Il Milan che parte piano ma cambia velocemente

Sarà stato per le ultime settimane di mercato vissute da protagonista. O forse per l’ottimo impatto nelle amichevoli precampionato. O magari per l’entusiasmo rinnovato ed i settanta mila di San Siro contro il Torino. Ma nessuno in casa rossonera, nessuno, si aspettava un Milan così passivo, pigro, sterile, quasi senza idee all’esordio in campionato. 89 minuti da cancellare. Nonostante i 9 finali pieni di istinto e carattere dai quali però servirà inevitabilmente ripartire. Perché se andava pesata e contestualizzata l’imbattibilità contro Rapid Vienna, Manchester City, Real Madrid, Barcellona e Monza, allo stesso modo vanno concesse ancora le fisiologiche attenuanti dopo il vero esordio contro il Toro. Ma la delusione rimane. Perché era lecito attendersi qualcosa di più. E negli spogliatoi di San Siro l’atmosfera, dopo la partita, non era delle migliori. Specie dopo le ultime quattro stagioni iniziate tutte con i 3 punti, dentro o fuori casa, e con prestazioni incoraggianti. Al Milan è iniziata una fase di profonda rivoluzione, in ogni area. Societaria e sportiva. È cambiato il clima, né peggiore né migliore, ma diverso dalle precedenti annate. Il Milan ha sentito la necessità di allinearsi alle esigenze del nuovo calcio: meno famiglia e più azienda, meno sentimenti e più risultati. E per iniziare a portare avanti questo processo serviva coraggio, disciplina e leadership. Serviva chi ci credesse davvero. Serviva Ibra. Che dopo qualche mese di apprendistato, si è preso il Milan in mano. Negli atteggiamenti, nelle scelte, nelle parole, con la presenza costante e giornaliera. A Milanello, al Vismara così come nella sede di Casa Milan. Ibra onnipresente. Oggi grande parte del club ruota intorno a lui. Vero riferimento di Cardinale, assieme a Giorgio Furlani . Zlatan sta plasmando il club, lo sta cambiando. Sta modificando storiche abitudini, sta incidendo nelle scelte, decide spesso chi va e chi resta. Alza e abbassa i toni. “Il mercato finisce quando lo dico io”. Un segnale, un avvertimento collettivo. Come dire: “Comando io”. Ibrahimovic oggi è il baricentro della società, l’uomo spavaldo che ama le sfide e non usa giri di parole. Ma sa di calcio e capisce che nonostante questo Milan sia sempre più a sua immagine e somiglianza, servirà del tempo affinché il suo credo, la sua filosofia attecchisca nella testa di ogni singolo dipendente, di ogni singolo giocatore, di ogni singolo collaboratore tecnico e di grandi e di piccini. La strada è stata tracciata, adesso servirà percorrerla. Ma gli ostacoli esistono, in qualsiasi settore, anche in campo, vedi la sfida contro il Torino. Ibra ha in mano il termometro del club: decide lui se alzare o abbassare la temperatura rossonera. Con sorrisi e carezze. Con strigliate e frecciatine, con frasi a effetto o sguardi inequivocabili. O magari con scelte magari impopolari. Ma oggi è lui il parafulmine del Milan, il riferimento assoluto. In 12 mesi ha switchato: da calciatore ad apprendista dirigente, fino a punto di riferimento del club. A Baltimora dopo l’ultima sfida della tournée americana ha convocato in una mega sala dello stadio M&T Bank Stadium non solo la squadra o l’allenatore ed il suo staff, ma tutta la spedizione rossonera . “Grazie per quello che avete fatto in queste due settimane. Ma questo è solo l’inizio”. Ed il gesto è stato particolarmente apprezzato da tutti. Così come le sue chiacchierate a Milanello, di gruppo o con i singoli. Così come la gestione chiara del mercato: resta fuori chi è fuori dal progetto , ogni sforzo invece per vestire di rossonero chi, insieme a Furlani e Moncada, era stato identificato come obiettivo. Insomma: idee chiare e programmi definiti. Che non potranno essere sporcati da un avvio a fari spenti. Meno di due settimane per chiudere il mercato e prepararsi all’inizio della Super Champions League. Poi sarà ‘settimo’ giorno per il nuovo Milan di Zlatan.

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