Cosa c'entra Gomorra con lo Stadion Lokomotiv di Sofia

Scegliere i luoghi più adatti per le riprese di un film o di una serie tv non dev’essere facile. Chi lo fa si chiama ‘location manager’ e magari dopo un po’ lavora in automatico, su suggerimenti e archivi accumulati negli anni, ma deve comunque sapere il fatto suo. Dialogare con gli sceneggiatori e individuare gli scorci migliori, valutare, soppesare. Chi si ricorda il terzo episodio della terza stagione di Gomorra, andato in onda otto anni fa, avrà in mente alcune scene di grande impatto ambientate a Sofia, dove si era trasferito Ciro Di Marzio, il personaggio interpretato da Marco D’Amore. In una di esse Ciro entra in auto nel parcheggio di uno stadio malmesso, recandosi poi presso la palestra dove l’insegnante di lotta libera è il padre di Valentin, il boss per cui lavora. L’idea che si percepisce è quella di degrado e decadenza, rese ottimamente anche dalla fotografia, ma a qualcuno sarà rimasto il dubbio sull’identità dello stadio, un ovale a malapena percepibile da un paio di cartelli di colore rosso e nero. La Lokomotiv di Sofia Si tratta dello Stadion Lokomotiv, lo stadio del Lokomotiv, che sorge nel distretto di Nadezhda , a nord del centro della città. Uno stadio che riflette palesemente lo stile architettonico brutalista del periodo in cui la Bulgaria era parte del blocco sovietico, anzi era uno dei paesi più fedeli alla linea ispirata dal Cremlino. Strutture scarne, con colonne esterne a sorreggere il tetto e spiovere verso l’alto alto e dare una linea non inedita ma molto distinguibile. Nelle immagini di Gomorra si vedono molto bene e la scelta è azzeccata anche da questo punto di vista, quello cioé di dare una percezione di un qualcosa che appartiene al passato e si trascina nel presente, e pure nascosto. Perché l’interno dello stadio, dalla prospettiva calcistica, non si vede mai, e ‘Ciro’ salita una scalinata entra direttamente nell’ampia palestra di lotta, tragitto peraltro inverosimile perché il salone si trova lievemente al di sotto del livello del terreno, e si può vedere attraverso le feritoie, a dire il vero non proprio pulitissime, che corrono lungo la fiancata dell’edificio che protrude dal lato orientale dello stadio, quello lungo la via principale, il Rozhen Boulevard, che per certi versi, intersecando in perpendicolare la via Panayotov che corre dietro la curva ospiti, forma una sorta di recinto ideale tra due mondi molto diversi. Se infatti a sinistra di questo incrocio c’è il quartiere residenziale Svoboda, di bellezza variabile ma caratterizzato da parecchi spazi verdi, gli altri tre lati di questa sorta di quadrangolo, quelli cioé a nord, est e sud, rappresentano l’essenza di una zona commerciale e industriale di livello modesto, tra meccanici, gommisti, depositi di macchinari e spazi vuoti spazzati dal vento, uno scenario che per assurdo contribuisce a caratterizzare il luogo, così come i palazzoni popolari, stile sovietico, che accompagnano il percorso fino a qualche centinaio di metri prima, se si arriva dal centro con uno dei 2-3 tram che giungono in zona. Non c’è la percezione di pericolo ma quello di un livello di vita privo di slanci, contrassegnato magari dalla persona anziana che, silenziosa nella sua immobile e probabilmente sofferta dignità, alla fermata dei mezzi pubblici espone un estemporaneo banchetto con alcuni oggetti in vendita. Dettagli magari comuni ad altre zone e altri scenari pre-stadio, ma unici nel loro essere qui e ora, per i colori, i toni, i suoni, mai esagerati, sempre attenuati. Peccato, capitale Sofia ha e ha avuto tante squadre, e il Lokomotiv, che tra l’altro ha come sponsor tecnico l’italiana Macron, certamente non regge il confronto con realtà gigantesche come il CSKA e il Levski, mentre è più verosimile il confronto con lo Slavia, e ci sono anche il Septemvri e il CSKA 1948, società dalle vicende complesse come quelle, del resto, di tantissimi club dell’Est Europa, Germania Orientale compresa, passati attraverso una fase di ‘purificazione’ imposta dall’alto e gettati spesso in una centrifuga dalla quale sono emersi stravolti, fusi, ricostruiti, creati ex novo, a seconda dell’influenza di questo o quel personaggio. Una storia che forse solo