Atalanta, una (giusta) arrabbiatura da trasformare in energia positiva

Dijmsiti placcato dai compagni per evitare che le scintille con un avversario divampino in rissa; Hien che si dispera per il torto subito ed esce dal campo quasi in lacrime; Gasperini che rientra come una furia negli spogliatoi. Pochi secondi dopo anche l’arbitro turco Halil Umut Meler, ‘scortato’ dai suoi assistenti, guadagna con passo svelto lo spogliatoio. Lo stanzino che ospita i turchi è esattamente di fronte alla postazione Sky adibita alle interviste del post match. E dista pochi metri dallo spogliatoio nerazzurro. La partita è finita da due, tre minuti al massimo. La tensione è altissima, l’aria pesante, si sentono, lontane, le urla di Gasp, i rumori di porte sbattute. Ad ‘accogliere’ il rientro dei turchi ci sono già i Percassi scesi dalla tribuna: il Presidente Antonio e i figli Luca e Stefano, la dirigenza al completo subito dietro. Lividi di rabbia, increduli per la beffa subíta. Vola qualche parola, ‘fulminano’ Meler, protetto da guardalinee, quarto uomo, addetti agli arbitri, steward in pettorina arancio SOS. I giocatori atalantini che passano da lì non sono comprensibilmente teneri nelle loro espressioni. Quando mezzora dopo escono dallo stanzino con i trolley per andarsene, gli sguardi bassi dei turchi, rivelano l’imbarazzo di chi ha realizzato, a scoppio ritardato, di averla combinata grossa, avvelenando un playoff che fino a quel momento ci aveva regalato uno spettacolo bellissimo. Non è da escludere che prima della doccia sia arrivata una lavata di capo dalla Uefa per quel fischio assurdo che ha sorpreso perfino i belgi. Gli atalantini di buona memoria si sono ricordati che Meler incrociò l’Atalanta in uno dei momenti più alti della sua storia: nell’aprile di un anno fa ad Anfield. Ma il nome di questo arbitro è legato a un episodio clamoroso avvenuto nella Super Lig turca, quando fu aggredito in campo con un pugno in faccia dal presidente dell’Ankaragucue. Di rigori dubbi, generosi, contestati e discutibili se ne vedono a grappoli, in Italia e dappertutto, per regole sempre più contorte, che ciascun arbitro interpreta a modo suo e che cambiano in continuazione, generando confusione sia in campo che fuori. Ma quello fischiato a Hien è un’illusione ottica, intollerabile in una competizione di così alto lignaggio, che attraverso la tecnologia avrebbe i mezzi per correggere anche gli abbagli. PUNTO E A CAPO Per l’Atalanta non sarà una settimana facile da gestire, soprattutto mentalmente. La testa dei nerazzurri è già proiettata alla sfida di martedì al Gewiss, ma sempre al Gewiss, sabato, arriverà il Cagliari, che richiederà un bel dispendio di energie. Gasperini dovrà essere bravo a trasformare la frustrazione di Bruges in rabbia costruttiva, ma servirà un’Atalanta diversa da quella vista in Belgio, per ribaltare il punteggio e andare agli ottavi. In questo senso, i più lucidi nel marasma del post-partita sono stati due totem dello spogliatoio come De Roon e Pasalic, che hanno spostato l’attenzione sulla prestazione non all’altezza dell’Atalanta. “Non abbiamo giocato come avremmo dovuto” hanno dichiarato con grande onestà intellettuale. Il rigore regalato non dev’essere un’attenuante: se la Dea avesse giocato da Dea, la partita l’avrebbe vinta. E’ questo il messaggio che deve attecchire nello spogliatoio di Zingonia. Hayen è stato abilissimo a ‘destrutturare’ l’Atalanta, mischiando posizioni e ruoli ai suoi, togliendo punti di riferimento ai bergamaschi, abituati a giocare uomo contro uomo a tutto campo. E in più ha coinvolto nel possesso palla un portiere esperto come Mignolet. L’ha preparata davvero bene, come aveva fatto sia con la Juve in casa a gennaio che con il Milan qualche mese fa a San Siro. Strategia che ha annullato il gap tecnico e obbligherà Gasperini a cambiare piano di battaglia al ritorno, quando il pubblico bergamasco dovrà fare la sua parte. La qualificazione è in salita, ma una squadra che ha incantato a Barcellona ha tutti i mezzi per vincere con due gol di scarto, specialmente se torneranno anche Lookman e Kolasinac. Calma e sangue freddo. Non sarà necessario imparare a correre come i pinguini, basterà giocare come Dea comanda. Ed è quasi sempre accaduto nelle grandi notti di Champions.

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