Everton-Liverpool, quanto ci mancherà Goodison Park

Una considerazione, alla Nanni Moretti, ci vorrebbe: mi si nota di più se mi dedicano un murale o se non me lo dedicano? A Liverpool, più che altrove, sarebbe una domanda legittima, visto che tra Liverpool ed Everton appena ti giri vedi un giocatore o un allenatore immortalati sul lato di una casa, specialmente sui muri che segnano la fine di una ‘stecca’ di casette a schiera, ideali perché quasi sempre privi di finestre e visibilissimi a chiunque passi. Non farebbero quasi più notizia, se non fosse che da esperimento artigianale e parzialmente anarchico sono diventati qualcosa di così scontato e conformista da lasciare perplesse le menti libere, sempre che ne esistano. Quello di sabato 7 dicembre sarebbe stato il giorno del 120° e ultimo derby di campionato a Goodison Park, giorno in cui per l’ultima volta si sarebbe potuto accennare allo stadio ‘rivale’ situato dall’altra parte, quella sudest, dello Stanley Park. Chi sarebbe arrivato a piedi, avrebbe potuto ammirare alcuni di quei murales, compreso quello con due faccioni di Duncan Ferguson , capitano, centravanti, guerriero e due volte allenatore ad interim, e il sorriso di Howard Kendall, giocatore poi allenatore vincente, decorato con lo slogan “Quando giochi nell’Everton ti dimentichi tutto il resto, il resto non conta niente” che suona bene, suona aggressivo e persino nobile ma alla fine è un semplice insieme di parole che magari ti dimentichi appena giri la testa e vedi lo stadio subito dal lato opposto, magari allargando lo sguardo alla statua di Dixie Dean, all’angolo. Dean che per l’Everton ha dato tutto, in tempi lontani, eroici, durissimi, tempi in cui alla fama non corrispondeva spesso la possibilità di vivere con agio, e infatti i calciatori spesso dovevano cercarsi lavori estivi. Dean, 349 gol in 399 partite con l’Everton tra il 1925 e il 1937, fu letteralmente il primo numero 9 della storia, dato che la prima partita importante con i numeri sulle maglie fu la finale di FA Cup 1933, in cui l’Everton vestì con il progressivo 1-11 e il Manchester City 12-22, anche se in campionato si era visto qualcosa nel 1928, ma l’obbligatorietà arrivò solo nel 1939. Dean segnò in quella finale vinta 3-0, facendo una grandissima impressione su un avversario di nome Matt Busby, futuro allenatore del Manchester United. Tragicamente, Dean, dopo anni di salute precaria, morì l’1 marzo 1980, a 73 anni, proprio a Goodison Park, dopo aver assistito a un derby, e Joe Mercer, l’ex compagno di squadra, commentò, forse banalmente ma correttamente, “in quale altro posto avrebbe dovuto morire?”. Il derby di Liverpool, che ora è anche nel numero e nello stile dei murales, per parecchi decenni ha avuto una bonarietà fuori dal comune, anche se a volte romanzata e propagandata per dare della città un’immagine migliore di quella che ha da parecchio tempo, riflessa da tifoserie avversarie in crudeli adattamenti di canti da stadio che sottolineano la povertà, il disagio e i limitati orizzonti professionali dei residenti. Quando viene attaccata dal mondo esterno, Liverpool si unisce e si difende, così come quando viene colpita da tragedie: è storia nota, forse la più nota tra le tante che si raccontano, come i tifosi di entrambe le squadre si mescolarono senza problemi nella prima partita del Liverpool dopo la tragedia di Hillsborough del 15 aprile 1989 con i suoi 97 morti, prima partita che fu proprio un derby, e così pure qualche giorno dopo, alla finale di FA Cup nella quale però lo stare fianco a fianco e l’esultare con esuberanza, addirittura entrando in campo, creò, a sua volta, problemi di sicurezza, come invece non era accaduto nella finale del 1986. Era il tramonto degli anni Ottanta in cui le due squadre avevano dominato in patria e in parte anche in Europa, quasi in risposta alla drammatica crisi economica e strutturale, per il declino delle attività portuali - a fine Ottocento il 9% delle merci di tutto il mondo passava qui - di fronte alla quale il governo centrale non pareva avere soluzioni se non quella, trapelata poco tempo dopo, di lasciare che la città si spegnesse poco alla volta, gestendone le situazioni critiche. Fu il periodo in cui le tendenze politiche locali passarono dai conservatori ai laburisti, ma anche uno degli ultimi lampi di reale bonomia nell’atteggiamento reciproco dei tifosi, che successivamente si sono guardati storto come accade ovunque, senza che peraltro abbia mai giocato un ruolo reale la teorica differenza iniziale, parliamo di fine Ottocento, tra un Everton ‘irlandese’ e