Lee Carsley, un irlandese in terra inglese che non canta l'inno

La mattina del 9 agosto, all’annuncio della nomina con incarico ad interim di Lee Carsley come nuovo allenatore dell’Inghilterra, tutto il Paese si chiede: “A chi starà pensando la Football Association? Chi sta provando a convincere la Football Association?”. Con le dimissioni di Gareth Southgate consegnate ufficialmente tre giorni dopo la finale persa a Berlino contro la Spagna, non è tanto il nome a lasciare spiazzati , quanto la temporaneità della scelta. Un modo di prendere tempo, di riflettere, di aspettare. Ma aspettare chi? A questa domanda, una risposta ancora non c’è. Qualcuno ha subito trovato un nesso tra la panchina vacante dell’Inghilterra e l’annuncio di Pep Guardiola alla parata della vittoria del quarto titolo consecutivo del Manchester City. “Il prossimo potrebbe essere il mio ultimo anno al Manchester City” seguito da una battuta in conferenza stampa durante la tournée statunitense in cui il catalano non negava affatto l’ambizione di allenare un giorno una nazionale di calcio. Qualcun altro aveva invece già visto in anteprima la congiunzione di due astri: panchina libera dell’Inghilterra e addio di Klopp al Liverpool. Ma le coincidenze, si sa, a volte esistono veramente. E, la nomina di un allenatore ad interim deve aver spiazzato chi era pronto a giurare sull’arrivo di un calcio heavy metal nella terra del post punk. C’erano poi le soluzioni alternative , quelle meno glamour ma forse più reali, che riconducevano a Eddie Howe del Newcastle e Thomas Frank del Brentford. Entrambi al momento saldamente sulle panchine dei club sopra citati, ma dotati di un curriculum che sembra essere ideale, se non perfetto, per l’incarico in questione. Chissà. Detto questo, come era normale che fosse, tutta l’Inghilterra si è concentrata sul prossimo nome senza però mai chiedersi: “Ma chi è Lee Carsley? Ma soprattutto: Lee Carsley ha veramente delle chance di ripercorrere le orme del suo predecessore e trasformare il suo incarico temporaneo in permanente? La prima partita, a Dublino contro la Repubblica d’Irlanda, ci ha detto che esiste una risposta sì e una no. Approfondiamo. Perché sì? L’ultimo torneo, Euro 2024, sarà ricordato come uno dei più controversi della storia della nazionale inglese. L’entusiasmo popolare per aver raggiunto un’altra finale non ha nascosto di certo l’enorme insoddisfazione verso la qualità del calcio espresso dalla squadra guidata da Southgate. Alla fine, era evidente che ci fosse urgente bisogno di un upgrade dal punto di vista tecnico-tattico, qualcuno capace di valorizzare al massimo la nuova Golden Generation che il Dio del calcio ha voluto donare all’Inghilterra. La prima partita dei nuovi Tre Leoni a Dublino è stata brillante. Vittoria per 0-2. Il ritorno di Jack Grealish, grande escluso di Euro 2024. La concessione a Declan Rice di esaltare tutto il suo talento di box-to-box midfielder con Alexander-Arnold non più a fianco ma alle sue spalle. L’utilizzo di esterni molto alti e larghi. Ne è dimostrazione la performance in campo e al microfono di uno dei più grandi delusi dell’ultimo europeo, Anthony Gordon, presente per un solo minuto in tutto Euro 2024, nella terza partita del girone contro la Slovenia, e molto coinvolto contro l’Irlanda. Alla fine della partita, l’esterno del Newcastle ha criticato neanche troppo velatamente la gestione precedente: “Finalmente ci sono stati dinamismo e creatività. Quanto ne avevamo bisogno!”. Poco da aggiungere. La prestazione, tra le più brillanti degli ultimi anni, è stata avvalorata dal body language di Carsley. Il cambio di ruolo non ha cambiato l’attitudine. A 45’ dal fischio d’inizio, Carsley, 50 anni di Birmingham ma irlandese , è in campo con pantaloncini, tacchetti ai piedi e la sacca dei palloni. Accanto a lui, c’è la rosa dei portieri entrata da pochi minuti in campo per il riscaldamento. Che sarà raggiunta dal resto della squadra un quarto d’ora dopo circa. Carsley è lì, in mezzo, ad allenare. A trasmettere i principi di gioco che per sua stessa ammissione nel post, non sono ancora i suoi. È li a fare la sponda ai giocatori per prepararli al tiro. Fa il torello con loro. Crossa per i portieri. È al centro del gioco. In totale trans agonistica. Chi lo conosce bene, dice che vive “per le sue tattiche”. Era così quando faceva l’assistente o l’allenatore delle giovanili, a proposito dal 2012 al 2024 fa parte degli staff di Coventry City, Sheffield United, Brentford, Manchester City e Birmingham City. Figuriamoci adesso che è al timone, chissà ancora per quanto, di una squadra tutta sua. Perché no? È indubbio che per essere il commissario tecnico della nazionale inglese non sia sufficiente solo un’elevata preparazione calcistica. L’allenatore dell’Inghilterra è molto di più. È un incarico istituzionale che potrebbe avere una stanza a Downing Street. L’allenatore dell’Inghilterra deve essere pronto a rispondere a un’infinità di domande extracalcistiche. È un uomo che parla alla nazione. A cui viene chiesta un’opinione sullo stato del Paese, su dinamiche sociali, spesso delicate. L’allenatore della nazionale inglese deve dosare ogni singola parola, non può permettersi uscite a vuoto. In campo ma soprattutto fuori. In questo Southgate era perfetto. Per questo è durato tanto a lungo. A dimostrazione di quanto appena esposto, non poteva esserci esordio peggiore per Carsley. La prima partita alla guida della nazionale non sarà tanto ricordata per la vittoria , quanto per il mancato canto di God Save The King al momento degli inni. Il momento è già sacro di per sé, figuriamoci contro l’Irlanda. A Dublino. Era la notizia della vigilia, quando nella conferenza stampa di presentazione Carsley aveva preannunciato che non avrebbe cantato l’inno contro l’Irlanda e non lo avrebbe fatto nelle partite a venire. Inglese, ma irlandese per via del nonno. Chi ha vissuto gli sfiancanti decenni dei Troubles sa quanto la questione sia delicata e mai del tutto risolta. La scelta di Carsley è comprensibile e coraggiosa, ma ha alzato un polverone popolare senza precedenti. Molti tifosi hanno già espresso un profondo malumore verso Carsley, accusandolo di mancanza di rispetto. A irrigidire la sua posizione ci hanno pensato i media. Per il Telegraph, Carsley “non può aspettarsi di continuare a essere il commissario tecnico dell’Inghilterra senza cantare l’inno” mentre il Daily Mail, quotidiano da sempre molto vicino ai conservatori con tinte nazionaliste molto marcate, ha auspicato l’esonero in tempo reale al momento del fischio d’inizio . Analizzando la reazione dei media, ci si rende conto che il ruolo del commissario tecnico della nazionale inglese abbia a che fare con il calcio solo relativamente. E qui assume ancora più valore la reazione di Sven Goran Eriksson nel momento in cui gli fu comunicato l’interesse della nazionale: “La panchina dell’Inghilterra? Ma non è possibile! Per quella devi essere inglese”. Sven ce la fece, e dopo di lui, Fabio Capello. Ma per uno straniero quella panchina scotta di più. Figuriamoci per un irlandese che tra le altre cose non canta nemmeno l’inno.