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Non dimenticatevi di Bruno Fernandes

Europa League

Emanuele Atturo

Allo Sporting Lisbona l'ex trequartista della Sampdoria sta vivendo la migliore stagione della sua carriera, in un sistema che esalta le sue qualità più peculiari

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Al 72’ di Sporting Lisbona-Tondela il risultato è di 1-0 per i padroni di casa. La partita ha il classico ritmo narcotico da Liga portoghese: i biancoverdi fanno girare il pallone sulla trequarti senza accennare un movimento senza palla, quasi fosse una partita di Subbuteo. I giocatori del Tondela guardano, non gli passa neanche per la testa di provarla a riconquistare. Bruno Fernandes viene incontro per ricevere sulla trequarti centrale. Nessuno lo marca ma siamo a 30 metri dalla porta e Fernandes ha il corpo orientato all’indietro. Se si ferma l’immagine appena dopo il suo controllo a seguire, con la palla che gli rimane corta, leggermente addosso, è impossibile immaginare che Bruno Fernandes, da lì, calci verso la porta.

E invece Bruno Fernandes tira, con una meccanica balistica più da calcio di punizione che da tiro in movimento. Calcia la palla prendendola sotto, con la caviglia rigida. Il tiro è un linea dritta che va sotto la traversa, e che sorprende il portiere leggermente fuori dai pali, del tutto impreparato. È il quinto gol di Bruno Fernandes nelle prime 6 partite di campionato. In questo modo si è presentato ai tifosi portoghesi, dopo essere partito per l’Italia nel 2012, a 18 anni, senza neanche aver esordito con la maglia del Boavista che lo aveva cresciuto.

È un gol che racchiude bene l’unicità di Bruno Fernandes: il modo in cui calcia il pallone, improvviso e strozzato, eppure potente ed efficace. La velocità di pensiero con cui immagina una giocata verticale. Tutte cose che, a rivederle così lontane, fanno venire le lacrime di nostalgia a tutti quelli che almeno per un po’ avevano creduto in lui, che ci hanno svoltato almeno una partita al Fantacalcio o che si erano innamorati di quel modo storto di interpretare il ruolo del trequartista.

Portogallo > Italia > Portogallo

Bruno Fernandes ha avuto finora una carriera all’altezza della propria stranezza tecnica. Cresciuto nelle giovanili del Boavista, nel 2012 il Novara lo aveva acquistato per circa trentamila euro senza che avesse giocato almeno una partita fra i professionisti. È una di quelle storie di mercato dove il caso sembra avere un peso da era pre-professionistica: «Gli scout erano venuti a vedere un giocatore dello Sporting Braga ma alla fine tesserarono me».

Bruno Fernandes si è fatto le ossa nella Serie B italiana, segnando 4 gol in 23 partite con la maglia del Novara. Quella squadra era un concentrato di allucinazioni di mercato: l’attaccante francese ex Fiorentina Matthias Lepiller, il bulgaro Ivan Valcanov, il gigantesco ghanese Ahmed Barusso, lo svedese Aghon Mehmeti, l’evanescente centravanti svizzero Haris Seferovic. Fra gli italiani, Francesco Bardi, Federico Piovaccari, che poi diventerà un globe-trotter del calcio, Paolo Faragò, oggi terzino del Cagliari che all’epoca ancora giocava in attacco.

Fernandes muove la sedia a destra e sinistra, nervoso, durante tutta l’intervista. Nel filmato si vede il suo gol all’esordio, che è anche un manifesto d’estetica. Fernandes è steso per terra in fuorigioco, si rialza per segnare di piatto e poi ricade per terra.

Alla fine dell’anno l’Udinese lo prenderà in comproprietà. In bianconero Bruno Fernandes gioca un’ottantina di partite e segna dieci gol ma non chiarisce mai del tutto i dubbi sul suo valore. A volte il contesto dei friulani sembrava potergli stare stretto, ad esempio quando ha segnato in rovesciata al Napoli, a porta vuota, come se anche il gesto più classicamente bello dovesse avere almeno un dettaglio di originalità. In quel periodo ha dichiarato di essere stato vicino alla Juventus. Altre volte Bruno Fernandes non sembrava neanche essere all’altezza della Serie A, così mediocre fisicamente, così assente dalle partite, così incollocabile per un calcio che fa volentieri a meno dei trequartisti.