un libro, e non sottile, potrebbe ricostruire minuziosamente, martoriando però la pazienza di un eventuale redattore. Quello che è interessante è che di fatto ognuno di questi club opera ora in una diversa zona della città, dando così una caratterizzazione geografica alla propria essenza: il Levski, di cui è presidente l’ex calciatore Nasko Sirakov, è a nordest del centro, e tra l’altoro chi atterra all’aeroporto ed è seduto dal lato sinistro può avere una spettacolare vista del maestoso Stadion Georgi ‘Gundi’ Asparuhov, dedicato al grande attaccante scomparso a soli 28 anni, nel 1971, in un incidente d’auto. Anche se in precedenza il club aveva avuto stadi a sudest del centro, nel parco-giardino chiamato Borisova Gradina, entrambi praticamente nello stesso luogo dove dal 1949 sorge lo Stadion Vasil Levski, che ospita la nazionale e ora temporaneamente il CSKA e con il club c’entra solo perché entrambi portano il nome dell’eroe nazionale bulgaro, o meglio uno dei quattro, ritratti anche in uno striscione a poche decine di metri dal centro. Del CSKA si è appena detto: protagonista da decenni del cosiddetto ‘Eternal Derby’ contro il Levski, gioca ora allo stadio Vasil Levski mentre a neanche 300 metri viene costruito il nuovo Stadio dell’Esercito Bulgaro che sostituisce il quasi omonimo precedente, in parte demolito dall’impresa di costruzione in parte… dai tifosi, autorizzati a portarsi a casa qualsiasi cosa dopo l’ultima partita, 10 dicembre 2023, e va peraltro detto che tutto intorno al perimetro sono rimasti a lungo seggiolini, suppellettili e oggetti vari, mescolati a ciotoline che volonterosi lasciano per i tanti gatti del parco. Per trovare lo Slavia si va invece a sudovest, dove già appare più vicino il monte Vitosha , uno dei simboli della città che tra l’altro, comparendo all’imbrunire nel primo fotogramma di quella puntata di Gomorra ambientata a Sofia, dà subito un tono cupo e inquietante al racconto. Dallo stadio dedicato all’ex calciatore Aleksandar Shalamanov il panorama in effetti non è male, anche se pure qui, come in tutti gli impianti precedenti, alcuni settori sono malmessi e vuoti e la capienza ufficiale è molto superiore a quella che di volta in volta viene autorizzata. Septemvri e CSKA 1948 si dividono invece lo stadio Bistritsa, più piccolo, estremo sud cittadino ancor più vicino alla base del Vitosha, e il nome del secondo club è significativo perché, fondato nel 2016 da un’associazione di militari, si propone come vero erede del CSKA originale, per decenni squadra dell’esercito, ma i dettagli, come si diceva, sono molto complessi ed esulano dal tono turistico-geografico di questa pagina. Ultimamente, peraltro, di tutti questi club non se ne fa uno, a livello di lotta per il titolo: in un campionato bulgaro molto particolare, in cui sono forti gli interessi di alcune società di scommesse , sono ormai 14 anni di fila che la vittoria va al Ludogorets, la squadra di Razgrad, nord del paese non lontano dalla Romania, che di questo passo potrebbe raggiungere CSKA e Levski con una rapidità sconcertante. Prima, c’erano stati due titoli consecutivi per il Litex Lovech, ora in terza serie, e dunque è dal 2009, Levski, che una squadra della capitale non vince il campionato. Tutti sul treno Il Lokomotiv e il suo stadio, allora, due storie peraltro parallele. Il club nacque il 15 maggio 1929 per decisione di un gruppo di dipendenti delle ferrovie, categoria sociale che rappresentava circa il 50% delle famiglie residenti a Nadezhna, e infatti fu chiamato ZSK, acronimo che indicava appunto un’associazione sportiva ‘ferroviaria’, e iniziò a giocare in un campo appena a nord dell’attuale stazione. Ma si trattava di uno spiazzo buono solo per due calci in famiglia, e infatti il primo impianto vero fu, dalla prima partita ufficiale del 3 ottobre 1929, lo Yunak, ovvero uno dei due utilizzati all’inizio anche dal Levski, nei Borisova Gradina. Nel frattempo, il club crebbe, anche per effetto di una controversa decisione presa dall’appena insediato responsabile nazionale dei porti e delle ferrovie, il colonnello Boris Kolchev, che su richiesta dei dirigenti dello ZSK ordinò nel 1935 che tutti i calciatori dipendenti dei suddetti settori divenessero soci: