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Serie A, le migliori giocate della 23^ giornata

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La punizione di Eriksen, il tacco di Saponara, lo slalom di Bennacer e altre grandi giocate dall'ultima giornata di campionato

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Quella appena passata potrebbe essere ricordata come una delle giornate più decisive di questa stagione. In testa alla classifica la Juventus è caduta a Verona e ha perso tre punti sia nei confronti della Lazio, che ha vinto a Parma, che dell’Inter, che ha battuto in rimonta il Milan nel Derby. È stata anche la giornata in cui la provincia ha avuto la sua vendetta sul centro della Serie A, con il Lecce e il Bologna (oltre al già citato Verona) che hanno vinto con merito sui campi di Napoli e Roma. In una giornata così ricca di colpi di scena non potevano mancare le giocate spettacolari. Questa è la nostra selezione delle migliori. 

 

L’autovelo di Dybala

La settimana scorsa Sarri aveva detto che era «una bestemmia» tenere in panchina Dybala, eppure anche contro il Verona l’argentino non è partito tra i titolari. La Juventus ha subito la pressione dell’avversario per lunghi tratti, non riuscendo a sostenere il suo gioco manovrato per risalire il campo. Le cose sono cambiate per un po’ quando è entrato Dybala. 

 

Qui esegue la sua prima giocata della partita ancora prima di toccare il pallone. Sul passaggio lungo linea di Cuadrado si fa passare la palla sotto le gambe per farne continuare la corsa oltre l’avversario. Il Verona era riuscito quasi sempre ad impedire agli esterni della Juventus di girarsi ed andare in campo aperto, ma Dybala al primo pallone giocato è riuscito ad eludere questa pressione. Poco dopo una sua brillante difesa del pallone nella propria trequarti avvierà il gol di Ronaldo. La squadra di Juric negli ultimi venti minuti è riuscita a capitalizzare questo dominio, ma Dybala è apparso comunque uno dei più lucidi. Sarri dovrà chiedersi quanto può ancora tenerlo in panchina.

 

La danza di Bennacer

Quella di Bennacer non è stata una stagione semplice. Dopo essere stato una delle immagini delle difficoltà del Milan di Giampaolo, però, il centrocampista algerino sta finalmente trovando una buona continuità di rendimento con Pioli, che gli sta permettendo di mettere in mostra gli aspetti più spettacolari del suo talento. Tra questi, forse il più utile al gioco collettivo del Milan è quello di saper andare in verticale anche in spazi stretti, facendo passare la palla tra selve di avversari, mantenendo l’equilibrio come un cameriere costretto a portare una pila di piatti tra la folla. In questo caso anticipa Eriksen sull’appoggio alla cieca di Barella e si invola verso il centrocampo dell’Inter, che sembra troppo popolato per poterci passare attraverso. Sembra voler andare verso l’esterno destro, ma quando Young sembra aver ormai intuito le sue intenzioni, Bennacer sterza improvvisamente verso sinistra con il pallone attaccato all’esterno sinistro. Una finta troppo semplice? Subito dopo ci casca anche Brozovic: Bennacer butta il corpo a destra ma lascia la palla a sinistra, per andare poi da Bonaventura con l’esterno sinistro per impedire ad Eriksen di rinvenire sulla palla. Questa giocata rappresenta ovviamente una frazione minimale della partita del centrocampista algerino, che è stata tutt’altro che perfetta. Ma rappresenta la parte migliore del suo talento, quella a cui tutti i milanisti guardano con fiducia quando pensano alle sue prospettive nel futuro.