Nell’estate del 2016 la Sampdoria lo prende in prestito con obbligo di riscatto fissato a 7 milioni di euro. Bruno Fernandes prende la numero dieci che era stata di Mancini, la indossa in modo quasi dimesso ma dice che gli piacciono le responsabilità. Non è chiaro se debba partire titolare nel ruolo di trequartista del 4-3-1-2 di Marco Giampaolo: davanti a lui in teoria ci sarebbero Ricky Alvarez, Dennis Praet e Filip Djuricic. Ma in breve tempo il portoghese si guadagna il posto da titolare: magari non ha la forza fisica e l’uso del corpo con cui oggi Gaston Ramirez effettua complicate ricezioni spalle alla porta sulla trequarti, ma Fernandes è un motorino che oscilla continuamente da destra a sinistra, smarcandosi per ricevere le palle in verticale di Torreira, creando superiorità numerica e dando ampiezza quando serve.

Alla Sampdoria Bruno Fernandes ha messo insieme 5 gol e 2 assist, collezionando un numero impressionante di sostituzioni. Il Portoghese ha giocato per 90 minuti solo in 2 delle 34 presenze totali, un po’ per il modo un po’ consumistico con cui Giampaolo usa i trequartisti, e un po’ perché dietro di lui c’erano comunque giocatori più determinanti (Schick) o migliori per assicurare il controllo sulle partite (Praet). La sua stagione è stata generalmente positiva, ma comunque non abbastanza da fugare del tutto i dubbi sul suo valore. Bruno Fernandes non sembrava adatto a una squadra di livello più alto e persino la Sampdoria poteva pensare di migliorare con un altro trequartista.

Bruno Fernandes così è stato ceduto in estate allo Sporting Lisbona per 9 milioni di euro: una plusvalenza modesta per i blucerchiati, ma impressionante se pensiamo che era arrivato in Italia cinque anni prima per trenta mila euro. È stato il secondo trasferimento più oneroso della storia dello Sporting Lisbona, per riportare a casa un talento che in patria non ha certo un grande pedigree calcistico, nonostante avesse giocato, proprio la scorsa estate, gli Europei U-21 da titolare, indossando la maglia numero 10 del Portogallo.

Vertigem Vertical

Lo Sporting Lisbona ha fissato sul contratto di Bruno Fernandes una clausola da 100 milioni di euro che fa sorridere a leggerla da qui, soprattutto per chi ha maledetto i milioni che aveva speso per lui all’asta del Fantacalcio. Bruno Fernandes per anni in Serie A ha distorto la nostra idea di fantasista tutto leggerezza ed armonia. Con i denti sporgenti, le spalle strette e i capelli sempre disordinati, Bruno Fernandes ha un’aria troppo stravagante per rimandare alla nostra idea manierista di fantasista. Nonostante indichi Rui Costa come suo idolo calcistico, non riesce a esercitare quel controllo sulle partite che di solito associamo ai numeri dieci lusitani, nel nostro immaginario maestri della gestione ipnotica dei tempi di gioco.

Bruno Fernandes è un trequartista verticale, che non migliora il controllo del gioco per le sue squadre. Brilla per la sua modernità non solo rispetto alla nostra idea classica di fantasista portoghese, ma anche rispetto ai colleghi più contemporanei. Non ha il talento associativo di Joao Mario, che anche nei suoi peggiori difetti - l’avversione per la porta avversaria - rispecchia la raffinata visione del calcio lusitana. Non ha ovviamente l’arte elusiva e dirigistica di Joao Moutinho, né il controllo palla al velcro di Bernardo Silva.

