A Grizou s’è spenta la fiamma: l’addio di Antoine Griezmann alla nazionale francese

"Antoine était et restera un monument du football français, l’un des plus grands joueurs de son histoire." – Didier Deschamps È passato quasi sottotraccia, ma come a volte capita a certi momenti-spartiacque della storia, di qualunque Storia, è col sempre infallibile senno del poi che se ne comprendono appieno effetti e portata. Il 30 settembre 2024 Antoine Griezmann ha detto addio ai Bleus da miglior assistman , quarto sia per presenze - dopo Hugo Lloris , Lilian Thuram e Olivier Giroud - sia per gol - dietro Giroud , Thierry Henry e Kylian Mbappé - nella storia della nazionale francese. Quella maglia, per lui una sorta di seconda pelle, l’ha indossata in tutto 163 volte, contando anche le giovanili: 7 nella U19, 8 con la Under 20, 11 con la espoirs . In bacheca: il mondiale di Russia 2018, la Nations League del 2021 e l’Europeo U19 in casa nel 2010. Più, anche se non entrano nel palmarès, altre due finali: quella mondiale a Qatar 2022 persa con l’Argentina ai rigori e quella dell’Europeo casalingo del 2016 . Magari non equestre, specie per la fine che oltralpe storicamente han fatto certi condottieri, ma ce ne ne sarebbe abbastanza per fargli un monumento. Eppure, Griezmann è spesso stato, o apparso, o dipinto, come un sottovalutato. E senza un vero perché. La sindrome-Ocaña: forestiero dentro O forse sì, due in uno: troppo 'spagnolo' per sentirlo francese, troppo francese per sentirsi spagnolo. Una sorta di versione calcistica e moderna della sindrome-Luis Ocaña: il compianto eroe tragico, l’anti-Merckx nato in miseria nella castigliana Priego e cresciuto, tra i Cinquanta e i Sessanta, nel povero sud della Francia, prima a Magnan e poi a Barcellonne-du-Gers. Sempre forestiero nell’anima, di qua e di là del confine, fino all’atto più estremo, fra i suoi vigneti d’Armagnac. Eccetto per le ristrettezze, e fatte le debite proporzioni, è sempre stato così anche per tutta la carriera di Grizou. Eppure, in pochi come Le Petit Diable hanno sentito ardere dentro, così vivido e a lungo, il sacro fuoco per la nazionale. A volte, per eccesso di attaccamento alla maglia, in modo persino autolesionistico: giocando magari fuori ruolo, per adattarsi a compagni più glamour e meno duttili, o giù di condizione, vuoi per fisiologici cali di forma o perché reduci da infortuni. Quando la patria calcistica chiamava, specie quando più contava, Griezmann c’era sempre. A volte, pure troppo. E nessuno lo sa meglio di Didier Deschamps, per lui un padre putativo calcistico più ancora che suo storico Ct. "Antoine a toujours fait honneur au football et au maillot bleu, il n’a jamais triché. Du fond du coeur, merci pour tout, mon Grizou". – Didier Deschamps Nel 2005, durante un provino per il Montpellier, il 14enne Griezmann aveva giocato a Parigi un’amichevole contro una formazione giovanile del Paris Saint-Germain in Paris. Caso volle che sugli spalti vi fossero degli scout della Real Sociedad, che guardandolo ne rimasero folgorati. Dopo la partita, gli offrirono una settimana di prova a San Sebastián, Antoine accettò. E una volta là, gliene offrirono una seconda. Accettata pure quella, il club per ingaggiarlo contattò i genitori, che, pur riluttanti a lasciarlo andare via così giovane dalla natia Mâcon , nel dipartimento della Saône-et-Loire. E così, l’erede di lontani antenati tedeschi di papà Alain , e portoghesi da parte di mamma Isabelle , sarebbe divenuto mezzo spagnolo. Non solo per l’intera carriera spesa fra Real Sociedad, Barcellona, Atletico Madrid. Ma anche per formazione, che lo avrebbe reso convocabile anche dalle Furie Rosse in uno dei più grandi What if del calcio moderno. A scanso di equivoci, ipotesi mai nemmeno presa in seria considerazione dal futuro Grizou. Francia o Spagna… purché Grizou Questa, nel comunicato ufficiale della Federcalcio francese, la reazione del Ct Deschamps il giorno stesso dell’addio di Griezmann ai Bleus: "Dopo una lunga e attenta riflessione, Antoine ha deciso di porre fine alla sua magnifica carriera internazionale – si legge nel comunicato federale che riporta le dichiarazioni ufficiali di DD –. Ne abbiamo discusso a lungo di recente. Da quando ha esordito con la Nazionale francese, dieci