A 34 anni, il difensore scampato miracolosamente alla tragedia del novembre 2016, ha deciso di chiudere con il calcio giocato, dopo aver provato a riprendere l'attività agonistica. “Il mio corpo non ce la fa più. I dolori sono più forti del piacere di giocare"
Sopravvissuto alla tragedia che nel 2016 aveva commosso il mondo, il difensore della Chapecoense, Neto, ha dato l’addio al calcio giocato, a 34 anni. Era tornato a giocare, sopravvissuto per miracolo all’incidente aereo costato la vita a 71 persone, ma dopo due anni trascorsi in riabilitazione e i numerosi tentativi di riprendere un’attività agonistica “normale”, ha dovuto dire basta.
“Il mio corpo non ce la fa più”, ha raccontato a Globo Esporte. I dolori sono più forti del piacere di giocare. Apparentemente non c’erano problemi nella mia vita quotidiana, ma nell’allenamento ad alto livello il fisico non poteva sopportare il dolore al ginocchio e alla schiena, che mi hanno portato a prendere la decisione di chiudere con l’attività agonistica”.
Una scelta che nelle prossime ore sarà ufficializzata anche attraverso una dichiarazione del club, che nel frattempo ha già offerto a Neto un ruolo all’interno della società, magari a contatto diretto con la squadra.
La storia di Neto
La storia di Neto, scampato all’incidente del 28 novembre 2016, è un inno alla forza di volontà. Estratto miracolosamente vivo dalla carcassa dell’aereo (fu l’ultimo ad essere ritrovato dai soccorritori, che ormai si erano preparati all’idea di dover estrarre dai rottami solo morti), dopo una serie infinita di operazioni aveva deciso di provare a tornare in campo. Con lui si erano salvati anche Ruschel (anche lui tornato al calcio giocato) e il secondo portiere Follmann, al quale era stata amputata una gamba, oggi ambasciatore della Chapecoense nel mondo.
“Per me già essere vivo è un grande regalo di Dio. Se poi potrò tornare in campo e dare una mano alla Chapecoense, tanto meglio”, diceva nei giorni del rientro, dopo essere stato operato a un polmone, al ginocchio, al polso e al cranio, interventi necessari per poter tornare a condurre una vita normale, prima ancora che riprendere a giocare a pallone. Oltre a un costante supporto psicologico, che lo ha sempre accompagnato in questo duro cammino, fino alla decisione di dire stop.