Perché Dimash vuol dire qualità

Lo chiamano Dimash, come fosse la marca di un detersivo che ripulisce palloni e li trasforma in gol spettacolari e azioni ariose. Un soprannome che Federico veste con orgoglio, come dopo lo scudetto vinto nel derby del 22 aprile, quando si presentò in zona interviste con un cappellino griffato Dimash che poi fu indossato durante tutti i festeggiamenti. Un gadget apprezzato a tal punto che molti degli invitati alla festa nel locale Duomo 21 chiesero di poterne avere un esemplare. Quello di Dimarco oramai è un marchio, sinonimo di pura qualità. E non è un caso se le due reti contro il Belgio sono nate proprio da iniziative dell’esterno nerAzzurro. Nella prima scambia con Tonali, uno-due con Pellegrini, e poi va al cross per il gol di Cambiaso. Come accade nell’Inter anche in Nazionale è la sinistra la fascia sulla quale si attacca perché in quella posizione agisce un esterno che sembra un regista. Il cui mancino disegna traiettorie pericolose e difficili da leggere per gli avversari. Quasi impossibile quella che porta al gol di Retegui, frutto di un colpo di vera magia: un fendente al volo a sventagliare il campo, spostare il gioco di 50 metri in orizzontale e infilare difensore centrale ed esterno sinistro del Belgio a favore di Cambiaso, che Retegui trasformerà poi in gol dopo la difficoltosa respinta del portiere. Giocate di questa portata non rappresentano una novità per Dimash. Ecco perché alla domanda se si fosse ispirato a Calhanoglu, lui ha risposto di no senza esitazioni. Due anni fa in Champions League con un lancio simile diede il via all’azione che portò poi all’uno a zero contro il Barcellona. Una rete di Calhanoglu che proiettò l’Inter in un’altra dimensione europea, tanto da farla arrivare fino alla finale di Istanbul. Dimash oggi fa la differenza. Anche per questo, se qualcuno chiedesse a Spalletti o Inzaghi di cambiare il loro fustino biondo mancino con un altro, probabilmente entrambi rifiuterebbero. Il piccolo Federico, che qualche anno fa sembrava un anatroccolo destinato a girovagare in prestito per trovare la sua destinazione finale, oggi è cresciuto e si è trasformato in un cigno biondo, uno dei migliori al mondo nel suo ruolo. La strada percorsa però è stata lunga e tortuosa. Cresciuto nelle giovanili dell’Inter, è dovuto transitare da Ascoli, Empoli, Sion, Parma e Verona prima di tornare ad Appiano Gentile. La società, quando lo ha ceduto in Svizzera, sembrava rassegnata all’idea di aver perso uno dei figli di Interello. E, invece, proprio dal punto più basso della sua parabola, a Sion, Federico è riuscito a trovare la forza per ripartire e cominciare la sua ascesa. In quei complicati giorni svizzeri Dimash era infortunato, frattura al metatarso, aveva perso per esonero l’allenatore che lo aveva fortemente voluto, Tramezzani, ed era scivolato di fatto fuori squadra. L’Inter lo aveva appena ceduto, le prospettive erannùo decisamente fosche, e il primo istinto fu quello di mollare tutto. Poi, però, la determinazione di un ragazzo che sapeva quanto valeva gli ha dato la spinta per rimettersi in gioco. Torna in Italia, nell’isola quasi sempre felice Parma, e comincia la risalita. Come in tutte le favole ci vuole anche l’incontro decisivo e la svolta arriva a Verona, dove Juric lo inventa terzo in difesa e lo rinvigorisce in testa e fisico. A quel punto, dopo l’altra parentesi tra Parma e Verona, il ritorno a Milano è definitivo. Con Inzaghi acquisisce ancora più fiducia ma è Mancini in Nazionale a riportarlo esterno alto. Cross a ripetizione. Calci piazzati, angoli e punizioni. E poi gol, quelli impossibili che piacciono a lui. Devastante. Col lavoro arrivano anche altri frutti, quelli più succosi, i primi trofei. Coppa Italia e Supercoppa . La finale di Istanbul e il premio Uefa come miglior esterno sinistro della stagione di Champions. Rimane la macchia dello scudetto, perso per un soffio al primo anno di Inzaghi. Dimarco diventa l’anima dello spogliatoio. Carica i compagni. E in campo raggiunge una maturità mai vista prima. Oltre a sfoderare i soliti colpi impossibili della casa. Insieme a Lautaro, Thuram, Calhanoglu, Barella e Bastoni diventa uno dei grandi protagonisti dello scudetto della stella. Il sogno diventa realtà. Dimash, peró, non si ferma. D’altronde, come potrebbe. In questo inizio di stagione mette insieme assist , cross decisivi e il gol nel derby. Una gioia rovinata dalla sconfitta finale ma che non va dimenticata. Con la Nazionale, dopo un Europeo deludente, regala nuove magie: con la Francia rete spettacolare e poi le azioni col Belgio. Tutte cose che all’Inter conoscono bene. Perché questo è Federico Dimarco, detto Dimash, che più biondo non si può.