anni fa, tra me e lui c’è sempre stato un rapporto di fiducia e di franchezza. Non è mai facile dire addio alla Nazionale. Soprattutto quando l’hai rappresentata, l’hai incarnata, così bene. Servono coraggio, lucidità e onestà e ad Antoine, nella sua analisi, nulla di tutto questo è mai mancato. È tutto merito suo. Anche se la sua carriera di club non è certo terminata, Antoine è stato e rimarrà un monumento del calcio francese, uno dei più grandi giocatori della sua storia. Oltre ai suoi 44 gol e 30 assist, il suo contributo ai risultati che abbiamo ottenuto nell'ultimo decennio è immenso. Animato da uno spirito collettivo in ogni momento e da un altruismo raro tra gli attaccanti, Antoine ha sempre reso onore al calcio e alla maglia bleu. Non ha mai barato. Naturalmente, è con grande emozione che prendo atto del suo ritiro dalla nazionale. Si è detto spesso che Antoine era il mio prediletto. Avevamo davvero creato un rapporto molto forte, che rimarrà intatto. Dal profondo del cuore, grazie di tutto, mio Grizou". Griezmann, a 33 anni, ha detto stop alla maglia dei Blues dopo la sconfitta in casa contro l’Italia nella partita di andata del girone di Nations League. E l’annuncio è arrivato dopo il triste 1-1 del suo Atlético nel derby madrileno di Liga contro il Real. Triste non tanto per la qualità del gioco espresso, quanto per gli incidenti che ne hanno funestato l’entorno, per dirla alla spagnola. Griezmann la nazionale l’ha lasciata "con il cuore pieno di ricordi", ma la verità 'vera', è che non gli 'apparteneva' più già tempo. E così il suo nuovo status. Le stagioni del cuore La decisione gli stava maturando nel profondo da settimane. E forse il seme gli si era piantato, forse conficcato dentro, già dal marzo 2023, quando, ritiratosi Hugo Lloris, la fascia di capitano era finita al braccio del più giovane e più glam ma certo meno altruista Kylian Mbappé. Per Antonie quel simbolo sarebbe stato il degno, e ai suoi occhi quasi consequenziale, coronamento di un’intera carriera spesa al servizio della causa. Non riceverla, al di là dell’ufficialità delle dichiarazioni, era stato un duro colpo. Con la visione d’insieme del poi, l’inizio della fine. Grizou, però, da professionista integerrimo oltre che primo tifoso della nazionale, aveva rispettato la decisione del Ct . Al punto da aprire lui le marcature, alla prima uscita della nuova èra: 4-0 sui Paesi Bassi, lo scorso 24 marzo, con assist del suo nuovo capitano e relativa esultanza come se nulla fosse. Tutto, griezmannianamente normale: segno, e siamo felici. Ma poi, dopo il deludentissimo Euro2024 , oltre al suo già traballante status sentiva messo in discussione pure il suo posto da titolare, sin lì inamovibile o quasi. Fascia-flop-titolarità: un po’ troppo per uno col suo passato, e alla sua età. Valeva davvero ancora la pena, contro il cynaresco logorio del calcio moderno, rispondere alle convocazioni extra-club per magari restarsene in fondo alla panchina in chissà quale remota trasferta internazionale? E foss’anche, avrebbe più aggiunto o invece più tolto qualcosa all’immagine, al ricordo, della sua meravigliosa storia d’amore con quella maglia? "On était tous surpris et on a vécu cela comme un coup de tonnerre". – Didier Deschamps Nel blu dipinto di Blues Dopo l’Europeo, il quarto marcatore ogni epoca della Francia si era preso del tempo per riflettere. Non voleva agire d’impulso, sull’onda – sempre ingannevole – dell’emotività. E col rischio magari di naufragare nella nostalgia, e dunque pentirsi se non proprio ripensarci. Si era però aperto con Maud, la sorella-procuratore-confidente alla quale aveva confidato i propri sentimenti. E dopo un’estate di silenzi, in vista della sfida del 6 settembre, rieccolo presente al centro tecnico di Clairefontaine, la Coverciano d’oltralpe. Pronto, come sempre, a un nuovo inizio. Ormai però senza più i vecchi compagni. Non solo Lloris, ma pure Olivier Giroud, due dei suoi migliori amici di nazionale. Gli altri erano tutti nuovi o comunque più giovani. Non che si sentisse un pesce fuor d’acqua, non sarebbe stato da pompiere Grizou. Ma neppure nella sua comfort zone ideale. Come non bastasse, anche i muri dello spogliatoio – e figuriamoci i suiveur – avevano subodorato che, contro gli azzurri , non