L’Ajax non sta onorando il suo nuovo logo

John Heitinga è stato esonerato così, “con effetto immediato”, e soprattutto senza un briciolo di umanità. Scordatevi le formule a cui siamo abituati in Italia, quelle con i “migliori auguri” per il prosieguo della carriera e i “ringraziamenti per il lavoro svolto” fino a quel punto. “Il contratto sarebbe scaduto il 30 giugno 2027”, scrive l’Ajax, “ma non sarà portato a termine”. Chiaro. Diretto. Asettico. Una mancanza di sensibilità che rispecchia l’assenza di cuore, inteso però come ardore, che si sta vedendo in campo, nei giocatori. L’Ajax si è spento, insieme allo spirito-guida di Aiace Telamonio, che campeggia sul logo del club dopo una lunga battaglia dei tifosi. Partiamo dai risultati, drammatici – per un club con una così gloriosa storia alle spalle – e sotto gli occhi di tutti. Dopo nemmeno tre mesi l’Ajax è praticamente già fuori dalla Champions e lontana dalla vetta in campionato. Sei sconfitte nelle ultime undici partite tra campionato e coppa, ultima quella contro l’Utrecht dopo l’esonero di Heitinga. Un ciclo iniziato con il ko in Champions contro l’Inter , che ha portato gli olandesi a prendere altri sonori schiaffoni in Europa e a scivolare a -11 dal Psv capolista in Eredivisie. Se in patria le speranze non sono ancora del tutto perse – l’ultimo campionato buttato via proprio dall’Ajax di Farioli dovrebbe aver insegnato che non si può mai sapere – in Champions, quella Champions che gli olandesi onoravano e vincevano negli anni di Cruijff giocatore prima e di Van Gaal allenatore poi, l’Ajax è un disastro di proporzioni mai viste, addirittura ultimo in classifica con 0 punti. Che fine ha fatto quell’Ajax eroico che si ispirava al mitico Aiace? È svanito, paradossalmente proprio nell’anno in cui i giocatori sono tornati a esibirne il volto sulla maglia, dopo che i tifosi avevano vinto una decennale battaglia fatta di proteste social e non. Il riferimento è al logo del club, che l’Ajax ha cambiato proprio a partire da questa stagione, in cui festaggia il 125° compleanno, come “regalo” per quella grossa fetta di tifosi che non gradiva vedere l’eroe greco stilizzato sulle maglie della squadra. Volevano che tornasse il suo “ritratto” vintage, così come era disegnato sulle casacche biancorosse già al tramonto degli Anni Venti e fino al 1990, e l’hanno gridato con una campagna mirata accompagnata dallo slogan “Restituite il volto ad Aiace”. Battaglia che Aiace e il suo nostalgico esercito hanno vinto esattamente un anno fa – era il 17 novembre 2024 – quando l’Ajax annunciava ufficialmente il cambio di logo a partire dalla stagione 2025/26. Via dunque il logo con Aiace stilizzato e bentornato al "vero" volto di Aiace, in controtendenza in un mondo – quello dei loghi – che va sempre più verso il minimal, con stemmi facilmente riconoscibili e “vendibili” su qualsiasi tipo di prodotto. Un rebranding - ma ai tifosi dell’Ajax non dite che si chiama così. Mano alzata in ultima fila: ok, ma di preciso chi era Aiace? Breve ripasso di epica allora, e non solo per chi a scuola fosse stato distratto. Perché nonostante Aiace nell’Iliade sia spesso protagonista, a essere ricordati sono sempre i soliti: Achille, Ettore, Ulisse. Eppure Omero si era messo d’impegno per fare di Aiace un eroe con tutte le carte in regola per piacere al pubblico. Aiace viene descritto come il più imponente tra gli Achei, secondo per abilità e forza solo ad Achille, di cui era cugino. Di coraggio ne aveva da vendere, anche grazie alla preghiera di Eracle, amico di suo padre, che prima del parto chiese a Zeus di regalare al nascituro “la pelle dura come quella del leone ed equivalente coraggio”. Non fosse bastata quella del leone, Aiace si presentava in battaglia in testa ai suoi soldati portando un largo scudo di bronzo ricoperto con sette strati di pelle di bue. Nell’Iliade esce indenne da tutte le battaglie e, cosa non di poco conto, è l’unico a non ricorrere mai all’aiuto “da casa”, leggi “intervento degli dei”. Se c’è un problema, se la sbriga da solo, senza scomodare nessuno dalle nuvole. Educato dal centauro Chirone è così valoroso da costringere al “pareggio” persino il mitico Ettore, al termine di un duello durato quasi un giorno sospeso per ordine di Zeus, che stabilisce che lo scontro è pari invitando i due contendenti a scambiarsi dei doni in segno di rispetto reciproco. Ettore gli regalerà la sua spada. Ma sono tanti altri i momenti letteralmente epici in cui Aiace è protagonista . Quando Achille decide di non combattere più nella battaglia di Troia, chi è che va nella sua tenda per provare a convincerlo? Aiace. E una volta che Patroclo scende in battaglia e si fa ammazzare dai Troiani, chi è che ne recupera il corpo, rischiando la vita, per portarlo ad Achille? Sempre lui: Aiace. E ancora: dopo la morte di Achille, trafitto al tallone dalla freccia di Paride, chi è che riporta a casa il cadavere dell’ex-invincibile eroe? Esatto, Aiace. Ma stavolta con l’aiuto del furbo Ulisse. A proposito: quando sia Aiace che Ulisse, dopo la cerimonia funebre, si contendono le armi di Achille, rivendicando ognuno il diritto di averle per sé come riconoscimento per il proprio valore, chi è che la spunta dopo una lunghissima discussione? Se avete risposto Aiace, stavolta avete sbagliato. E proprio questa “sconfitta” porterà alla follia Aiace, che dopo il verdetto di Agamennone e Menelao deciderà di vendicarsi uccidendoli. Solo l’intervento di Atena scongiurerà una strage: la dea gli fa perdere il senno e Aiace, credendo di scagliarsi contro i suoi compagni, massacra un gregge di pecore. Tornato in sé, Aiace realizzerà quanto fatto e per non convivere con tale vergogna si suiciderà, come raccontato da Sofocle nella sua tragedia, lanciandosi sulla spada piantata nella sabbia con la punta rivolta verso l’alto. La spada che gli aveva regalato Ettore. Se Aiace è dunque l’incarnazione di virtù come il coraggio, la perseveranza, la costanza nell’impegno e, ultima, l’onore, nell’Ajax si vede ben poco di tutto ciò. Niente pelle di leone, dei sette strati di quella di bue e degli insegnamenti di Chirone manco l’ombra. Altro che pareggio con Ettore, qui ci si fa fermare anche dall’Heerenveen. Eppure, i meno allarmati sembrano essere i tifosi, comunque felici di aver riavuto il loro logo e “per sempre”, come recitava il comunicato del 2024 azzardando la promessa. Al giorno d’oggi però, "per sempre", non c’è quasi più niente. Forse solo la gloria.

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Vanni Spinella