Dopo i funerali celebrati a Roma, nella chiesa di San Pio X in piazza della Balduina, la salma di Aldo Biscardi sarà trasferita nella tomba di famiglia, nel cimitero di Larino (Campobasso), città che gli ha dato i natali
La televisione per Aldo Biscardi fu una favolosa scoperta: la scatola produceva fantastiche illusioni, capaci di far sognare un popolo di sognatori naturali. Oggi sembra facile, nel 1980 quando il Processo del Lunedì nacque, generato dalla fantasia dell’immaginifico Aldo, erano già 26 anni che popolava le nostre serate italiane, ma per i tifosi di calcio aveva solo certificato grandi imprese o colossali fiaschi.
Una funzione notarile che Biscardi vivificò con le parole sue e dei formidabili soci di quel circolo Pickwick che aveva organizzato in TV: il genio si manifestò nell’intuizione di elevare le chiacchiere calcistiche a genere spettacolare. Scelse gli interpreti con la cura di un regista, dovevano coprire tutti i ruoli, quasi fosse l’ultima riedizione della commedia dell’arte. Con la consapevolezza che i risultati sarebbero venuti.
Un’idea tanto semplice da dare l’illusione a chiunque che il modello si potesse replicare con qualsiasi comparsa. E qui nacque il biscardismo: gli studi televisivi di mezz’Italia furono invasi da cloni di Biscardi e dei biscardiani. Trentasette anni dopo l’occupazione militare ancora continua, senza distinzioni tra nord e sud, tra est e ovest. Siamo giunti alla globalizzazione del Processo, ma la differenza tra originale e copie “tarocche” è insopportabile, quasi quanto lo sono le celebrazioni che si stanno succedendo in queste ore: definire l’esercito di sosia come un’armata di allievi del Maestro è il modo più ingiusto per ricordarlo. Biscardi fu un inventore, un generatore continuo di intuizioni: riusciva a identificare sempre quella giusta, capace dell’effetto sorpresa. Seguendo le sue trasmissioni, nello spettatore c’era sempre la certezza che qualcosa sarebbe accaduto. Non succederà più, il biscardismo non potrà mai resuscitarlo.