Il Parma non è una squadra per vecchi

Prima di tutto, una cosa: questo articolo non è il remake del Libro cuore. Quello, cioè, in cui si parla di una squadra nella quale tutti si vogliono bene, tutti sono amici, l’armonia regna sovrana. Però questo Parma giovane ha qualcosa da dire. E forse anche da dare al calcio italiano. Quanto meno ha una sua linea molto precisa, fatta di una scelta aziendale che porta ad avere giocatori molto giovani , tutti o quasi di proprietà e con un respiro internazionale notevole. Ma senza scordare l’Italia. Teniamo sempre presenti i dati, ché quelli non mentono mai. Quest’anno, nella sola prima squadra, sono rappresentate 17 nazioni diverse. Un numero che conferma il trend dell’anno scorso, dove alle 17 della prima squadra se ne aggiungevano altre 13 nella totalità del club . Ma la spina dorsale è italiana, con Pecchia in panchina e Pederzoli come direttore sportivo: il primo in carica da tre anni; il secondo da quattro . Una continuità che paga. Vediamo come. Squadra che è unita… Al primo posto c’è proprio il diktat di Krause: “Chi viene, lo fa per restare”. Tradotto: niente prestiti per fare in modo che il progetto Parma venga sposato in toto. Non è solo una questione di investimenti e possibili plusvalenze, ma proprio di coinvolgimento. E i giovani, si sa, si fanno coinvolgere più facilmente, soprattutto se si sentono al centro. E questo è il secondo punto, con un’area scouting che scandaglia ovunque per arrivare a operazioni importanti anche se non roboanti dal punto di vista economico. Il fatto che siano stranieri importa poco: appena arrivano a Parma, ai giocatori viene offerta la possibilità di frequentare immediatamente dei corsi di lingua. La prova è, se vi ricordate, Suzuki: il giapponese già in conferenza stampa aveva detto qualche frase in italiano, e ora lo sta studiando con regolarità. Non solo, o non tanto, per sentirsi più a casa. Ma perché il gruppo, di base, deve avere un punto di contatto comune. Comune come gli interessi, altro aspetto da non sottovalutare. I giocatori stanno diventando amici tra loro. Perché a vent’anni gli interessi, chi più chi meno, sono simili. E il Parma spinge molto su questo aspetto stile collage americano , dove la socializzazione è ai primi posti: il rapporto non è solo professionale e questo può aiutare nei momenti più difficili. Perché ci sono stati. Parola d’ordine: calma Per capirlo, bisogna andare indietro di quattro anni, il primo in Serie B. Il progetto con Maresca non stava andando bene e si era deciso per l’esonero, con Iachini al suo posto. La stagione non andò tanto meglio. “Di chi è la colpa?”, si sono interrogati in società. “Non di certo degli allenatori. O non solo, comunque”. E quindi si è deciso di ripartire, capendo gli errori fatti, anche nella scelta dei giocatori, e chiedendo a Pecchia di accettare di nuovo la Serie B per rifondare un progetto che al primo anno della nuova gestione non aveva dato i risultati sperati. “Di chi è la colpa?”. “Non di certo dell’allenatore”. Pecchia è rimasto, la scorsa stagione ha trionfato, e ora Parma si gode la Serie A. Il tutto perché la proprietà ha sì chiesto risultati, interrogandosi sulle criticità. Ma ha saputo aspettare: con le idee di cui sopra sempre molto chiare in testa. Il calciomercato E veniamo al punto chiave: gli investimenti. Primo anno di B: saldo negativo di poco meno di 20 milioni di euro . Secondo anno di B: -6 circa. Terzo anno di B: circa -5 . Così come quest’anno, in cui però peserà, e in positivo, la promozione in Serie A. Tradotto: gli investimenti ci sono stati, ma commisurati. E qualche frutto l’hanno portato. Quello che risalta di più è Osterwolde: il difensore è arrivato a gennaio 2022 per circa 3 milioni di euro dal Twente. È stato rivenduto al doppio al Fenerbahce nel gennaio 2023. Era stato criticato perché poco conosciuto e giudicato inadeguato: ha rappresentato una delle plusvalenze più importanti della storia della Serie B e ora, in Turchia, ha un valore superiore ai 30 milioni di euro . E poi ora ci sono stati i rinnovi, con contratti lunghi , per garantire continuità o possibili plusvalenze, così da rifinanziare un progetto che va avanti anche grazie all’algoritmo di cui vi abbiamo già più volte parlato. Il campo A proposito. Il dato che deriva dall’algoritmo serve anche per misurare le prestazioni dei giocatori in rosa. Il Parma ha dei data analyst che raccolgono e analizzano metriche dalla prima squadra fino ai giocatori dell’Under 16. Che, per inciso, giocano e si allenano quasi tutti insieme a Collecchio. Una maxistruttura di proprietà di 95mila metri quadri con sei campi, di cui uno sintetico, con annessa foresteria. Verrà presto risistemata, ma ha già una sua base solida e che aiuta in quel progetto di unione e cementazione del gruppo che sta diventando sempre più il cardine di tutto il discorso Parma. Se torniamo però al dato, va sottolineato anche un altro aspetto: la società ci punta così tanto da aver istituito una borsa di studio con l’Università di Parma proprio per la formazione e ricerca di nuovi data analyst. Come a dire: giovani in campo, sì; ma anche in società. Trampolino e tifosi E arriviamo al risultato finale. I giocatori sono contenti e motivati: vedono Parma sia come una realtà in cui stare, sia come un possibile trampolino di lancio per future esperienze. Di certo, non come una squadra di passaggio. I tifosi questo lo stanno percependo: gli abbonati sono stati circa 13mila e allo stadio per le prime due partite si sono registrate circa 22mila presenze. Un dato in crescita, come questa squadra. Che avrà sicuramente dei momenti di difficoltà. Ma con anche la forza, e soprattutto la pazienza, di saperli affrontare.