Insider Napoli, come sta la squadra di Conte a pochi giorni dal via del campionato

Un uomo al comando. Che non è solo e neanche può decidere tutto. Però si staglia sugli altri. E gestisce, orienta, indica. Di fatto governa. Antonio Conte è l’uomo del rilancio. La scelta convinta e quasi obbligata di De Laurentiis. Il cambiamento che deve essere una restaurazione. Obiettivo tornare sé stessi. Il Napoli che era, quello delle quattordici stagioni di fila in Europa e Campione d’Italia appena un anno fa: il più forte di tutti; ma poi pure la peggiore squadra di sempre con lo scudetto sul petto. Un disastro per i conti, gli umori e le prospettive. Un ambiente depresso e la ricerca ossessiva delle responsabilità. Dei colpevoli. Era necessario cambiare tutto: equilibri, facce, spirito. Atteggiamenti. Serviva un uomo così. Il garante di un progetto nuovo che fosse un po’ anche vecchio, nei risultati. Ritrovare una dimensione che il Napoli si è dato. Dare un segnale. Personalità e spalle grosse. Idee, fame e fama. Conte è il leader voluto e riconosciuto. L’allenatore più pagato della storia del Napoli. Tre anni di contratto. È la macchina che riparte. “Lo juventino” per la piazza che è ora “il primo tifoso del Napoli”. Tifoso del proprio lavoro. Serietà, rispetto, voglia di andare oltre. Patti chiari. Conte è il centro di gravità con tutto e tutti intorno; anche il presidente De Laurentiis, volutamente e apparentemente defilato. Ma lì, presente. Presidente. È davvero un altro Napoli. Nelle intenzioni. Nella voglia di ricominciare. Di fare. E Manna, il Ds che è visione e generazione nuova, aggiunge conoscenze. E ha ora la missione di aggiustare il Napoli. Di allargarlo, di livellarlo. Di ridurre lo spread tra i dodici-tredici sempre in campo nei 70 minuti delle amichevoli più serie di questa estate e il resto dell’organico. Conte vuole più titolari . Piu qualità. Più forza. Più possibilità di scelta: le sue scelte. Difesa a tre come fu - l’ultima volta, da principio - con Mazzarri nel 2011. 3-4-2-1 di partenza. Poi però ci si adatta, trasforma. Ci si muove. Solidità, intensità e riaggressione alta, immediata. Il furore di Conte. La caccia al pallone, gli avversari e le vittorie. Le amichevoli hanno tracciato un’idea, dei princìpi. Ma anche evidenziato i limiti. Comode le uscite con Anaumia, Mantova e i campioni albanesi dell’Egnatia. Super Napoli contro il Brest. Pesante e stanco con il Girona. Ora la Coppa. Meret tra i pali il numero uno anche dei sussurri e i mormorii dagli spalti e sul mercato. Linea a tre che è a cinque. Buongiorno centralina e centralone del reparto. Olivera - e Di Lorenzo - anche braccetti. Esterni alti e che vanno. E fanno tutta la fascia. Lobotka e Anguissa di palleggio e fisico. Politano e Kvara molto dentro al campo. E Lukaku il centravanti che non c’è. Ma ci sarà. L’erede designato di Osimhen. L’omone grosso e di peso che deve riempire un vuoto che già si avverte. Gol, ricordi e sogni: Osimhen sarà per sempre quello dello scudetto. Il bomber più caro per il Napoli: 11 milioni di ingaggio e 130 di clausola. Un mese di lavoro, fin qui. Sudore e gambe a pezzi. Scatti e ripetute e più di qualcuno giù a terra stremato. “‘Amma faticà” è l’esortazione di Conte che è già un cult; shirt, trend topic sui social e filosofia pop. I tifosi aspettavano una guida così. Uno staff che è una squadra. E Lele Oriali è sopra tutti. Standing, esperienza e autorevolezza che impone rispetto. Ascolto. Anche quando canta e la gente fa il coro. “Una vita da mediano”. Una vita da napoletano, adesso. Che ha scoperto e gli piace. Pare si ritrovi come in mezzo al campo. In mezzo a tutto. Dimaro e Castel di Sangro i due ritiri presi d’assalto. Abbonati fedeli e pienone per il debutto stagionale sabato 10 in Coppa Italia contro il Modena. In campo al primo turno, nell’afa della città; tra le squadre finite appena sopra la zona più brutta. Per non dimenticare. Il riscatto deve essere di tutti. Ancor più di chi è rimasto o è dovuto rimanere: la condizione posta da Conte. Di Lorenzo è il capitano tornato senza che mai fosse davvero andato via. E così Kvaratskhelia, trattenuto e adesso da gratificare. Motivare “adeguatamente” al valore. C’è la volontà di rinnovargli il contratto. Di dare un seguito, e un senso, a quei 100 e più milioni rifiutati dal PSG; e anche al rilancio da 220 per lui e Osimhen. Il mercato è dei momenti. Strategie che si aggiornano. Disponibilità e incastri. Degli allenatori che pongono veti, bloccano e chiedono. E aspettano impazienti. Buongiorno è il colpo da 40 milioni con i bonus e 70 di clausola che ha messo tutti d’accordo. Rafa Marin l’investimento che il Real Madrid un po’ continua a controllare: si è riservato il diritto di recompra. Mai concesso a nessuno dal Napoli. Spinazzola è la preghiera che stia sempre bene così come adesso in ritiro. Quanto spinge. Gilmour, il centrocampista che dev’essere di possesso; Brescianini la duttilità e la gamba, Neres i guizzi brasiliani: obiettivi che sono profili giusti. Così non ancora però il prezzo. Può essere una rivoluzione. Da Meret a Natan, e così Mario Rui, Ngonge, Cheddira e altri. È un monitoraggio continuo. Valutazioni, opportunità da cogliere. Scadenze contratti. Soldi da mettere in cassa. Scenari e destini sospesi. Modena in Coppa. Poi l’esordio in campionato a Verona. Stadio Bentegodi come 40 anni fa con Diego appena arrivato. Maglia bianca e Briegel che lo rincorreva per il campo. E cominciò lì anche il Napoli di Spalletti. La prima dei primi. Storie diventate straordinarie. Uniche. Tricolori. Anzi, azzurre.