La notte del definitivo fallimento di questo Milan

È rimasto un piccolo spiraglio per prendersi il sesto posto che vale la Conference League ma la notte di Roma certifica il fallimento di una stagione. Non basta certo la Supercoppa alzata a Riyad agli albori della gestione Conceiçao, primo trofeo dell’era Red Bird: l’annata rossonera è stata un disastro da qualsiasi punto di vista la si voglia analizzare. La sconfitta con il Bologna nell’ultimo atto della Coppa Italia è la numero 15 in 53 partite. Il Milan ha perso dunque quasi il 30% delle partite. In un anno in cui nessuno ha corso, in un campionato in cui praticamente tutti hanno avuto la possibilità di rientrare, i rossoneri sono stati sempre ai margini della contesa. Inaccettabile per una squadra costruita potenzialmente per lottare per lo scudetto, con investimenti non banali e con un potenziale tecnico fuori discussione. Inevitabile che nel mirino della critica sia finita prima di tutto la dirigenza. Non si salva nessuno: da Ibrahimovic, nemmeno in grado di contagiare il gruppo con il suo carisma, al CEO Giorgio Furlani, costretto ad ammettere il fallimento nella notte romana. La prima scelta sotto accusa: quella di puntare su Paulo Fonseca. Allenatore che mai ha trovato la chimica giusta nello spogliatoio e la formula adeguata in campo. Il Milan è stato un caos per tutta la stagione, una squadra che ha fatto dell’incoerenza e della discontinuità un tratto distintivo. Fonseca prima e Conceiçao poi non hanno mai trovato un rimedio. L’altra grande colpa da ascrivere alla dirigenza è stata quella di non aver mai creato l’ambiente giusto perché i giocatori e l’allenatore trovassero la rotta. Il Milan ha navigato sempre nella tempesta: ricordate il cooling break dell’Olimpico in Lazio-Milan di inizio stagione? L’insubordinazione di Theo Hernandez e Rafa Leao era già il sintomo del problema. È seguito il caso dei rigori di Firenze, le continue esclusioni dei due presunti leader tecnici, proprio gli stessi Theo e Leao. Con la gestione Conceiçao è cambiato poco. La Supercoppa è stata un’illusione: la squadra ha continuato nel suo andamento schizofrenico, a volte ha ribaltato partite quasi compromesse da approcci sbagliati grazie al talento individuale e alle fiammate di squadra, ma poi puntualmente i difetti tornavano a galla. Abbiamo visto Conceiçao che insegue il suo capitano, Davide Calabria, a fine Milan-Parma, l’incredibile sconfitta di Zagabria, costata un piazzamento tra le prime 8 in Champions League, poi la surreale eliminazione con il Feyenoord, a cui i rossoneri avevano appena strappato il loro miglior giocatore, quel Santi Gimenez costato più di 30 milioni e che dopo un promettente inizio si è fatto avvolgere dalla mediocrità generale. Il rosso con secondo giallo per simulazione a Theo ha chiuso il cammino europeo ma nemmeno con la possibilità di concentrarsi solo sul campionato è apparso il vero Milan. Le tre sconfitte consecutive di fine febbraio-inizio marzo hanno di fatto chiuso anche la rincorsa al quarto posto. Restava la Coppa Italia. Si è discusso se potesse bastare aggiungere un secondo trofeo stagionale per nascondere sotto il tappeto tutta la polvere. Il Milan ha scelto di non porsi nemmeno il problema, giocando un’altra partita scialba e inconcludente anche all’Olimpico, senza nemmeno mostrare i lampi offensivi che, seppur a intermittenza, aveva mostrato lungo il cammino. Perché nella stagione rossonera ci sono state anche le vittorie del Bernabeu, i tre derby vinti , a conferma del fatto che da qualche parte i valori della squadra c’erano. E ora? Come riparte il Milan? I tifosi, infuriati, chiedono l’addio di Cardinale ma soprattutto una chiarezza che per il momento all’orizzonte non si vede. L’annuncio del DS che sembrava imminente per il momento sembra congelato. Il Bologna stesso insegna quando sia importante avere competenza nelle posizioni chiave e quanto le scelte azzeccate a livello manageriale si ripercuotano poi sul campo. Toccato il fondo si dice si possa solo risalire ma il tempo delle scelte chiare è già dietro l’angolo e i vertici rossoneri non hanno più margini di errore.

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Federico Zancan