Eppure Bruno Fernandes sta avendo una stagione migliore di tutti i giocatori citati finora. Ha già segnato 13 gol e realizzato 9 assist, fra Champions League, Europa League e campionato portoghese. Sono numeri per certi versi normali, per un giocatore con uno stile di gioco molto produttivo. La sua dote migliore è una rapidità, di pensiero e d’esecuzione con cui riesce a dare improvvisi strappi alla partita. Non è un regista ma una specie di attaccante ombra, che sfrutta gli spazi che si aprono centralmente per concludere, da dentro o da fuori l’area di rigore.

L’originalità del talento di Bruno Fernandes sta nella sua capacità di visualizzare all’improvviso giocate estemporanee, con un istinto verticale per il gioco che viene sublimato nel sistema dello Sporting Lisbona. Non è un caso che un giocatore così anti-convenzionale in patria, sia stato scelto dall’allenatore che più si è distaccato dai canoni tradizionali del calcio portoghese, cioè Jorge Jesus. Anche quando è passato dal Benfica allo Sporting Lisbona, il tecnico ha conservato la sua idea di calcio definita da Villas-Boas qualche anno fa “Vertigine verticale”.

Lo Sporting Lisbona gioca una fase di pressing aggressiva, con una difesa alta e i reparti stretti, e quando riconquista il pallone i trequartisti provano la verticalizzazione immediata. Bruno Fernandes sceglie sempre bene gli angoli di pressing e marca gli avversari con una grande intensità. Quando ha il pallone fra i piedi sembra se ne voglia subito liberare: gioca a pochissimi tocchi, non è mai, davvero mai, conservativo nelle sue scelte, anche a costo di perdere palla. Perde più di 2 palloni ogni 90 minuti e passa la palla con appena il 75% di precisione. Ma è il prezzo da pagare per la sua produttività offensiva.

Qui cerca praticamente alla cieca una palla in verticale fuori misura.

È un sistema molto più adatto al talento di Bruno Fernandes rispetto a quello della Sampdoria, che ambiva troppo al controllo. Nello Sporting Fernandes prova spessissimo il tiro da fuori: con 1.7 tentativi ogni 90 minuti è il primo centrocampista della Liga portoghese in questa graduatoria. I tiri da fuori sono un’arma tattica importante per tenere alti i ritmi di una partita per una squadra dal gioco molto verticale. Bruno Fernandes ha del resto nel tiro da fuori il suo talento più appariscente.  Non ha una balistica molto pulita: raramente tira a giro di piatto e le sue conclusioni non sono mai piene, di collo. Colpisce sempre la palla con una sorta di collo esterno che imprime traiettorie pazze al pallone, e che diventano illeggibili per il portiere. I tiri di Bruno Fernandes non hanno mai un effetto in orizzontale ma sempre in verticale: si abbassano e si alzano in modo imprevedibile, sfruttando la fisica gommosa dei palloni contemporanei.  La ricerca della conclusione è favorita da una grande intensità mentale: una caratteristica invisibile ma peculiare di Bruno Fernandes, il cui caos elettrico è anche il motivo per cui riesce a giocare a così alti livelli pur non avendo qualità tecniche eccezionali.

Visualizza subito lo spazio da mangiarsi in verticale, dribbla e vola verso la porta.

Questa sera Bruno Fernandes scenderà in campo contro l’Atletico Madrid per i quarti di finale d’Europa League: forse la partita più importante della sua stranissima carriera. Pur non avendo un talento luminoso, Bruno Fernandes è uno splendido giocatore di sistema, impreziosito da doti specifiche molto ricercate nel calcio contemporaneo: la capacità di giocare ad alti ritmi, la produttività offensiva, l’intensità in fase difensiva ed offensiva. Qualità che solo in parte calzano bene con il calcio italiano, così ossessionato dal controllo e dal tatticismo. A 23 anni, nel momento migliore della sua carriera, confortati dallo sguardo esterno, possiamo dire che nei suoi cinque anni in Italia non siamo mai riusciti a capirlo.