Koopmeiners e quel patto tradito con l'Atalanta

La felicità per la vittoria di Dublino ha proiettato Bergamo in una dimensione che potremmo definire soprannaturale, e dunque sconosciuta fino al 22 maggio. Qualche giocatore e centinaia di tifosi, di rientro dall’Irlanda, si sono tatuati sulla pelle l’Europa League e la data del giorno più alto nella storia del club. E’ proprio in quei giorni, mentre si spegnevano i rumors di un addio di Gasperini, che si accendeva l’ambizione di tentare un’impresa estrema, qualcosa di mai provato. “Quest’estate tratteniamo tutti i più forti, non vendiamo nessuno. Non sappiamo se saremo in grado di lottare per lo scudetto, ma almeno proviamoci”, è il senso del dialogo tra l’allenatore dei miracoli e il presidente visionario che hanno costruito l’Atalanta più forte di sempre. Programmazione e lungimiranza. In mezzo a qualche brindisi, perché certi momenti è giusto assaporarli fino in fondo. Da quando è arrivato Gasperini, il club ha svoltato, è cresciuto, ha cambiato status e preso coscienza dei propri mezzi. Ha alzato l’asticella, un centimetro dopo l’altro, come Duplantis dopo ogni record del mondo. Vincere non è un imperativo, ma crederci sempre sì. Sull’onda dell’entusiasmo che certe imprese trasmettono, Gasp si è guardato attorno e ha capito che questo poteva essere l’anno giusto. L’Inter è la squadra da battere, ma ripetersi è dura come confermano le ultime stagioni. La Juventus ha avviato una rivoluzione e affermarsi subito non è automatico. Il Milan stenta, il Napoli è un cantiere aperto. E le romane partono dietro. L’Atalanta può sfruttare una continuità tecnica più unica che rara, e grazie all’Europa League vinta ha maturato una consapevolezza che poche altre italiane possono vantare. La conferma è arrivata a Varsavia, dove i nerazzurri hanno giocato alla pari per un’ora contro la squadra più forte del mondo. Nasce insomma da questi presupposti il “patto di ferro” tra allenatore e proprietà per trattenere a Bergamo tutti i più forti. Una cosa mai avvenuta prima. Estranea alla filosofia della casa. A fine maggio erano tutti convinti che nessun big volesse partire. Neanche Koopmeiners, per il quale l’anno scorso l’Atalanta rispose “no grazie” a un’offerta del Napoli di 50 milioni. E fece, questo sì, una sorta di promessa al giocatore di cederlo un anno dopo se qualcuno avesse messo sul tavolo un’offerta superiore a quella di De Laurentiis. Col senno di poi, la sua permanenza a Bergamo è stata decisiva per l’Atalanta ma anche per se stesso, visto che grazie a Gasperini Koop è diventato uno dei “tuttocampisti” più forti d’Europa, sul quale la Juve ha deciso di puntare. Nessuno, a Bergamo, contesta a Koopmeiners l’ambizione, legittima, di imprimere un upgrade alla propria carriera e di andare a guadagnare il doppio. Quello che all’Atalanta non va giù sono i modi scelti per andare via. Anche se cedendolo l’Atalanta ha realizzato l’ennesima plusvalenza monstre a Bergamo ha lasciato un pessimo ricordo per il comportamento adottato nei confronti di società, allenatore e compagni, i primi a sentirsi traditi e “abbandonati” a pochi giorni dalla partita più importante della storia atalantina e in un momento in cui, a causa degli infortuni, la presenza di RoboKoop avrebbe fatto assai comodo. Resterà per sempre uno degli eroi di Dublino, ma il popolo bergamasco non meritava una simile giravolta. Sarebbe bastato trovare un gentlemen agreement con i Percassi - che in tanti anni non hanno mai trattenuto nessuno controvoglia - per giocare a Varsavia prima di andarsene, invece ha scelto la strada meno elegante. Il club sperava che il patto sottoscritto tra presidente e allenatore venisse condiviso da tutto lo spogliatoio. Come accadde - per i tifosi meno giovani - al gruppo storico della Samp che vinse lo scudetto ‘91. Un patto rafforzato e legittimato da un trofeo che ha ulteriormente elevato lo status dell’Atalanta e le proprie ambizioni. D’accordo, c’era la promessa verbale all’olandese dopo il mancato passaggio al Napoli, ma Gasperini sperava che l’impresa contro il Bayer avesse compattato ancora di più il gruppo, unito nel tentativo di superarsi ancora una volta. Invece Koopmeiners si è chiamato fuori. “Non gioco più, me ne vado”: Mina lo cantava, Koop l’ha messo in pratica. Ricomincerà a farlo con un’altra maglia. Vincere il campionato con la Juve è un grande obiettivo, che rientrerebbe nella dimensione della storia del club. Ma provarci con l’Atalanta è un sogno che a Bergamo proveranno ad alimentare anche senza di lui.