dalla sera alla mattina alcuni atleti di spicco, tra cui il difensore Stoyu Nedyalkov dello Sportklub Sofia presto divenuto famoso come ‘Doktor Koch’, si trovarono trasferiti d’ufficio allo ZSK, che grazie a questo… mercato salì di categoria in categoria, arrivando alla massima serie nel 1939 e vincendola al primo tentativo, grazie anche al contributo di un altro protagonista, l’attaccante Krum Milev, arrivato a stagione in corso poi affermatosi come allenatore di grande successo, 16 stagioni e 11 titoli con il CSKA. I ‘Ferrovieri’ si ripeterono nel 1945 in una doppia finale, di fronte ad un pubblico straripante, in un clima politico completamente diverso: Boris III, scomparso il 28 agosto 1943, era stato alleato dell’Asse ma non aveva partecipato all’invasione dell’Unione Sovietica e aveva in qualche modo e non del tutto spontaneamente - vicenda estremamente complessa da approfondire a parte - evitato agli ebrei bulgari di essere deportati, e dopo di lui e con l’avvicinarsi delle truppe sovietiche scoppiò una rivolta con presa del potere da parte di una coalizione filo-sovietica che procedette ad alcune decine di esecuzioni sommarie, tra cui quella del colonnello Kolchev, annullate poi nel… 1996 in quanto illegali. In quel clima complicato, il ZSK il 3 aprile era diventato ‘Lokomotiv’ e aveva appunto vinto il suo secondo titolo, seguito nel 1948 dalla prima Coppa di Bulgaria. A fine anni Cinquanta avvenne il trasferimento ad un altro stadio in zona Zaharna Fabrika, a sudovest della stazione centrale, nel quale il ‘Loko’ vinse il titolo del 1964 e che fu il campo di casa fino al gennaio 1969, anno decisamente particolare perché dall’alto, nell’ambito di una serie di analoghe iniziative in Est Europa seguite alla Primavera di Praga, arrivò l’ordine di una fusione con lo Slavia, durata due anni e mezzo, che rischiò di far andare via per frustrazione il più grande giocatore della storia del club, Atanas 'Nachko' Mihailov, 145 gol in 348 partite tra 1965 e 1981. Mihailov, morto a soli 57 anni l’1 ottobre 2006, è ricordato da una lapide situata accanto alla palazzina assegnata ai tifosi, e nel giorno dell’anniversario della morte è tradizione che l’intera squadra deponga una corona di fiori. Costruita la prima versione dello Stadion Lokomotiv mentre il club trovava soluzioni alternative, nel 1978 arrivò il quarto e ultimo titolo, seguito nel 1982 dalla terza coppa , per una bacheca che comprende anche la Coppa dei Balcani 1973, manifestazione nata nel 1961 e spentasi dopo l’edizione 1994, e due edizioni della coppa europea dei ferrovieri, nata nel 1947 a livello di nazionali e più logicamente riservata dal 1961 ai club di ispirazione ferroviaria. Il ‘Loko’ vinse l’edizione inaugurale battendo il Rapid Bucarest e quella 1963 superando il Lokmotiv Mosca. Di fatto, il Lokomotiv per 67 anni ha fatto parte dell’èlite del calcio bulgaro, ad eccezione di quel bizzarro biennio di matrimonio con lo Slavia e del 1951, quando militò nella seconda serie. E questa permanenza ha portato anche a numerose qualificazioni alle coppe europee, culminate nel 1980 con l’approdo ai quarti di finale della Coppa Uefa ma doppia sconfitta contro lo Stoccarda, 0-1 in casa e 1-3 in trasferta. Era stato proprio in quella edizione, il 24 ottobre 1979, che Mihailov aveva segnato addirittura quattro gol al Monaco, aprendo la strada all’ottavo di finale contro la Dynamo Kiev, contrassegnato da un episodio che racconta bene il clima dell’epoca: nel corso della partita di ritorno, a Kiev, c’erano stati interventi piuttosto duri e un litigio tra Mihailov e il capitano ucraino Oleg Blochin, e l’allenatore Vasil Metodiev, ex nazionale, per difendere i suoi "non aveva usato saggiamente le parole nel rivolgersi ai compagni ucraini", come gli fu rinfacciato dai membri del Partito Comunista che fecero pressioni per la sua sostituzione, avvenuta poi a fine stagione. Non gli andò male, poi, visto che vinse tre titoli alla guida del Levski. Con il professionismo, dal 1994, alcune cose cambiarono, ma non subito. Saltuarie partecipazioni alle coppe, una sola bella stagione in campionato, 2006-07, nel 2015 un terzo posto ma anche difficoltà economiche che portarono alla retrocessione d’ufficio alla terza serie per