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5 giocatori illegali per l'Europa League

Europa League

Emanuele Atturo

Giocatori sembrati semplicemente troppo forti tra l'andata e il ritorno dei sedicesimi di finale della Coppa europea che regala più gol

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I sedicesimi di finale sono forse il momento più alto dell’Europa League, quello in cui vengono fuori con più forza le contraddizioni della coppa in cui si segna di più al mondo: le squadre sopravvissute agli infernali gironi eliminatori incrociano le terze classificate ai gironi di Champions League, spesso in condizioni meteorologiche estreme (in fondo siamo ancora a febbraio), da fine del mondo (ad Astana la scorsa settimana si è giocato a -18), con differenze nei valori a volte molto grandi. Più va avanti la fase eliminatoria, più l’Europa League somiglia sempre di più a una piccola Champions, ,a il divario che separa le due coppe in questo periodo dell'anno è la stessa che c’è fra un Picasso e un falso d’autore fatto bene ma con qualche dettaglio stranissimo qua è là, che regala un’aria vagamente comica al tutto.

Ai sedicesimi di finale i due mondi si incrociano con attrito: alcune squadre o giocatori sembrano troppo superiori al contesto, quasi fossero un trucco, qualcosa da rendere illegale. Qui sotto abbiamo scelto i cinque giocatori che sono sembrati più fuori contesto in questi sedicesimi di finale.  

Felipe Anderson, 100 minuti, 1 gol e 2 assist

Felipe Anderson è passato fra i difensori della Steaua Bucarest come una falce su un prato d’erba fresca. Il gol e i due assist realizzati in poco più di un’ora rendono solo in parte il tipo di dominio fisico e tecnico esercitato sulla partita.

Nel video lo vediamo allargarsi quasi pigramente sulla fascia, per poi accelerare all’improvviso lasciando scorrere la palla fra le gambe del difensore e superandolo in velocità. L’arte di dribblare senza toccare il pallone è una delle più rarefatte del calcio. Siamo sull’1 a 0 e Anderson regala a Immobile la prima palla per la doppietta, che l’attaccante sciupa goffamente.

Si rifarà a fine primo tempo, quando stenderà un difensore sulla sinistra, volerà sulla fascia e servirà a Immobile la palla del gol del 2 a 0. E poi, ancora, sul 4-1 quando, senza nessuna voglia di fermare la devastazione della difesa avversaria, salta più o meno tutta la difesa, si fa trattenere in area e, cadendo, dà a Immobile l’assist del 5 a 1. Ieri i difensori della Steaua Bucarest, davanti a Felipe Anderson, scappavano all’indietro come si scappa da un mostro alieno velocissimo negli horror da cassetta.

Quando è in uno dei suoi giorni, quando è illuminato, non c’è modo di fermare Felipe Anderson, neanche ad alti livelli, figuriamoci per le difese raffazzonate del campionato rumeno.

Memphis Depay, 117 minuti, 1 gol

Il Lione ha affrontato il Villarreal agli ottavi, non un avversario semplice, soprattutto relativo al contesto dei sedicesimi di finale. Eppure se ne è sbarazzato come fosse una noiosa pratica burocratica. Come già lo scorso anno, alcuni giocatori del Lione sembrano troppo forti, veloci, grossi e tecnici per giocare in Europa League. Fekir, Traoré e Depay - soprattutto Memphis Depay - sembrano fuori scala a un livello quasi sgradevole per questa competizione.

Non che Memphis Depay sia migliore di alcuni suoi compagni di squadra: tre anni fa era stato votato miglior giocatore della Eredivisie ma nel frattempo non ha combinato molto, se non farsi tatuaggi, girare video rap e fallire con la maglia del Manchester UTD. Al Lione, però, Depay ha trovato il contesto ideale per trasformare il campo da calcio nel proprio palcoscenico personale, l'altare su cui nutrire il proprio ego smisurato. Un campionato e una coppa europea in cui riempire i difensori avversari di dribbling provocatori e bombe da fuori dopo cui esultare come se fosse suo insindacabile diritto umiliare gli altri.

Guardate questo gol. Guardate come gli viene in mente di calciare, dal nulla, senza contesto, una palla che gli viene incontro. Sembra uno che ti dà uno schiaffo in faccia da un momento all’altro, senza ragione, e poi si giustifica dicendo che non è riuscito a tenersi. L’esultanza correndo verso i tifosi con la mano a cucchiaio attorno all’orecchio è perfettamente Memphis Depay: un uomo che sta cercando di incamerare più ego possibile.

Depay ha enormi mezzi fisici e tecnici. È uno di quei giocatori offensivi che può dribblare con qualsiasi parte del suo piede e calcia quasi sempre la palla con un equilibrio di potenza e sensibilità che sembra fisicamente impossibile. Il problema di Depay è che interpreta il calcio come la propria personale psicoterapia e non come un gioco in cui si gioca con gli altri. Questo lo rende una vera biglia impazzita d’Europa League.

