo nel locale. È interpretata da Matilda De Angelis. Una voce che sussurra, semplice e dolente, straordinariamente intensa, che si rompe e tronca vocali. Una meravigliosa sofferenza. La conferma che ‘Amandoti’ viaggia ormai sulle emozioni di tutti, senza più un riferimento preciso. Come fosse nostra da sempre, la collochiamo nei tempi e nei luoghi della nostra vita. Se volete cercare un territorio originario, quello è Cerreto Alpi, l’Appennino reggiano. Bologna non è così lontana, una città che Reggio Emilia guarda con sospetto sportivo ma con cui può condividere sonorità e geografie umane.

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Da 'Amandoti' a 'Amarsi ancora': il coro più dolce è il più tormentato

Danilo Freri