Storie di Champions: da Zagabria a Dublino, la lezione di una sconfitta

Non era la prima volta a Zagabria. Si era giocato in un'altra Europa il 3 ottobre 1990, pochi mesi dopo i gravi disordini tra tifosi in Dinamo-Stella Rossa, quando un giovanissimo Zvonimir Boban reagì colpendo un agente della Polizia Federale e diventando un eroe nazionale croato. Fu escluso dai Mondiali in Italia, ma rientrò e segnò nell'1-1 del primo turno di Coppa Uefa superato dall'Atalanta con Evair. A distanza di 29 anni non c'è più traccia della Jugoslavia, spazzata via da una guerra straziante e fratricida, mentre la Dea torna al Maksimir per uno storico debutto: quello in Champions League. Se i bergamaschi si erano già avventurati nelle competizioni Uefa, sfiorando addirittura una clamorosa finale in Coppa delle Coppe da iscritti in Serie B, la qualificazione alla Champions fu il primo grande traguardo europeo dell'era Gasperini dopo il terzo posto del campionato precedente, una finale di Coppa Italia persa e quella che sarà la squadra più bella mai vista a Bergamo. Può solo immaginarlo il Gasp, nominato cittadino onorario una manciata di giorni prima, che in estate perde Kessié, Petagna e Cristante ma allestisce un attacco da oltre 100 gol in stagione. Riscattato Zapata, arrivano Muriel e Malinovskyi che si aggiungono alla fantasia di Gomez e Ilicic oltre ai jolly Gosens e Pasalic. Ecco perché alla vigilia in Croazia c'è fiducia e speranza: "Siamo curiosi di confrontarci con il meglio d'Europa - spiega l'allenatore -, però non siamo venuti fin qui per snaturarci. Siamo pronti con una preparazione adeguata". Li attendono i campioni nazionali, dove trovano posto vecchie e future conoscenze italiane come mister Bjelica, il centravanti Petkovic e i promettenti Moro e Stojanovic. Ma il più quotato è un ragazzo cresciuto alla Masia e diventato grande lontano da Barcellona: si chiama Dani Olmo, ha 21 anni, era stato ceduto come parziale contropartita di Halilovic e a casa ci tornerà qualche anno dopo a cifre astronomiche da campione d'Europa con la Spagna. Una prima volta anche per gli oltre 3mila partiti da Bergamo, in viaggio tra mezzi privati e una carovana di 40 pullman, che prendono d'assalto il Dinamo store a Gornji Grad senza alcuna ostilità ma per fare scorta di sciarpe commemorative. Alcuni sostenitori raggiungono lo stadio solo al minuto 15 per via dei rigorosi controlli delle autorità alla frontiera: si perdono così la musichetta più attesa, quando in quel momento il tabellone del Maksimir ha già ritoccato il vantaggio della Dinamo con Leovac servito da Stojanovic. Gol da quinto a quinto, proprio un marchio di fabbrica della Dea che subisce il ritmo, la corsa e l'aggressività abituata a imporre in Italia. Olmo inventa da mezzala, one-man-show che concede la ribalta a Mislav Orsic: 26 anni, un passaggio anonimo allo Spezia e uno da superstar in Corea del Sud, giramondo che fa sfracelli sbucando da tutte le parti e ne segna tre a Gollini. Non fu un abbaglio di fine estate: si ripeterà l'anno seguente contro il Tottenham di Mourinho. La "Atalante", come era nominata dai croati, spegne la luce. E quando termina il blackout è 4-0. "Ci hanno superati in ogni aspetto, andavano al doppio di noi - ammette Gasperini -. Queste partite ci devono insegnare qualcosa da mettere in pratica, altrimenti non serve a nulla arrivare a questi livelli. È stata una gara mai in discussione e dura da digerire". Un pensiero in linea con quello di De Roon: "Ci hanno presi a schiaffi, è stata una lezione incredibile". Insomma, l'Atalanta schiacciasassi in Italia esce con le ossa rotte dalla prima trasferta in Champions. E contro l'avversaria meno attrezzata di un girone completato da Manchester City e Shakhtar Donetsk, altre due reduci dal titolo vinto in patria. Si può ancora fare? Strada che diventa sempre più in salita dopo la beffa a San Siro contro gli ucraini e un'altra batosta, la manita rifilata da Guardiola che solo dopo il secondo round regalerà la citazione diventata storia: "Affrontare l'Atalanta è come andare dal dentista, si soffre sempre". Già, perché la musica cambia obbligando al pareggio gli inglesi. "Non siamo più quelli di Zagabria", ripete il gruppo che crede nel miracolo diventato realtà negli ultimi 180 minuti: Muriel e Gomez vendicano le sberle al Maksimir, capolavoro completato a Charkiv battendo 3-0 lo Shakhtar. Tre sconfitte iniziali e poi il passaggio del girone di Champions: solo il Newcastle ci era riuscito 17 anni prima proprio come i nerazzurri. "A m'sarèss mia de Cèmpions?", si chiedono i tifosi. Letteralmente: "E non saremmo da Champions?". Un'avventura in Europa che proseguirà al Mestalla, dove brilla il talento di Ilicic, mentre l'emergenza Coronavirus spaventa il mondo e si accanisce sulla provincia di Bergamo. Per riprendere il cammino si dovranno attendere cinque mesi, quarti di finale in gara unica a Lisbona dove lo sgambetto ai campionissimi del Psg riesce solo fino al minuto 89: Marquinhos e Choupo-Moting spezzano il sogno di una città intera. Qua finisce il primo ballo della Dea tra le grandi d'Europa, notti che erano iniziate con il peggiore degli highlights. Un vero insegnamento per il futuro come diceva Gasperini: quale Atalanta avremmo visto altrimenti a Valencia o a Liverpool ma anche ad Amsterdam, Leverkusen e Lisbona? E soprattutto a Dublino. Perché quella sconfitta a Zagabria ha cambiato tutto.