Antoine Griezmann, 90 minuti, 1 gol e 1 assist

Quando l’Atletico Madrid si è complicato da solo la vita, facendo 1 punto in 2 partite contro il Qarabaq, sul pianeta Europa League si è iniziato a profilare l’ombra di un meteorite gigante. L’Atletico Madrid due volte finalista di Champions League, la miglior difesa d’Europa con 9 gol subiti. In questi casi l’Europa League dovrebbe prendere delle misure, non dovrebbe cioè permettere a squadre così di fare carne da macello di una povera squadra danese ai sedicesimi di finale.

La prima vittima dell’Atletico è stato il Copenaghen, che con un certo senso dell’umorismo era persino passato in vantaggio dopo pochi minuti della partita d’andata. Poi l’Atletico ha vinto 4 a 1, anche grazie al fatto che in attacco i danesi schieravano Pieros Sotiriou, bomber della Nazionale cipriota, e gli spagnoli Antoine Griezmann, terzo al Pallone d’oro del 2016. È stata una mancanza di rispetto da parte di Simeone far giocare Griezmann contro il Copenaghen: se ne deve essere reso conto anche lui, visto che nella partita di ritorno lo ha lasciato in panchina, ma 90 minuti sono bastati per far passare brutti momenti al Copenaghen.

Griezman non ha dato l’impressione di impegnarsi. Ha giocato quasi sulle punte, preferendo il “corricchiare” al correre vero e proprio, lasciando che la partita venisse a lui. Per capire lo stato d’animo di Griezmann: dopo ‘7 ha ricevuto un cross basso in area semplice da buttare in porta. Griezmann ce l’aveva sul destro, il piede debole, e invece di provare una conclusione normale - che significa nell’angolo più vuoto della porta - ha provato a infilarla all’angolino lontano con una specie di pallonetto quasi scazzato. Come se segnare sullo 0 a 0 al Copenaghen dopo 7’ gli avrebbe potuto rovinare il divertimento.

Dopo una decina di minuti ha servito a Saul l’assist dell’1 a 1 dopo una decina di minuti. Poi ha continuato a ricamare sulla trequarti, toccandola di tacco il più possibile. Fino al gol del 70’, quando si è ritrovato solo davanti al portiere e non poteva proprio fare altrimenti.

Florian Thauvin, 37 minuti, 1 gol

Rudi Garcia non lo ha neanche sprecato, Thauvin titolare contro lo Sporting Braga. Un uomo che sta camminando sulle acque, autore già di 15 gol e 10 assist in Ligue 1 e che in proiezione già quest’anno potrebbe raggiungere i numeri di Alexis Sanchez, Mahrez o altri giocatori di prima fascia.

Thauvin è entrato dopo una settantina di minuti nella partita d’andata, uno scorcio che gli è bastato a inclinare la qualificazione dalla parte dell’OM. Nel video sopra lo vediamo parlare con Maxime Lopez un linguaggio tecnico che in Europa League non esiste, tre uno-due ravvicinati prima di arrivare al tiro che fanno sembrare questo un gol da allenamento.

Esattamente il tipo di gol che mostra poca considerazione per la psicologia degli avversari, tipico dei calciatori troppo superiori che segnano in Europa League.

Michi Batsuhayi, 180 minuti, 2 gol

Nell’azione sopra Batsuhayi segna il gol del 3 a 2 del Borussia Dortmund che poi si rivelerà decisivo per la qualificazione dei tedeschi. Qualche minuto prima aveva segnato anche quello del 2 a 2. Entrambi i gol non rubano l’occhio, non sono fra quelli che fanno gridare al miracolo tecnico, ma esprimono bene una certa estetica della sostanza che fa parte solo di alcuni centravanti. Sono quegli attaccanti che, se giocano per la tua squadra, hai l’impressione di partire sempre dal punteggio di 1-0. Batsuhayi nella partita d’andata ha trasformato in gol due mezze palle: una ricevuta sulla trequarti con la linea difensiva atalantina schierata davanti a lui, segnando con un mezzo esterno solido e intelligente; un’altra ricevuta in area da un assist piuttosto geniale di Mario Gotze.

Se vi piacciono i centravanti autentici non potete non ammirare il movimento di Batshuayi, che impercettibilmente scivola all’indietro con la schiena per togliere dal gioco il difensore, l’intelligenza del primo controllo di piatto sinistro, l’efficacia del tiro incrociato di destro: sincero e diretto come un buon vino della casa.

Bisogna considerare che la grande prestazione di Batsuhayi è arrivata contro una delle difese più complicate da affrontare, con tre difensori fisici, aggressivi e molto bravi in marcatura. Nella partita di ritorno Caldara - uno dei migliori marcatori del nostro campionato - è riuscito a limitarlo, ma all’andata la qualità nel gioco di sponde del belga, la sua intelligenza negli smarcamenti spalle alla porta, ha fatto la differenza.

Chissà quante altre difese potrà mettere in difficoltà in Europa League. Dopotutto, siamo appena all'inizio.