In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Serie A, le 8 cose da seguire della domenica di campionato

Serie A

Dario Saltari e Mattia Pianezzi (in collaborazione con "l'Ultimo Uomo")

Immobile-Zapata-Simeone

Riuscirà il Benevento a fare il suo primo punto contro la Lazio? Come andrà il Sassuolo senza Berardi? La Fiorentina continuerà la sua striscia positiva? Le 8 cose da non perdere nell'undicesimo turno di Serie A

CLICCA QUI PER LE PROBABILI FORMAZIONI

Condividi:

Il Benevento può fare il suo primo punto in campionato?

Una delle domande con cui ci avviciniamo alla domenica dell’undicesima giornata di Serie A, è se il Benevento riuscirà finalmente, dopo tante fatiche, dopo la beffa al 95’ con il Cagliari di mercoledì, a conquistare il suo primo punto in campionato. Nello specifico ci si chiede: potrà il Benevento, davanti al pubblico del  Vigorito, resistere alla Lazio di Simone Inzaghi, una delle squadre più in forma del campionato?

I campani contrappongono alla Lazio i nuovi stilemi tattici di De Zerbi, in panchina da una neanche settimana, accolto invero non benissimo dai tifosi locali - ancora risentiti per la vecchia ruggine risalente ai tempi in cui il tecnico allenava il Foggia nelle serie inferiori - ma tutto sommato fiduciosi. 
Un modo interessante per vedere questa nuova avventura di De Zerbi al Benevento è considerarla come l’avventura di un allenatore che non ha niente da perdere: il nuovo tecnico arriva quando il record negativo di punti è già stabilito e, a meno di clamorose rimonte, la stagione compromessa. De Zerbi avrà delle responsabilità, certo, ma se hanno chiamato proprio lui è perché conoscono il suo gioco offensivista e con pochi punti di riferimento; non mettere in campo le sue idee, in cerca di una prudenza che al Benevento non ha portato punti per per dieci giornate, sarebbe da pudici. Il sogno è che De Zerbi dimentichi i dogmi e giochi per lo spettacolo, magari rischiando anche l’imbarcata. Ma più realisticamente il tecnico si concederà qualche lusso, qualche esperimento, magari mettendo in mostra alcuni dei calciatori più talentuosi fra i campani, e darà un’impronta tattica nuova e riconoscibile ai suoi cercando però di coniugare il tutto con dei risultati quanto meno dignitosi.

 

Le idee di De Zerbi subito in mostra contro il Cagliari, con il pentagono di impostazione composto dai tre centrali di difesa e i due mediani.

 

Nella prima partita di De Zerbi, quella di Cagliari, il Benevento ha rischiato di pareggiare – in una maniera persino rocambolesca. Si possono vedere i germogli del cambiamento, innanzitutto l’abbandono della difesa a quattro in vista di una più prudente ma elastica difesa a tre, con Letizia a fare da pendolino sulla fascia destra e il mezzofondista Lazaar dall’altra, utili a comando a trasformarsi in pedine offensive (le azioni più pericolose del Benevento sono arrivate proprio da cross del marocchino). Cataldi, nel tandem di centrocampo con Chibsah, si prende più responsabilità di inventiva per le azioni offensive e spazia di più sulle fasce – il gol è arrivato su un fallo da rigore su cross proprio dell’ex biancoceleste. I tre difensori sono stati più coinvolti nella costruzione offensiva e nella ricerca del laserpass, alti in fase di possesso.

C’è da dire che il Cagliari un po’ sbandato di quest’anno è un avversario meno ostico della Lazio di Simone Inzaghi, e nonostante lo stadio di casa farà la sua parte, se De Zerbi riuscisse a fare punti in questo match sarebbe davvero un grande risultato. Il pressing organizzato dalla squadra di Inzaghi potrebbe far saltare tutte queste belle parole e lo schieramento delle streghe, e alla fine dei conti ci ritroveremo ancora una volta a lodare la fluidità asimmetrica degli attacchi biancocelesti e la pressione del loro reparto offensivo…

Immobile vs Benevento: il miglior attaccante contro la peggior difesa

Benevento - Lazio, tra le altre cose, significa anche il miglior attaccante contro la peggior difesa della Serie A, almeno per il momento. Ciro Immobile, però, non è solamente il capocannoniere del campionato con 13 gol (esattamente la metà di tutti i gol della Lazio), ma anche quello che si è riuscito a ritagliare le occasioni più pericolose. È in cima alla classifica della Serie A anche per Expected Goals prodotti, la statistica che dà un valore alla pericolosità dei tiri, traducendola in un numero equivalente ai gol che quei tiri ci si sarebbe potuto aspettare generassero. Immobile, come tutti gli attaccanti più prolifici, è andato al di sopra delle aspettative, segnando 8 gol su azione sui 5.96 xG prodotti finora, meglio anche di attaccanti come Dzeko (7 gol su azione da 5.6 xG), Icardi (7 da 4.7 xG) e Mertens (6 da 4 xG).

