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Juventus-Inter, battaglie e veleni: la storia del "Derby d'Italia"

Serie A

Domenico Motisi

Quella tra bianconeri e nerazzurri non può essere considerata una partita come le altre. All’Allianz Stadium si affrontano due squadre la cui rivalità va al di là dei tre punti in palio: è un antagonismo che dura da oltre 50 anni e per il quale Gianni Brera ha sentito la necessità di inventare una definizione che tutt’ora spiega al meglio il significato di questo match

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Non sarà mai una partita come le altre. Non può esserlo, lo dice la storia. Sarà banale, lo dicono in tanti e in diversi contesti, ma se c’è davvero un match che "vale più di tre punti", questo è Juventus-Inter. A maggior ragione se i nerazzurri si presentano a Torino da prima della classe e affrontano - in quello che è a tutti gli effetti uno scontro scudetto - i campioni d’Italia in carica distanti appena due punti.

L'inizio della rivalità

Se oggi Juventus-Inter è tra le rivalità più sentite (se non la più sentita in assoluto) del nostro campionato, lo si deve a due match in particolare: quelli del 1961. Era la prima stagione del "Mago" Herrera sulla panchina dell’Inter e i nerazzurri si presentarono il 16 aprile a Torino con quattro punti di svantaggio sulla Juventus. Partita di cartello, nessuno vuole mancare all’appuntamento, tanto che il Comunale non riesce a contenere tutti i tifosi sugli spalti (molti erano senza biglietto). In tanti finirono per "accomodarsi" a bordo campo, ma qualcuno andò un po' oltre facendo una vera e propria invasione. L’arbitro decise così di sospendere la partita e il regolamento di allora, in questi casi, decretava la vittoria della squadra ospite. L’Inter dunque vinse a tavolino e si riportò a un punto dalla Juventus. I bianconeri fecero però ricorso alla Caf che si pronunciò molto tempo dopo, precisamente al termine della penultima giornata con le due squadre appaiate in classifica. La decisione fu di quelle sgradite, per usare un eufemismo, all’Inter: ricorso accolto, vittoria a tavolino revocata a partita da rigiocare il 10 giugno, dopo l'ultima giornata di campionato. Prima di questo recupero, che sulla carta doveva essere decisivo, la Juve giocò e pareggiò a Bari, ma l’Inter perse a Catania (è la partita del "Clamoroso al Cibali") scivolando a -3. Lo scudetto è matematicamente bianconero, la sfida contro l’Inter non conterà nulla. Il 10 giugno, dunque, Angelo Moratti, presidente dell'Inter, decise di mandare a Torino la Primavera. Finirà 9-1 per la Juventus che, invece, schiera tutti i suoi campioni con Omar Sivori che segnò sei dei nove gol. Fu l’ultima partita di Giampiero Boniperti in bianconero e la prima di Sandro Mazzola, all’epoca 19enne, in nerazzurro. Proprio sua l’unica rete dell’Inter in quel match che diede inizio a una grande rivalità. 

Perché è "Derby d’Italia"

Se oggi Juventus-Inter è per tutti il "Derby d’Italia", lo si deve ad una persona in particolare. Non una qualunque, ma un giornalista al quale il linguaggio calcistico deve questa e tante altre espressioni che hanno fatto la storia. Si tratta ovviamente di Gianni Brera. Fu proprio lui a definire "Derby d’Italia" il match tra bianconeri e nerazzurri esattamente 40 anni fa, nel 1967. In realtà, Brera non diede mai una vera e propria spiegazione sul perché di quell’espressione, ma fu una frase che ebbe talmente tanto successo (con i precedenti del 1961 ancora vivi nelle memorie) che evidentemente non ce n’era bisogno. Tra l’altro, Juve e Inter erano - e sono tutt’ora - le squadre con più scudetti, quelle che avevano giocato più volte contro e inoltre rappresentavano due famiglie come gli Agnelli e i Moratti tra le più potenti in Italia. 