sarebbe partito titolare. Poi però ci aveva messo lo zampino la sorte, sotto forma di malanno del prescelto Randal Kolo Muani, a rimettere Griezmann nell’undici iniziale. Ma mal gliene incolse: perché quella vista al 'Parc des Princes' di Parigi fu una delle più brutte Francia viste nella gestione-Deschamps: 1-3 per gli spallettiani del nuovo corso, aperto dalla rimonta firmata Federico Dimarco , Davide Frattesi e Giacomo Raspadori dopo lo choc iniziale di Bradley Barcola. Griezmann, mai in partita da trequartista centrale affiancato da Michael Olise e Barcola e tutti dietro la prima punta Mbappé, uscirà al 77’ per Marcus Thuram. Un risultato, il 3-1 fra 'cugini', ricorrente e mai banale. Ne buttiamo lì alcuni, di cui due degli ultimi tre consecutivi . Sempre il 6 settembre, ma del 2006 e allo Stade De France. Qualificazioni europee, e memorabile ripassata subita dagli azzurri neocampioni del mondo ma ora in mano al nuovo Ct Roberto Donadoni, successore di Marcello Lippi, nella rivincita della freschissima finale mondiale di Berlino. Per la truppa del non troppo simpatico Raymond Domenech, doppietta di Sidney Govou inframmezzata dal raddoppio di 'Titì' Henry , per noi illusorio 2-1 di Alberto Gilardino imbeccato da Andrea Pirlo. Amichevole al 'San Nicola' di Bari, 1° settembre 2016: il 352 di Giampiero Ventura viene travolto dal 433 di Deschamps, con Griezmann ala destra nel tridente con l’amico Giroud al centro e Anthony Martial a sinistra. Proprio a Martial risponde Graziano Pellé , prima del tracollo: assist e gol di Layvin Kurzawa . Second-last but not least, quello alla Allianz Riviera di Nizza, 1° giugno 2018: seconda amichevole della gestione-Roberto Mancini. Samuel Umtiti apre in tap-in su tiro di Mbappé. Griezmann stavolta gioca centravanti, e ci segna il 2-0 su rigore per fallo su Lucas Hernández. Altro-tap in ma di Leonardo Bonucci su conclusione di Mario Balotelli, e chiusura di Ousmane Dembelé. Riassumendo, un corso accelerato e completo di Griezmannite: dove lo metti sta. "J’ai toujours envie de jouer, de représenter la France et après, ce sera à Deschamps de choisir. Je suis toujours heureux". – Antoine Griezmann Atlético ma non troppo Tornando all’ultimo Francia-Italia dello scorso 6 settembre, i Bleus si sono poi parzialmente ripresi vincendo 2-0 il derby del 9 settembre con gli altri cugini, il Belgio. Recuperato e partito titolare Muani, Griezmann stavolta era subentrato al 79’ per il neolaziale Mattéo Guendouzi, schierato come interno sinistro nel 433 e in un centrocampo più di quantità che di qualità. Antoine, anche in quella veste, come sempre aveva risposto presente. Una volta rientrato da Lione a Madrid però, si era sentito più 'stanco' del solito. E certo non per quegli 11’ finali più recupero trascorsi in campo. Griezmann, come già all’Europeo tedesco, era entrato da riserva, come non gli capitava da quando è diventato 'Grizou', il nuovo idolo di Francia. E recordman per presenze consecutive coi Bleus, 84, striscia aperta dopo l’ultima panchina in amichevole vinta 3-2 allo Stade de France contro l’Inghilterra del 13 giugno 2017, e interrotta lo scorso marzo dopo la distorsione a una caviglia subita al 78’ contro l’Inter nell’andata degli ottavi di Champions League. Il ritorno, 5-3 dei colchoneros ai rigori, lo giocò tutto e segnò l’1-1. Poi, nella serie dal dischetto da eventuale quinto, di lui non ci fu bisogno. Piccolo inciso autoreferenziale da suiveur. Della dilagante Grizou-mania, siamo stati testimoni diretti quando era forse al culmine della sua parabola da montagne russe, e contagiava tutto il Paese. Nell’estate 2017, Griezmann veniva da una stagione deludente e fra i tifosi era ancora vivo il ricordo dei suoi due palloni persi poi costati ai Bleus l’eliminazione al Mondiale 2014 e all’Europeo 2016. Eppure, persino nelle tre settimane di religiosa occupazione dell’etere da parte del Tour de France, su ogni emittente nazionale impazzava il volto delicato e gentile, quasi efebico, di Griezmann. Idolo delle folle, non solo delle groupies. La sua immagine da fotomodello era anche quella della Francia stessa. Certo non al Tour, ma perlomeno nel football, bella e vincente. E che infatti, l’estate successiva, con lui e Pogba come coeur émotionnel della squadra