Ciro Immobile (Iguana Press)

 

Immobile si troverà di fronte la peggiore difesa del campionato, anche in questo caso non solo per gol effettivamente concessi (24) ma anche per Expected Goals subiti (17.5). La squadra campana concede occasioni particolarmente pericolose agli avversari, che per di più sono per la quasi totalità tecnicamente o fisicamente superiori. A questo va aggiunto il gioco offensivo di De Zerbi, che di solito dà grosse responsabilità ai due centrali in fase di prima impostazione.

Nel frattempo, se siete dei fan di Ciro Immobile, se amate le sue progressioni, il modo in cui riesce a mantenere il controllo del pallone anche in spazi stretti e ad alte velocità, non potete perdervi questa partita.

Trova le differenze tra Sampdoria e Chievo

Sampdoria e Chievo sono due tra le squadre tatticamente più interessanti del campionato e la partita di oggi sarà un bel test per entrambe per capire i margini di crescita e le proprie ambizioni in questa Serie A. Entrambe arrivano a questa sfida dopo un percorso in campionato molto simile, con un grande inizio interrotto da una brusca sconfitta con una milanese. La Sampdoria, prima di perdere per 3-2 con l’Inter, aveva vinto tre delle sue ultime quattro partite; il Chievo, invece, nelle quattro partite precedenti alla sconfitta casalinga con il Milan, aveva raccolto addirittura 10 punti sui 12 disponibili. Sampdoria e Chievo, poi, dopo l’esonero di Rastelli a Cagliari, sono rimaste le uniche due interpreti in Serie A a giocre con un modulo che sembrava caduto definitivamente in disgrazia e che l’Italia sta tenendo fieramente in vita: e cioè il 4-3-1-2, anche detto 4-4-2 con il centrocampo a rombo.

Sotto questa scorza superficiale di somiglianza, però, le squadre di Giampaolo e Maran sono in realtà profondamente diverse. I blucerchiati, infatti, utilizzano il rombo per avere superiorità a centrocampo con un palleggio corto tra i quattro di difesa e i tre di centrocampo, che fanno densità in zona palla per far avanzare lentamente il baricentro della squadra col possesso. La Sampdoria cerca di arrivare con molti uomini nella trequarti avversaria per poi innescare verticalizzazioni improvvise per i tagli delle due punte, per l’inserimento del trequartista e delle mezzali.

A questa impostazione di base, che aveva portato vantaggi molto chiari già la scorsa stagione, la Sampdoria ha aggiunto quest’anno una nuova arma: Duvan Zapata. Il colombiano ha una grande tecnica nella difesa del pallone spalle alla porta e una conduzione prodigiosa, con cui cerca di penetrare centralmente, fungendo letteralmente da ariete. Zapata permette alla sua squadra di sfruttare anche il gioco lungo e di arrivare in area attraverso i corridoi centrali: ossigeno puro per una squadra che a volte tende ad andare in difficoltà se pressata alta e che fa sempre molta fatica a giocare in ampiezza.

Proprio contro l’Inter, la Samp ha dimostrato tutte le proprie difficoltà a rendersi pericolosa quando Zapata non riesce a esercitare il proprio dominio fisico nei confronti degli avversari. La squadra di Spalletti si stringeva molto orizzontalmente senza palla per difendere il centro, e la Samp non riusciva a sfruttare gli esterni. L’Inter ha anche esposto la fragilità della Sampdoria una volta perso il pallone, con la squadra di Giampaolo che tende a disorganizzarsi facilmente quando commette errori in impostazione bassa.

La questione della difesa del centro e dell’importanza dell’ampiezza è sostanzialmente ciò che divide Giampaolo e Maran nell’interpretazione del rombo di centrocampo. Il Chievo, al contrario della Samp, vive senza patemi la privazione del possesso e utilizza il rombo anzitutto in funzione difensiva, formando due linee di tre uomini molto strette davanti alla difesa in fase di non possesso proprio per spingere l’avversario sugli esterni e facilitare il recupero del pallone con l’aiuto della linea del fallo laterale.

 

Il Chievo è anche molto abile a sfruttare il gioco lungo in fase offensiva, con un utilizzo delle seconde palle e delle transizioni estremamente organizzato per colpire l’avversario in velocità quando è maggiormente disorganizzato.

