Scacchi&Capriole, la storia 'italiana' di Hernanes
Serie AIl "Profeta" sale sull'Orient Express e lascia la Serie A dopo quasi 7 anni. Tappa in Cina. Le capriole, i sorrisi, la lacrime fuori Formello il giorno dell'addio, il ruolo e le "cellule bianconere". Lazio, Inter, Juve. Ora l'Hebei. Cos'è stato e cosa resterà del brasiliano, prima di tutto una bella persona
Da piccolo "non sapeva correre". Meglio: "Non riuscivo a farlo nel modo giusto". Colpa dei piedi piatti, forse. O semplicemente della struttura fisica. Magari del calcetto, praticato fino agli undici anni. Dribblava bene, tirava anche meglio. Precisissimo. "Ma quando si trattava di correre avevo difficoltà". Voleva diventare più veloce, migliorarsi, già da ragazzino era molto ambizioso e ci credeva. Concetti chiari, quindi. Ad esempio, aveva la "fissa di essere mancino". Piedi, mani. Tutto. Il perché è tra i più curiosi: "Mi piaceva come i mancini facevano le cose". Tuttavia, sia da terzino sinistro che da trequartista, Hernanes aveva sempre lo stesso problema: quello della corsa. Come fare? Soluzione semplice, rivolgersi a "qualcuno che ne capisce". Un'istituzione come Jota Alves: "Mi ha fatto capire tutto! Ho imparato da Usain Bolt...". Tutto in discesa, liscio. Ed è così che il ragazzino di Recife è diventato Hernanes.
Il perché di "Profeta". E il "casco di banane" del Milan... - Brasile, Italia, Serie A. La carriera di Hernanes è ovviamente legata al "Bel Paese". Alla Lazio, soprattutto. Dove in tre anni e mezzo ha espresso il miglior calcio. Oggi, dopo l'Inter e la Juve, se ne va in Cina all'Hebei Fortune di Lavezzi e Gervinho. Nuova sfida, nuovo inizio. Anche se i nostalgici difficilmente rivedranno quel "Profeta" dei bei tempi. A proposito, perché quel soprannome? Lo svela lui stesso: "La religione è sempre stata importante, in Brasile recitavo versetti della Bibbia durante le interviste. Fu uno dei giornalisti sportivi più importanti del mio paese a darmi quel soprannome". Sintetico, appropriato. Dura ancora oggi e forse sì, durerà per sempre. In principio fu il Milan ad interessarsi a lui, ma il presidente del San Paolo si oppose in toni chiari: "Vorrebbero pagarlo come una cassa di banane". Logicamente, non se ne fece nulla.
Lazio story, dalle capriole alle lacrime - All'Olimpico, coi biancocelesti, i momenti migliori. Presentato in un'amichevole contro il Deportivo la Coruna, subito promesse: "Sogno di vincere e di segnare un gol alla Roma". Mantenute entrambe. Prima 4 reti ai giallorossi, poi la Coppa Italia del 2013 proprio contro Totti&co: "Siamo entrati nella storia". Capriole, sorrisi, quel preciso dribbling nello stretto. Quei sussulti - 41 - dalla prima rete col Bologna su rigore all'ultima contro l'Udinese. La passione per gli scacchi portata avanti con gli anni: "Mio marito è un un po' nerd". Gli angoli con entrambi i piedi (ps: ricordate il discorso di prima sui mancini?) e il doppio passo. Quasi un biglietto da visita. Infine le lacrime, all'uscita da Formello, sapendo che sarebbe stata l'ultima volta. "Non te ne andà, profè". Fotogrammi che colpiscono, rimasti impressi anche alla moglie Erica: "Non ha mai pianto così, neanche per la nascita dei figli!". Nei giorni successivi passò le giornate a rispondere a tutti i messaggi dei tifosi, dopo che il numero era "girato" tra le chat. Cuore d'oro, persona apprezzata da tutti.
Inter, Juventus, l'equivoco del ruolo - "Vado all'Inter per vincere". E poi nulla, niente trofei. Soltato un anno anonimo. Ah, segna una doppietta alla Lazio: "La mia capriola migliore". Tifosi infuriati, lui chiarisce: "Era per Lotito, disse che era stato un affare cedermi per 20 milioni. Voglio vedere se ora cambia idea". Stiletta pungente. Hernanes, per vincere, è dovuto andare alla Juventus, arrivato nell'ultimo giorno di mercato del 2015 dopo che i bianconeri avevano cercato mezza Europa. Scelte. Inizialmente non va neanche male, anzi. Ma l'Hernanes della Lazio non c'è più, anche e soprattutto a causa di un equivoco tattico di fondo: il ruolo. Trequartista, regista, interno? Alla Juve gioca ovunque ci sia spazio. PS: le cose migliori le ha fatte vedere da mezz'ala, comunque. Più defilato sul centro-sinistra, libero dal classico pressing di metà campo. Difficile chiedergli di andar via in velocità - a parte un gol contro il Chievo, con la Lazio - meglio lasciargli lo spazio per il gioco da fermo. Hernanes è stato questo, un talento tecnico capace di giocare a testa alta puntando la porta. Uno che se avesse avuto la progressione di Kakà, chissà. Ma quel difetto della corsa se l'è portato dietro. Al di là del gioco, però, Hernanes è stato soprattutto una bella persona, un ragazzo con dei valori. Uno che si è innamorato dell'Italia e che a fine carriera tornerà a vivere lì, con sua moglie e i suoi 4 figli. A Roma la carbonara, a Torino il riso col tartufo. Una storia tutta "italiana".
Hernanes sulla via della seta - Ipercritico poi, una cosa rara: "Se fossi stato un tifoso mi sarei fischiato anch'io" disse dopo una brutta prestazione. Colpito dalla Juve: "Le mie cellule sono bianconere". Dani Alves l'ha salutato quasi in lacrime. Ora, dopo il "no" al Genoa, Hernanes lascia la Serie A e approda in Cina per 10 milioni (affarone di Marotta&Paratici). 184 presenze, 42 reti. Questione di numeri. Niente lacrime, stavolta va così. E ill "Profeta" ricomincia dall’Oriente a 31 anni. In attesa, anche lì, di trovare qualcuno con cui giocare a scacchi.