Ronaldo-Iuliano: benzina sul fuoco del "Derby d'Italia"

Sono passati quasi 20 anni ma se c’è uno scontro tra Juventus e Inter che ha segnato un prima e un dopo nella storia di questo match, non si può non far riferimento al 26 aprile del 1998. È l’Inter di Ronaldo, il fenomeno, che arriva al Delle Alpi con un solo punto di svantaggio sulla Juve capolista alla 31ma giornata. È Del Piero a sbloccare il risultato prima dell'espulsione di Ze Elias. L’episodio che però tutt’oggi è oggetto di accese discussioni tra nerazzurri e bianconeri è lo scontro tra Iuliano e Ronaldo in piena area di rigore. Il brasiliano sposta la palla in velocità, il difensore della Juve non riesce a fermarsi e sbatte contro il fenomeno che finisce per terra. Ceccarini non concede il penalty e si ritrova circondato dai giocatori dell’Inter che protestano. Nel frattempo i padroni di casa proseguono l’azione finché Taribo West atterra Inzaghi in area. L’arbitro in questo caso fischia: rigore per la Juventus. Gigi Simoni e tutta la panchina ospite esplodono di rabbia. Del Piero si fa parare il rigore da Pagliuca ma la capolista lo stesso vince e fa il passo decisivo verso lo scudetto. Le polemiche se seguirono quel match non si sono ancora spente.

Juve-Inter, bianconeri alla "francese"

Ci sono diversi modi per essere ricordati nel contesto di una super sfida come quella di Juve-Inter. Dalla parte dei bianconeri, sono due i personaggi francesi legati a questa partita che riportano alla mente dei tifosi ricordi indelebili. Il primo è Michel Platini, fuoriclasse tre volte Pallone d’oro e leggenda del club torinese. Prima di diventare uno dei calciatori più forti della storia juventina, "Le Roi" è stato ad un passo proprio dal vestire la maglia nerazzurra. Sono diverse le versioni, più o meno veritiere, che spiegano perché il francese non arrivò mai a Milano: la prima, molto fantasiosa, dice che l’accordo non si trovò a causa di un disguido linguistico che fece saltare l’appuntamento tra Platini e la dirigenza nerazzurra. L’altra, decisamente più plausibile, sostiene che l’Inter aveva già preso l’attaccante ma lo slittamento dell’apertura delle frontiere e il contemporaneo infortunio del fuoriclasse fecero cambiare idea al club nerazzurro che lasciò via libera alla Juventus per l’acquisto nella stagione successiva. Ovviamente Platini non si fece mancare il gol contro l’Inter nel 1983 e nel 1986. L’altro campione francese che deve al Derby d’Italia un salto di qualità decisivo della sua carriera (e che carriera...) è Zinedine Zidane. Il 20 ottobre 1996 al Delle Alpi arriva l’Inter di Roy Hodgson, Zizou era giunto a Torino da pochi mesi e non aveva ancora convinto né Lippi né i suoi tifosi, ma quella sera dimostrò perché la squadra Campione d’Europa in carica aveva puntato su di lui. Il suo primo gol in Italia è una perla: un sinistro da lontano imparabile per il 2-0 finale. Com’è proseguita l’avventura di Zizou in bianconero e più in generale nel calcio è storia nota.

… e nerazzurri in versione "argentina"

Se alla Juve è la Francia che porta piacevoli ricordi legati ai match contro l’Inter, i nerazzurri sono legati ad un passato (e un presente) "albiceleste". In particolare, negli ultimi 15 anni, sono tre i campioni argentini che hanno punito diverse volte i bianconeri. Il primo è Julio Ricardo Cruz, "El Jardinero", che quando incrociava la Juventus era une vera e propria sentenza: sono quattro le reti che l’ex centravanti ha segnato a Torino contro i rivali di sempre, due in un 3-1 del 2003 che ha rallentato la corsa scudetto di Lippi e i suoi. Impossibile poi non ricordare la doppietta di Milito e il gol di Palacio del 3 novembre 2012: i due argentini ribaltano la rete di Vidal e firmano la prima sconfitta di bianconeri nel nuovo Juventus Stadium. La squadra di Conte non aveva mai perso in casa ma cade dopo 49 partite sotto i colpi dei sudamericani messi in campo da Andrea Stramaccioni. Infine non può mancare Mauro Icardi. Il capitano dell’Inter, nato a Rosario, ha segnato sette gol alla Juventus (tre con la maglia della Samp) e - a proposito di argentini - sarà lui a sfidare il Pipita Higuaín in quello che potrebbe essere anche un duello per la maglia numero 9 della nazionale di Sampaoli che al momento sembra preferire il classe '93.