Real Madrid, tutto l'oro (come il pallone) di Vinicius Jr

Vinícius José Paixão de Oliveira Júnior arriva al Real Madrid a 18 anni, prelevato dal Flamengo per 45 milioni di euro, in un’operazione chiusa tempo prima, quando ancora era minorenne, in pieno stile Real Madrid. 13 maggio 2017, la data esatta della firma, ben 10 giorni prima dell’annuncio ufficiale, come ci raccontò lo stesso Vinicius dopo la finale di Champions vinta a Wembley per 2-0 contro il Borussia anche grazie a un suo gol. Arriva nell’ estate in cui Cristiano Ronaldo lascia Madrid per la Juventus, ma non ne raccoglie subito l’eredità. Di certo non il numero di maglia. Il Bernabeu all’inizio lo fischia, addirittura. Dribblare dribblava già come dribbla adesso, ma sotto porta non era sempre così lucido e concreto. Per cambiare la storia, e anche il rapporto coi tifosi, serve un incontro, che puntuale arriva quando al Real Madrid torna Carlo Ancelotti. Da un giocatore già speciale ma episodico, accusato di entrare ed uscire dalle partite, oggi Vinicius è diventato l’uomo che le distrugge. Come successo di nuovo contro il nuovo Borussia Dortmund. Il Real Madrid è sotto di 2 gol al Bernabeu, Rudiger lancia la rimonta segnando il primo gol ma il re della festa diventa ben presto lui, Vinicius. Ne segna tre, due da pallone d’oro, proprio a pochi giorni dall’ assegnazione del premio più ambito. In Spagna sono certi, lo vincerà lui. E lui, per presentarsi nel migliore dei modi e cercare di sgombrare il campo dagli equivoci, si regala la sua prima tripletta in Champions League. Il passo è compiuto: Vinicius oggi è il fuoriclasse che prometteva di essere. E proprio in quel dolce e sentito abbraccio con Ancelotti dopo il secondo gol c’è un po’ tutto: il Real che vince quando un’altra partita sembrava persa, l’ennesima rimonta magica al Bernabeu, la consapevolezza che il Pallone d’Oro in arrivo sia merito anche dell’incontro con re Carlo. 3, 5, 6: sono i gol segnati nelle stagioni con Lopetegui, Zidane e Solari. 22, 23, 24 quelli realizzati da quando è arrivato Ancelotti. Oggi uno tra i più convinti sostenitori della causa Vinicius Pallone d’Oro. Endorsment che ha più valore non perché sia il suo allenatore a dirlo ma perché sia l’allenatore di ben 6 pretendenti a sostenerlo: il Real Madrid ha 6 stelle tra le 30 candidate al premio individuale più importante e per Carlo Ancelotti lo merita proprio Vinicius. L’ultimo brasiliano a vincere il Pallone d’Oro fu Kakà, anno domini 2007, allenato allora sempre da Ancelotti che a Sky Sport ha rivelato: “Proprio come Kakà Vinicius ha vinto la Champions e ha fatto gol in semifinale. Anzi, Vinicius in più ha segnato anche in finale, cosa che Kakà non aveva fatto perché due gol li aveva fatti Inzaghi”. Vinicius oggi segna tanto e nel momento giusto, la pressione lo carica e lo stimola. Ma, come detto, ha passato momenti difficili tra fischi e critiche non solo della stampa ma anche dei propri compagni. Ottobre 2020. Intervallo di Borussia Moenchengladbach-Real Madrid, ultima partita della fase a gironi. Le telecamere sotto al tunnel intercettano le parole di Benzema a Mendy: “Non passargli la palla, sta giocando contro di noi”. Il soggetto in questione è ovviamente lui, il brasiliano. A quattro anni di distanza, però, è lo stesso Benzema a invocare il Pallone d’Oro per il suo ex compagno di squadra, commentando il post di Vini, come lo chiamano i compagni. Emoticon di approvazione da parte di tutti i colleghi del Real Madrid, compreso Kylian Mbappè. Che, proprio come Vinicius, ama la fascia sinistra, ormai però proprietà assoluta del brasiliano numero 7, che, guarda un po’, quel numero che all’inizio non ha ereditato adesso sorride sulle sue spalle. Un bacio 'al escudo', allo stemma, dopo ogni gol. Dichiarazioni d’ amore continue per il club che lo ha voluto, per il presidente che lo ha difeso in ogni occasione: Florentino Perez. “Voglio restare per sempre qui”, dice continuamente, in un mondo e in un’epoca in cui il “per sempre” è diventato ancora più impegnativo. Vinicius è diventato anche il simbolo della lotta al razzismo dopo essere stato molte, troppe volte, vittima degli insulti degli stadi spagnoli. Al centro delle critiche per il suo essere a volte sopra le righe o per il suo atteggiamento quasi sprezzante nei confronti degli avversari. Quel che è certo è che catalizza l’attenzione: soprattutto quando in campo si inventa dal nulla gol da fuoriclasse come quelli del 4-2 e del 5-2 contro il Dortmund. Giocate che spingono il Bernabeu ad urlare il suo nome e Butragueno a dire che vederlo giocare gli ha ricordato Pelè. Esce dal campo con il pallone della tripletta e il premio di MVP. Tra poche ore, a Parigi, quel pallone tra le sue mani potrebbe essere d’oro e molto più pesante.