Quello del Chievo è un gioco molto dispendioso a livello fisico e mentale, perché richiede grande attenzione senza palla per schermare la ricezione tra le linee e grande precisione tecnica per attaccare in velocità e a pochissimi tocchi. La squadra di Maran, oltre al fatto che vive un’inferiorità tecnica e fisica contro la maggioranza degli avversari, soffre le squadre che riescono contemporaneamente a dare ampiezza e a trovare le ricezioni tra le linee, nei mezzi spazi, cosa che il Milan ha fatto discretamente col suo nuovo 3-4-3 nell’ultima giornata di campionato.

La Sampdoria sa schiacciare gli avversari col possesso come poche altre squadre in campionato e la squadra di Maran va in apnea molto facilmente quando deve difendersi bassa e senza il pallone per troppo tempo. La brutta sconfitta contro il Milan, poi, deve essere per il Chievo il primo campanello d’allarme per la sua solidità difensiva, suo fiore all’occhiello negli anni passati e che invece quest’anno sta venendo lentamente meno (ha subito 7 gol nelle ultime 4 partite, ed è attualmente sui livelli di Genoa, SPAL e Cagliari per Expected Goals concessi). Difendersi bene contro Zapata, Quagliarella, Ramirez e Praet può essere un primo passo per rimettersi in carreggiata.

Come se la caverà il Sassuolo senza Berardi?

Le prospettive per il Sassuolo, che viene da un periodo interlocutorio in cui ha vinto solo una delle ultime cinque partite e dovrà giocare contro un Napoli in formissima, sono tutt’altro che rosee. Ma, al di là delle comprensibili difficoltà dopo la fine dell’era Di Francesco, la nota più dolente per gli emiliani è lo stato di forma di quello che è il talento più luminoso della squadra, Domenico Berardi, che al San Paolo nemmeno ci sarà per un fastidio al ginocchio.

Berardi ha avuto un’involuzione statistica evidente negli ultimi anni, almeno da un punto di vista realizzativa. Dopo un esordio esplosivo, a cui è seguita un’annata a doppia cifra (15 gol e 10 assist), dal 2015 alla fine del campionato scorso Berardi ha visto abbassarsi la sua verve realizzativa in favore di un progressivo abbassamento e inclusione nel gioco di costruzione. Ma è stato questo inizio di stagione grigio a rendere questo trend davvero preoccupante.

Non avere più Di Francesco, l’allenatore che l’ha fatto esplodere, non l’ha aiutato, ma da uno con il talento di Berardi ci si aspetta che brilli di luce propria, che giochi bene in qualunque circostanza. “Ectoplasmico” nell’ultimo match con l’Udinese, Berardi sembra in questo primo scampolo di Serie A spuntato, confuso, poco concentrato. Sembra anche frustrato nella ricerca del gol: quest’anno tira 4,1 tiri a partita, mai così tanti da quando è in A. Quasi un grido di disperazione.

Bucchi per forza di cose ha continuato ad aggrapparsi a lui, confermandogli ogni volta la sua totale fiducia dopo gli errori, ma se il Sassuolo tirasse fuori una grande prestazione proprio contro il Napoli, senza Berardi?

 

Uno dei tanti tiri sfortunati di Berardi nelle ultime partite.

 

Dopo il 6-1 con la Lazio, Bucchi ha deciso di abbandonare il 3-5-2 e tornare al 4-3-3, ma la mossa non ha prodotto effetti troppo positivi (in queste ultime tre giornate il Sassuolo ha vinto solo con la SPAL). Se arrivasse sorprendentemente un risultato positivo, e se Ragusa e Politano non dovessero farne sentire la mancanza, allora magari persino l’allenatore che ha difeso fino ad ora potrebbe metterlo in discussione.

Sullo sfondo pesano vecchi dubbi mai sopiti, piccoli bracieri sul fuoco delle domande esistenziali su Berardi: perché nessuna grande squadra, quando i suoi numeri erano notevoli, si è interessata a lui? Berardi ha il tempo e il talento per tornare sui suoi livelli, ma adesso deve dimostrare di poter trascinare il Sassuolo verso posizioni di classifica più rassicuranti. Chissà che tra qualche mese non considereremo queste giornate un po’ buie come la crisalide nella trasformazione di un giocatore completo, importante al di là dei sistemi tattici in cui è inserito.

