L'Eintracht è più italiano di quanto si pensi: i segreti degli avversari del Napoli

Dino. In onore di Zoff. Basterebbe questo per rendere speciale Napoli-Eintracht Francoforte per Dino Topmöller, allenatore di 44 anni chiamato Dino appunto perché suo papà era un grande ammiratore di una leggenda che a Napoli, fra l’altro, ci aveva giocato cinque stagioni. E se il cognome vi dice qualcosa sì, suo papà è Klaus Topmöller: ricciolini bianchi e la capacità, fra il 2001 e il 2003, di costruire una delle squadre più assurde nella storia del calcio. Non solo di quello tedesco. Il suo Bayer Leverkusen era stato ribattezzato Neverkusen, perché arrivava sempre in fondo alle competizioni stupendo fra gioco e talenti, ma poi non vinceva mai. Tipo la finale di Champions League 2002, quella contro il Real Madrid con il gol da antologia di Zidane. E guarda un po’ sul cammino che lo aveva portato a giocarsi la coppa a Glasgow, Klaus aveva eliminato anche la Juventus. 12 marzo 2002, Antonio Conte in campo da capitano. Ventitré anni dopo la sfida Conte-Topmöller si ripete e Dino ci arriva da esordiente in Champions. Quantomeno da capo allenatore, visto che era già stato vice di Nagelsmann al Bayern Monaco e lì giusto qualcosina sul calcio europeo la impari. A dire il vero aveva già fatto l’esperienza di affrontare una squadra italiana in Europa: stagione 2018/19, Milan-Dudelange in Europa League. Dino Topmöller era andato in un minuscolo paesino del Lussemburgo per lanciare la sua carriera, poi due anni fa la prima grande occasione: allenare un club prestigioso come l’Eintracht a Francoforte, la capitale economica della Germania. Obiettivo: rilanciare un progetto da sempre basato sulla scoperta di talenti da far crescere. E lui lo ha fatto alla grande dato che negli ultimi sei mesi il club ha incassato 170 milioni di euro dalle cessioni di Omar Marmoush, a gennaio al Manchester City, e Hugo Ekitike, in estate al Liverpool. Valorizzati dalle idee di Dino, che è una via di mezzo fra la nouvelle vague degli allenatori tedeschi e quelli più vecchio stile. Un po’ laptop trainer, l’allenatore da computer come dicono in Germania, con poca esperienza sul campo e tanto studio vedi proprio Nagelsmann, che gli aveva offerto di fargli da vice anche in nazionale ma lui ha preferito provare a camminare da solo. E poi un po’ ex giocatore, perché per esempio era passato anche proprio dall’Eintracht, dall’Augsburg e pure qualche mese al City nel 2001. Risultato? L’Eintracht Francoforte di Dino Topmöller è soprattutto pragmatico, pochissime invenzioni per stupire e tante soluzioni tattiche sempre al servizio della massima efficacia. Esempio: se mi qualifico in Champions grazie ai gol e alle giocate di uno come Ekitike, centravanti sì ma molto atipico, poi lo cedono e mi prendono Burkardt, che è alto dieci centimetri in meno e la tecnica ce l’ha nei movimenti, più che nei piedi… Beh cambio modo di giocare. E così ha fatto Topmöller, che a dire il vero sta ancora cercando la dimensione giusta per una squadra troppo in altalena in questa prima parte di stagione. Del tipo che l’Eintracht ha vinto 5-1 la prima in Champions contro il Galatasaray, per poi perdere le altre due sempre 5-1 a Madrid con l’Atletico e in casa contro il Liverpool. Oppure che martedì scorso è stato eliminato dalla coppa di Germania contro il Dortmund giocandosela alla grande, ma che si è anche fatto battere 4-3 in casa dall’Union Berlin. Contro il Napoli non ci sarà Can Uzun, classe 2005 e già la stella di una squadra che a questo ragazzo ha dato in mano le chiavi del gioco. Origini turche e concittadino di Yildiz, visto che entrambi sono nati nel sud della Baviera a Regensburg, un infortunio muscolare in Heidenheim-Eintracht di sabato scorso lo terrà fuori per un po’. A prescindere dai numeri, già 6 gol e 4 assist tanto per gradire, fin da agosto si era capito che il ragazzo aveva sfruttato bene i primi mesi di apprendistato a Francoforte della scora stagione, tanto che per dire sabato Topmöller un po’ di rotazioni le ha fatte lasciando fuori tre titolari ma non lui. Troppo importante. Occhio allora a Mario Götze, ovviamente non paragonabile a livello di dinamismo ma avercene uno con quella classe, e Ansgar Knauff, esterno d’attacco che attacca a duemila gli spazi e viene spesso cercato in verticale. Il vero problema di Topmöller però è la difesa, la seconda peggiore in Bundesliga con 19 gol in 9 partite. È vero che in mezzo gioca il capitano Robin Koch e a destra Nnamdi Collins, due che Nagelsmann con la Germania convoca sempre, ma spesso è fin troppo facile infilare i difensori dell’Eintracht alle spalle e, soprattutto, manca un portiere come si deve. In estate dopo sette anni se n’è andata la leggenda Kevin Trapp e a Francoforte si sono trovati con Kaua Santos, brasiliano di 22 anni che alterna parate da fenomeno a papere clamorose, e Michael Zetterer, 30 anni e una carriera modesta fra Bundesliga, poca, e serie inferiori. Topmöller di solito li alterna, ma al momento sembra aver scelto Zetterer come titolare. Ecco, nella storia unica di Dino Topmöller mancava solo questa: chiamarsi Dino in onore di Zoff, andare per la prima da allenatore a Napoli e non fidarsi granché dei propri portieri.

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Niccolò Omini