salirà in cima al mondo a Russia 2018. Fine dell’inciso. Nell’intervista di Téléfoot alla vigilia della partita, dunque l’8 settembre, aveva dichiarato di "avoir toujours envie de jouer, de représenter la France". Ma forse quel suo "ho ancora voglio di giocare e di rappresentare la Francia, poi spetterà a Deschamps decidere. Io sono sereno" nascondeva una stanchezza più profonda, e che poco o nulla aveva a che fare con i minuti giocati. Sapeva, dentro di sé, di star solo procrastinando l’ineluttabile. Pochi giorni dopo il rientro in Spagna, come fatto subito dopo l’Europeo, aveva telefonato a Maud per dirle che lasciare la nazionale era un’idea che stava cominciando a considerare. In un passato che forse mai come in quel momento doveva apparirgli maledettamente lontano, per lui la nazionale era stata una salutare, rinfrescante boccata d’ossigeno, quando magari l’atmosfera all’Atlético – vuoi per situazioni tecniche o ambientali – gli apparisse pesante, frustrante. Ma ora gli stava accadendo, o comunque così lo percepiva, il contrario. "Après dix années incroyables marquées par les défis, les succès et des moments inoubliables, il est temps pour moi de tourner une page et de laisser place à la nouvelle génération». – Antoine Griezmann Così è se non vi appare Fuori del suo piccolo mondo antico , però, nessuno – neanche all’Atlético – ne conosceva le intenzioni. E una volta uscita, la storia di Griezmann che lascia la nazionale era una notiziona, e comunque – per quanto nell’aria, un fulmine a ciel sereno. Se non altro perché comunicata sì al via di un nuovo ciclo ma quando era appunto appena iniziato. Abbastanza prevedibile quindi che modi e tempi scatenassero, se non le malelingue, i malpensanti: se Deschamps lo avesse confermato titolare, o ne avrebbe fatto – magari da chioccia part-time – un perno della ricostruzione, Antoine l’avrebbe lasciata lo stesso? La controprova non c’è. Quel che sappiamo è che il giocatore si era preso qualche giorno per vedere se magari si trattava di una sensazione passeggera: non lo era. E come in tante storie d’amore, è difficile che alle pause di riflessione segua un lieto fine. Grizou dentro di sé aveva deciso: gli si era spenta la fiamma. Quanto al tempismo, era stato studiato per non interferire con la successiva tornata di convocazioni. Era stata una decisione difficile, sofferta, ma ponderata. Era stata concordata alla fine della settimana precedente, con l’intenzione di renderla pubblica qualche giorno prima di diramare la lista. Il 30 settembre, all’indomani mattina dell’1-1 col Real Madrid, Guy Stéphan, vice di Deschamps, aveva assistito all’allenamento dell’Atlético per verificare le condizioni dei nazionali francesi – oltre a Griezmann, Aurélien Tchouaméni e Ferland Mendy – e poi Antoine aveva chiamato il Ct per comunicargli la propria decisione. "Siamo rimasti tutti sorpresi, è stato come un fulmine a ciel sereno", avrebbe confidato Deschamps, secondo Le Figaro, a un membro del suo staff in nazionale. Il buon Didier, come tutta la Francia, se l’aspettava. Perlomeno, non là e allora, ma poi si era reso conto che nulla poteva fare per fargli cambiare idea. 'Grizou' gli aveva parlato di logorio, della sua necessità di vedere crescere i tre figli e della mancanza di stimoli davanti all’idea di spingersi fino al Mondiale nordamericano del 2026. Una volta parlato con il Ct, l’annuncio – alle 10:49 di quel lunedì di profondo Bleu – era poi stato dato in pasto ai social: "Dopo dieci anni straordinari, segnati da sfide, successi e momenti indimenticabili, è giunto per me il momento di voltare pagina e lasciare spazio alla nuova generazione. E ci tengo a dire quanto sono orgoglioso di essere francese". Ripensandoci, avremmo dovuto intuire tutto già da quel suo improvvisato e sorprendente giro d’onore davanti ai 44.956 del Parco dei Principi, con i suoi compagni già negli spogliatoi dopo l’inopinata batosta contro la nuova Italia di Spalletti, ancora incerottata per le ferite di un Europeo ignominioso. È che non eravamo pronti. E come ha sempre fatto in campo, ha bruciato tutti sul tempo, ci ha presi d’infilata. Dopo dieci anni, difficile anche solo immaginare Griezmann senza la Francia e una Francia senza più Griezmann. Merci per le mille bolle bleus, Grizou.