cattolico e un Liverpool unionista e protestante. Altro che ‘Friendly Derby’, come è stato a lungo definito per l’atmosfera ma anche per il fatto che nei due stadi non ci fosse, appunto, separazione dei supporter, e che in tempi lontani, quelli in cui in trasferta era scomodo e costoso andare, quando la propria squadra giocava fuori casa c’era chi, pur di vedere calcio, andava a vedere la rivale: negli ultimi decenni, nell’era televisiva e nell’era di un calcio diventato per molti più ossessione che passione, la tensione è cresciuta e il derby di Liverpool, o della Merseyside come si usa dire in riferimento alla contea, pur senza mai sfociare in veri episodi di violenza non ha più toccato l’armonia di un tempo, che del resto aveva rischiato di incrinarsi nel 1985, quando l’esclusione quinquennale dei club inglesi dalle coppe, causata dal dramma dell’Heysel scatenato dai tifosi del Liverpool, costò probabilmente al fortissimo Everton di quel periodo una possibile conquista della Coppa dei Campioni. L'episodio più curioso La storia dei derby è costellata di episodi curiosi, troppi per un’elencazione, ma curiosamente quello più controverso non è avvenuto né a Goodison Park né ad Anfield, ma a Maine Road, l’indimenticabile casa del Manchester City, campo neutro per la semifinale di FA Cup 1977. A pochi minuti dalla fine di una bellissima partita, di quelle che rappresentano degnamente, anche nell’estetica dei colori, gli straordinari anni Settanta del calcio inglese, Bryan Hamilton dell’Everton mise alle spalle del portiere avversario Ray Clemence un cross dalla sinistra dell’ala Ronny Goodlass prolungato di testa da Duncan McKenzie, per il 3-2 che visto il poco tempo rimanente poteva essere definitivo. Ma l’arbitro Clive Thomas annullò il gol per una ‘infrazione’ di cui mai spiegò i dettagli: è possibile che il gesto di Hamilton, che di fatto colpì il pallone con la coscia destra, abbia indotto Thomas a pensare ad un fallo di mano, ma in assenza di un chiarimento da parte del direttore di gara, soprannominato ‘The Book’ per come applicava rigidamente le regole, il mistero resta ed è tuttora motivo di discussione, anche se il passare del tempo ha diminuito l’acrimonia, oltre che il numero di tifosi in grado di ricordare quell’episodio. Nella ripetizione il Liverpool vinse 3-0, anche se poi perse la finale contro il Manchester United, rifacendosi quattro giorni dopo a Roma nella finale di Coppa dei Campioni. Un presunto errore arbitrale è anche alla base di una straordinaria edizione del derby, quello del 20 febbraio 1991, in una ripetizione dei sedicesimi di finale di FA Cup, 4-4 con tre rimonte dell’Everton nei tempi regolamentari e un’altra nei supplementari: secondo i tifosi Toffees, infatti, nella partita di Anfield l’arbitro Neil Midgley non aveva concesso un clamoroso rigore per un fallo di Gary Ablett su Pat Nevin, che anzi era stato rimproverato per simulazione. 130 anni dopo Sabato 7 dicembre sarebbe passato alla storia come la data dell’ultimo derby di campionato a Goodison Park, a distanza di 130 anni quasi esatti dal primo, 13 ottobre 1894, prima occasione in cui l’Everton giocò contro la squadra che era nata per occupare Anfield, lasciato due anni prima dall’Everton stesso, che dal 1884 lì aveva giocato. Il neopromosso Liverpool perse 3-0 di fronte a 44.000 spettatori, e una cronista dell’epoca descrisse in maniera nitida la differenza tra le due squadre, affermando che “il Liverpool potrebbe diventare davvero una squadra popolare, se utilizzasse tattiche un po’ meno robuste” di quelle messe in campo in quella prima sfida, evidentemente ritenute necessarie per colmare il divario tecnico. Il record di pubblico per una sfida a Goodison Park è di 78.299 per la sfida del 18 settembre 1948, e non è una sorpresa: fu nei primi anni del secondo dopoguerra che in Inghilterra vennero battuti tutti i record di pubblico, per via della ritrovata voglia di vivere, di divertirsi, di mettersi alle spalle i drammi del conflitto e distogliere lo sguardo dalle privazioni - compresi i razionamenti di cibo - che perduravano. Ma curiosamente una partita di FA Cup del marzo 1967 attirò 110.000 spettatori… con il trucco, però: a Goodison Park furono infatti circa 70.000 i presenti, mentre altri 40.000 videro la partita su uno schermo gigante eretto ad Anfield. Vinse l’Everton 1-0 e nessuno spiegò mai se ad Anfield il boato dallo stadio situato all’altra parte del parco arrivò prima delle immagini del gol, dato il naturale ritardo del segnale televisivo.

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Roberto Gotta