Il momento difficile di Cagliari e Torino

Torino e Cagliari si incontrano in un momento particolarmente difficile, nonostante entrambe avessero grandi ambizioni prima dell’inizio di questa stagione. Il Toro viene da tre sconfitte e due pareggi nelle ultime cinque partite, con Mihajlovic che sembra molto in difficoltà nel sopperire all’assenza di Belotti, mentre il Cagliari, delle ultime cinque partite, ha vinto solo l’ultima, contro il Benevento, grazie al mezzo miracolo di Pavoletti all’ultimo secondo.

Tra le due, comunque, il Cagliari sembra quella che stia cambiando di più per provare a invertire la rotta. La società cagliaritana ha esonerato Rastelli e ha messo in panchina il redivivo Diego Lopez, che ha fin da subito provato a cancellare il passato tattico del suo predecessore per gettare nuove fondamenta.

Dopo i primissimi esperimenti col 3-4-1-2 con la Lazio, l’allenatore uruguaiano ha deciso di invertire il triangolo di centrocampo contro il Benevento, rinunciando definitivamente al trequartista: quel Joao Pedro che era invece il fulcro creativo della squadra con Rastelli. Ne è uscito fuori un 3-5-2 che, nonostante le inevitabili improvvisazioni di inizio corso, ha comunque garantito una migliore difesa posizionale e, inevitabilmente, un miglior utilizzo dell’ampiezza, che con il rombo veniva per forza di cose pregiudicata.

 

Lo spazio concesso tra le linee dal 3-5-2 del Cagliari porta quasi al gol del Benevento.

 

Il Cagliari è ancora pieno di problemi, e forse non potrebbe essere altrimenti: la difesa non esce quasi mai aggressiva nei mezzi spazi e lascia moltissimo spazio alle spalle del centrocampo. Non ci sono ancora meccanismi di riconquista immediata del possesso ed è molto fragile in transizione. Anche con la palla, il Cagliari raramente riesce a trovare l’uomo libero tra le linee, e preferisce andare sugli esterni per cercare il cross in area (comunque non un’idea del tutto campata in aria quando in area hai uno specialista come Pavoletti).

Sembra, invece, funzionare discretamente l’attacco a due Pavoletti-Sau, che sono quasi perfettamente complementari nei movimenti, con il primo che rimane in area ad abbassare la difesa avversaria con movimenti in profondità e il secondo che viene incontro tra le linee a ricevere e associarsi con i centrocampisti.

Diego Lopez potrebbe continuare a sperimentare anche contro il Torino, magari riproponendo Joao Pedro alle spalle di Pavoletti, in un 3-5-1-1 che vedrebbe ricomparire il rombo in mezzo al campo, anche se in un’impalcatura tattica diversa rispetto a quella di Rastelli.  E non è detto che alla fine, nonostante le voci che volevano allenatori più affermati come Oddo o Iachini sulla panchina del Cagliari, non riesca a trovare un modo per esaltare le caratteristiche di una rosa che, per il suo livello tecnico, sembra poter fare meglio dei 9 punti conquistati finora.

La Fiorentina sembra in forma

La Fiorentina si è ritrovata ad inizio anno con molti talenti in meno e una serie di prospetti col cartellino “???” addosso, più qualche giocatore solido e di fiducia a fare da bastoncino a tutto lo zucchero filato. A trovare la chimica giusta è stato chiamato Stefano Pioli, reduce dall’esonero dall’Inter. Non sembrava la premessa per una storia di successo, eppure dopo dieci partite la Fiorentina si ritrova in mezzo alla classifica, con sedici punti – come il Milan che però il suo mercato prepotente l’ha fatto. Soprattutto, la squadra di Pioli viene da tre convincenti vittorie.

La Fiorentina ha iniziato la stagione con il 4-3-3 schiantato dall’Inter il 20 di agosto, che Pioli ha pensato di mettere da parte per affidarsi invece ad un più solido e meno imprevedibile 4-2-3-1. L’impressione è che il 4-2-3-1 di Pioli non fosse altro che una prova, uno step per ritornare poi a quel 4-3-3 provato all’inizio. Una volta rimessi insieme i pezzi, capito di chi poteva fidarsi ciecamente tra i viola, Pioli li ha messi in campo per bene dopo sette giornate di studio: così ha ottenuto la convincente striscia positiva delle tre vittorie.

La Fiorentina hanno segnato otto gol nelle tre uscite (dieci nelle prime sette di campionato), concesso solo uno (dieci prima). Soprattutto, è arrivata al tiro più facilmente, tanto che la precisione dei tiri è schizzata dal 38% al 59%. C’è da dire che gli ultimi tre avversari della viola non sono stati irreprensibili: l’Udinese scolorita, il Benevento dei record negativi, il Torino deludente delle ultime settimane.

