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Inter, tutti i segreti di Gabigol

Serie A
Gabigol, attaccante dell'Inter che ha segnato il primo gol in A (Getty)

Chi è, come nasce e il perché del soprannome. I segreti di Gabriel Barbosa, finalmente al primo gol in Serie A contro il Bologna: "Ora offrirò una cena!". I 30 milioni, le etichette e le aspettative. Tutto sul "Garoto de ouro", il ragazzino delle favelas che giocava a futsal sognando Totti 

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Ne parlavano così: "Ha il sinistro di Ganso, la tecnica di Neymar, la velocità di Lucas Moura". Assemblaggio perfetto, da top player. Parola di Wagner Ribeiro, professione agente. E che assistiti: Neymar, Robinho e tanti altri. Tra cui Gabriel Barbosa. Per tutti, Gabigol. (sì, avete capito, prima si riferiva a lui). Un mix di imprevedibilità in salsa verdeoro, sulla bocca di tutti da sei mesi, seppur in modi diversi. Finalmente in gol dopo 7 presenze, una rabona e tanti dubbi.

Evoluzione dell'idea "Gabigol" - Sei mesi di concetti mutati. Prima così: "Abbiamo preso il brasiliano, un fenomeno!". Cinque parole motivate da un investimento di circa 30 milioni (battendo la concorrenza della Juventus). Trattativa importante, complessa, mirata a costruire l'Inter che verrà. Gabriel Barbosa come filo conduttore di un sogno nerazzurro. Dicono che l'Inter l'avesse già cercato a 13 anni, prima del Barcellona, del Milan e di una telefonata del Borussia Dortmund. Predestinato, fenomeno. Il tutto tradotto con una parola: "Speranza". Quella di aver preso il "nuovo Neymar". Poi, dopo appena 16' in 15 partite, Gabigol è diventato un "oggetto misterioso". Nuove domande: "Perché non gioca? Perché Pioli non lo vede?". Rabona a San Siro, ma per l'allenatore "dovrebbe essere meno spettacolare". Niente, qualsiasi cosa non va bene. Diventa un caso. E ancora: "Non sarà un bidone, 'sto Gabigol?". Qualcuno l'ha pensato. Forse l'ambientamento, forse la difficoltà col calcio italiano. Eppure lo conosceva bene, tra l'idolo Totti e l'amico Felipe Anderson: "Me ne ha parlato spesso". Mistero. Fino alla rete che zittisce tutti, quella che ha regalato all'Inter la nona vittoria nelle ultime 10 gare. Lì, nella Bologna che battezzò il primo gol italiano di Ronaldo. Rising star.

Gabriel, Gabigol e Totti - Subito l'accostamento col "Fenomeno". E via coi confronti, con le etichette. Perché la carriera di Gabigol, almeno fin qui, è stata un susseguirsi di paragoni. Prima con Neymar, uno a cui si è sempre ispirato e sempre lo farà: "Anche se il mio mito è Francesco Totti. Ammiro la sua storia, il suo modo di giocare, quello che ha fatto per la Roma. Un calciatore fantastico". Poi con Adriano, in quanto si rivede in lui "per quanto era forte fisicamente e allo stesso tempo bravissimo nel finalizzare". Ricorda il primo Imperatore, quello che contro l'Udinese saltò mezza difesa palla al piede. Più punta, meno esterno. Un finalizzatore. Senza dimenticare il suo amico Felipe Anderson: "Tifo per lui". Insomma, va così. Sempre accostato a qualcuno, sempre vicino ad altri. Ma Gabigol è Gabigol, punto. Si è fatto da solo. Uno che a 16 anni ha debuttato col Santos in prima squadra battendo Neymar (17). Esordio e via, clausola di 50 milioni (è un '96). Un sogno per il "Garoto de ouro" di Vila Belmiro. 

Povertà e riscatto, dove tutto iniziò - Gabigol cresce a Parque Seleta, una favela di Sao Bernardo do Campo (la stessa di Lula, ex presidente della repubblica brasiliana). Prima il calcetto fino a 9 anni, poi la chiamata del Santos. Miti e leggende, dicono che abbia segnato tra le 400 e le 600 reti nelle giovanili, guadagnandosi quel soprannome lì. Gabi-gol. Basta andare su Youtube per farsi un'idea di quel Gabriel ancora ragazzino. Campi improbabil, l'erba è un miraggio. Lui, col 10 dei campioni, dribbla e segna. Roba che serve il pallottoliere. Scappa via in velocità e nessuno lo prende, con la testa alta e le lunghe leve. Il mancino preciso, mai banale. Talento puro già a 14 anni, 2 stagioni prima del debutto contro il Flamengo. Quattro anni tra i Peixes, 55 reti. Poi la Selecao e la Copa America del 2016. Male, un solo gol e Brasile fuori. Ma con l'Olimpica va meglio: medaglia d'oro da protagonista. Infine Milano, l'arrivo all'aeroporto col bagno di folla e le tante critiche subìte: "Gabigol? Gabighost!". Stavolta se la ride, una frase postata sul suo account Instagram dice tutto: "Sono stato fischiato, umiliato, applaudito e benedetto da Dio". Amen (ah, è religiosissimo). Oggi vive vicino Como "protetto" dal suo clan familiare, due amici più il padre e la sorella. Quando può, però, si fa lunghe passeggiate per Milano. Magari di notte e col cappuccio sopra la testa. Riservato.

 Ieri ne ha postata una del rapper brasiliano Projota che fa così: «Sono stato fischiato, umiliato, applaudito e benedetto da Dio»

Un gol che nasce dal silenzio - Gabigol è arrivato in Italia con un bagaglio di aspettative. Pressioni. Anche etichette sì, l'abbiamo detto. Su tutte quella di "mister 30 milioni). Ci ha messo un po' per poter dire la sua, lavorando in silenzio e con pazienza. Di opportunità ne ha avute poche, in una delle prime ha fatto gol. Al di là delle critiche, di quelle domande che facevano anche male: "Non sarà un bidone?". La famiglia l'ha protetto, Pioli l'ha preservato ed aiutato. De Boer, invece, lo bocciò quasi subito: "Non è pronto per l'Italia". Una storia di silenzio e riscatto, come quel ragazzino delle favelas arrivato dal futsal. Sognando Neymar.