mancati pagamenti, seguita dalla liquidazione e dalla sparizione. Venne presto fondato un nuovo club considerato a tutti gli effetti successore di quello precedente, con iscrizione immediata alla seconda serie, nel luglio 2016, e ritorno ai vertici nel 2022, sette anni dopo il tracollo. Il vero stadion Nel frattempo, però, lo Stadion, vero protagonista di questo ritratto, subiva vicende complicate. Nato con un solo settore completo, arrivato a 22.000 spettatori con la costruzione della tribuna Est tra il 1981 e 1985, ristrutturato già nel 1989, è stato oggetto tra 1988 e 2001 di una serie di passaggi di proprietà da pubblico a privato e ancora pubblico con una serie di dettagli burocratici che vi risparmiamo, considerando che le successive operazioni si sono verificate in momenti politici diversi e con strutture diverse. L’attuale proprietario è il Ministero dello Sport ed Educazione fisica, ma nel corso del tempo il Lokomotiv ha potuto gestire gran parte delle strutture, e non sempre nella maniera migliore: nel 2010, e fino al 2012, la federazione tolse la licenza per ospitare partite, a causa del degrado di molte parti dello stadio, comprese le già citate colonne di sostegno della tettoia, causando però polemiche perché nel periodo in cui già le crepe avevano cominciato ad apparire l’impianto aveva comunque ospitato concerti affollatissimi, ad esempio Depeche Mode 2006, Iron Maiden 2007 e Elton John 2010, ma con il dettaglio che una parte sostanziosa del pubblico aveva occupato non le tribune ma il prato. Il via libera venne ridato nell’aprile 2013, seguito un mese dopo da un altro concerto dei Depeche Mode, e anche nel periodo della liquidazione e rifondazione lo Stadion Lokomotiv è riuscito a tenere botta, pur con periodiche limitazioni di capienza e abbellimenti, come i solidi ma morbidissimi sedili installati nella tribuna VIP nel 2016. Ora siamo a circa 16.000 persone, di cui 11.200 sedute, ma vengono aperte solo la curva ospiti e la tribuna centrale, opposta al lato che si vede nelle sequenze di Gomorra e dietro la quale ci sono un parcheggio, un campo di allenamento, il caseggiato concesso agli ultras, la lapide di Mihailov e il piccolo negozio. Gli esterni sono decorati da loghi e simboli, compresa la locomotiva, nel vivissimo rossonero del club, che pure aveva iniziato giocando con divise completamente nere, quasi 100 anni fa. Rossoneri sono anche i cartelli, con foto recenti di gioco e tifo, che accompagnano l’ingresso per chi arriva dal lato del quartiere Svoboda e attraversa il parchetto, e tutto dà l’impressione, di un club che non potendo competere con la potenza di Levski e CSKA cerca di restare sé stesso, magari come "squadra non comune dell’uomo comune", come recita uno slogan. Del resto, in attesa che venga completato il nuovo stadio del CSKA, nessuno degli altri impianti della città presenta un aspetto totalmente florido, anzi, per cui le macchie di incuria che si vedono al Lokomotiv non sono certo ‘non comuni’. Sono ovviamente molto particolari i derby, ultimo dei quali sabato scorso, proprio contro il CSKA. Ufficialmente solo 1900 i presenti, per le limitazioni citate poco fa, anche se l’occhio avrebbe detto diversamente, dato che apparivano già almeno 1000 i tifosi ospiti, compatti nella loro macchia scura ravvivata da fumogeni e striscioni, mentre gli ultras locali erano al margine opposto della tribuna principale, pochini ma determinati a non sfigurare rispetto ai rivali. Piccola contro grande a livello stracittadino, anche se il CSKA è una grande che accusa difficoltà: come ci ha detto una persona che ha però richiesto l’anonimato, dal momento che ricopre una carica che presuppone neutralità, "ci sarà uno stadio ma non c’è la squadra, del resto in società ci sono tante cose che non funzionano". La percezione, nello ‘stadio di Gomorra’, è stata quella di un piccolo mondo ricco di storia e fascino, con pregi e difetti, ai margini dal calcio della Champions League, forse incapace di sollevarsi, forse frustrato, forse imperfetto, ma sanguigno come pochi, e del resto è quel che capita quando devi spesso arrangiarti.

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Cosa c'entra Gomorra con lo Stadion Lokomotiv di Sofia

Roberto Gotta