La linea difensiva “viola” ormai è formata da Biraghi-Astori-Pezzella-Laurini; il centrocampo ha trovato i suoi interpreti nel trio Veretout-Badelj-Benassi; mentre davanti giocano fissi Théréau-Simeone-Chiesa. Questo ha portato alla formazione di una serie di automatismi e linee di passaggio rodate: quando terzino e mezzala scambiano su una fascia, dall’altro lato partono gli inserimenti in area di rigore: la mezzala opposta, la punta centrale e solitamente l’esterno di riferimento entrano in area per fare male.

 

Più in generale, nelle situazioni di palloni in mezzo all’area, Théréau segue il suo istinto naturale e fa la punta vera (segnando anche parecchio: quattro gol e due assist con la viola, più i due con l’Udinese ad inizio campionato), gioca bene di sponda insieme all’argentino e crea i presupposti per una superiorità numerica pericolosa. Théréau non ci sarà contro il Crotone e sarà interessante vedere come cambieranno gli equilibri della Fiorentina con in campo Eysseric. 

Il Crotone, pur avendo giocato una partita discreta a Roma (specialmente il primo tempo) non rappresenta un test particolarmente significativo, ma alla prossima la squadra di Pioli affronterà proprio quella di Di Francesco. Il Crotone e Nicola hanno il vantaggio del campo, e se non vorrà ripetere il miracolo dello scorso anno è bene che cominci a prendere qualche punto già da ora. Ragioni sufficienti per tenere d’occhio la partita.

Ilicic ritrovato

Ilicic è visibilmente in grande spolvero. Uno dei motivi può essere che ha giocato le ultime 16 partite di fila senza mai soffrire dei soliti acciacchi che hanno tarpato le sue ali in passato. Gli altri sono di ordine tattico e mentale: Ilicic sembra essere riuscito già ad inserirsi nella macchina bergamasca di Gasperini. Il tecnico, di ritorno dalle vacanze, ha trovato una squadra simile a quella della fine della stagione precedente (condizione che a Genova non accadeva così spesso) con qualche innesto importante tra cui, appunto, lo sloveno. Ilicic gioca spesso come vertice alto di uno dei due rombi esterni gasperiniani, formati da centrale laterale di difesa, interno di centrocampo, esterno in fascia e attaccante esterno. Come Papu Gomez, solo dalla parte opposta.

Ilicic riesce sempre a fare qualcosa di più (prende anche molti falli, e con 5 gol su 17 arrivati all’Atalanta su calcio piazzato non è un aspetto da sottovalutare). La continuità fisica di Ilicic si lega ad una fiducia ritrovata e al lavoro di Gasperini, da sempre grande valorizzatore di esterni per il suo calcio decentratore. Più in generale, sembra meno avulso dal gioco, meno una carta matta, e più inserito nelle trame tattiche. I numeri lo dimostrano già: tre gol e quattro assist tra Serie A ed Europa League. L’anno scorso nelle stesse competizioni a fine anno contava sei gol e quattro assist.


Spalletti è il miglior attore protagonista di questa Serie A

Il lunedì, si sa, è il giorno della settimana in cui i palinsesti TV si inaridiscono ed è forse per questo che la lega Serie A ha deciso di intervenire in maniera aggressiva proponendo Verona-Inter. Esiste un film o una serie TV, più interessante di Luciano Spalletti durante e dopo una partita? Volete dire forse che lo spettacolo offerto da Spalletti ogni volta davanti alla propria panchina non vale le repliche di NCIS: Los Angeles?

Ecco tre frasi post-partita di Spalletti che sembrano uscite da una serie tv, che non sfigurerebbero su una maglietta con Walter White o Jon Snow.

«Cercate sempre di creare l’infelice e l’eroe perché poi chiunque arriva secondo è un infelice, ma non è mica così. Non è che c’è solo il fenomeno e il fallito». (Dopo Napoli-Inter 0-0).

«Si vedrà chi ha paura a giocare questa partita perché ognuno si crea la locandina che vuole poi c’è il campo e si gioca. E si guarda». (Dopo Inter-Milan 3-2).

«Se questa volta siamo stati sfortunati noi, coi pali? In realtà le traiettorie di quei palloni erano destinate fuori di un paio di metri, poi una ventata li ha fatti sbattere sui pali». (Dopo Inter-Sampdoria 3-2).

Le conferenze post-partita di Spalletti di solito concedono spettacolo se la gara è stata particolarmente combattuta. Non resta che sperare che anche Verona-Inter lo sarà.