 

Il controllo di Caputo

Francesco Caputo detto “Ciccio” fa parte di quegli attaccanti italiani maturati tardi, o di cui forse ci siamo accorti noi in ritardo. Le qualità di Caputo, del resto, hanno a che fare con la parte meno visibile del gioco: i movimenti senza palla, l’intelligenza delle letture, il modo in cui apre gli spazi per i compagni. La cosa evidente, però, è che “Ciccio” Caputo pensa sempre quando gioca, è un attaccante intelligente. Questo primo controllo con cui brucia il diretto marcatore in area di rigore, per prepararsi la conclusione, viene da un’intuizione raffinata, ma deriva anche dalla sua capacità di fare sempre la scelta migliore quando deve preparare la conclusione (vale la pena ricordarsi la finta a rientrare con cui ha mandato sedere a terra Mancini una settimana fa). Dobbiamo anche sottolineare la bravura di Tomovic che capisce tutto ed evita quello che sarebbe stato un grandissimo gol. 

 

Il tacco di Saponara

Riccardo Saponara è arrivato a Lecce notevolmente appesantito, del tutto pelato e con dei baffi ancora più folti rispetto alla sua ultima esperienza a Genova. Eppure il suo talento, anche sotto i passi più pesanti e i cambi di gioco più lenti, sta rilucendo della brillantezza che avevamo già ammirato ad Empoli, anche se in un contesto più associativo e meno verticale. Il suo gioco è ormai fatto di pochi tocchi per nascondere i limiti fisici, e questo per paradosso lo sta rendendo il trequartista perfetto per il Lecce di Liverani, una squadra che ama fare densità in zona palla per aumentare le linee di passaggio e le possibilità di superare la pressione avversaria. Qui, ad esempio, tocca di prima, e di tacco, un pallone recuperato in alto dai salentini verso Barak, e subito dopo si butta nello spazio tra Di Lorenzo e Maksimovic. Barak glielo restituisce con un lob morbidissimo lanciandolo fino al lato corto dell’area di rigore, dove Saponara spende appena uno stop di petto prima di scaricare di nuovo il pallone, questa volta all’indietro verso Lapadula. È l’azione che porta al primo vantaggio del Lecce e, anche se Saponara non lo ha né segnato né servito, non sarebbe stato possibile senza il suo nuovo trequartista. 

 

La punizione di Eriksen

Dopo la partita Conte ha sottolineato come Eriksen venga da «uno stile di gioco molto libero», il modo dell’allenatore per dire che, insomma, il giocatore danese deve ancora trovare la giusta confidenza con i suoi schemi prima di occupare la posizione di rilievo all’interno del gioco dell’Inter che gli spetta. In attesa di un momento che certamente arriverà, perché la classe di Eriksen non può essere messa in discussione, ieri abbiamo potuto ammirare la qualità del fondamentale che l’ha reso un giocatore tanto forte, la sensibilità nel piede destro.

 

La prima cosa da notare è che nessuno, neanche i suoi compagni si aspettano il tiro in porta, dopotutto è una punizione da 35 metri seppure in posizione non troppo defilata. Godin taglia sul secondo palo aspettandosi un cross, Lukaku gli va incontro aspettandosi un passaggio, De Vrij e Kessiè a centro area si contendono la miglior posizione per saltare di testa. Ma anche Donnarumma pensa solo a dare indicazioni ai suoi per difendere l’area piccola e anche la posizione che occupa è totalmente rivolta ad un’eventuale uscita. Effettivamente è possibile che nessuno avesse visto Eriksen tirare molte punizioni, tanto da aspettarsi che anche da lì potesse pensare alla conclusione. Il centrocampista dell’Inter forse invogliato dal movimento del portiere avversario va invece dritto in porta come se fosse quindici metri più vicino. Il movimento di calcio sembra quasi finto: Eriksen non calcia di pura potenza, come di solito si fa da quella distanza, colpisce il pallone quasi con una schicchera, bloccando la gamba e usando l’interno del piede per disegnare una parabola diretta all’incrocio dei pali. Il fatto che poi la palla sbatta sull’interno della traversa, a pochi centimetri dall'incrocio è una casualità che rende la sua punizione quasi più preziosa.