Arrendiamoci! Una moratoria sulle terze e quarte maglie nel calcio

Arrendiamoci! Ma non senza esprimere civile dissenso per la deriva delle terze e quarte maglie. Nello scorso fine settimana, con sincero e felice stupore ho visto che Juventus ed Atalanta si sono presentate alla tenzone con le loro prime divise. Un segnale di speranza per tutti noi nati con le voci di Ameri e Ciotti e oggi costretti ad accettare di vedere squadre disegnate da grafici senza scrupoli e a volte con un gusto discutibile. La pietra dello scandalo, se così vogliamo chiamarla certi di esagerare, è stata la quarta del Milan in casa contro la Lazio di un paio di giornate fa. Lo stridore tra lo striscione ‘Solo per la maglia’ che campeggiava triste e solitario in curva sud faceva letteralmente a pugni con quello che gli undici in campo per la squadra di Milano esibivano davanti alle telecamere e a qualche sbigottito sostenitore. Poi abbiamo saputo che tutte quelle maglie sono state vendute e che quindi l’operazione, di puro marketing, è decisamente riuscita. Allora serve uno scatto di lungimiranza e una sana accettazione dei tempi che non stanno cambiando, sono già inesorabilmente cambiati. Vanno quindi dette alcune cose in maniera chiara. La prima è che il ‘tutto esaurito’ è un concetto molto relativo. Se metti in vendita pochi esemplari, esaurirli tutti può non voler dire granché. Va inoltre analizzato il motivo di una scelta cromatica del genere. E non è difficile riscontrarlo nel desiderio di andare a soddisfare una nicchia di mercato, quella dei ragazzini e in generale di chi gradisce il cosiddetto abbigliamento da strada, che vuole chiaramente smarcarsi dai colori classici che hanno fatto innamorare i loro genitori/zii/nonni. È davvero una questione socio-anagrafico-generazionale. E noi con qualche spruzzata di grigio in testa dobbiamo necessariamente accettare che questo progresso vada in quella direzione. Noi che le magliette non le indosseremmo mai per strada. Altro fattore di grande impatto: l’estero. Da noi in Italia si vedono pochissime magliette indossate nel tempo libero. Si preferisce tenerle nei cassetti o incorniciarle. Forse si tratta di un retaggio di un antico malvezzo di guardare di traverso qualcuno che indossa una divisa non esattamente amica del nostro cuore. Quindi si preferisce evitare guai. Altrove con tutta probabilità è diverso e non è un caso che a passeggio per le nostre strade ci siano molti più simboli dei Los Angeles Lakers che di Juve/Milan/Inter. C’è poi il non trascurabile mercato dei collezionisti. Persone che la maglietta nemmeno la tolgono dal cellophane. Per loro conta averla, a prescindere. Non parliamo poi delle tirature limitate, divise pensate per una specifica ricorrenza che si esauriscono in pochi click. È un mercato principalmente on-line e basato su acquisti che arrivano dall’estero. La discutibile quarta maglia del Milan è stata venduta tantissimo in Messico con il nome di Gimenez. La partita era a un orario favorevole per il mercato americano e gli ordini sono partiti copiosi. Non va trascurato nemmeno il fatto che sono sempre statunitensi le proprietà straniere delle società di calcio italiane. La cultura yankee per il feticcio è storicamente molto solida e oltre Atlantico producono in serie divise sempre diverse con obiettivo di vendere a raffica. Spesso riuscendoci. E l’ortodossia delle colorazioni originali? Non è sparita del tutto e non sparirà mai. Possiamo stare tranquilli. Ogni tanto ci toccherà vedere squadre in campo domandandoci cosa abbia ispirato i designer e in quali quantità. Ma tutto sommato si tratta di una sopportazione ancora accettabile. Soprattutto se con il ricavato le società, che ogni volta che firmano un contratto di sponsorizzazione concedono alcuni slot alla creatività dei partner commerciali, potranno dare un po’ di ossigeno alle loro casse.

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