Dall’osteopata Benin a Cutrone: 7765 giorni dall’ultimo gol del Como in A

24 maggio 2003: Patrick Cutrone ha poco più di cinque anni. È un sabato, quindi a differenza del solito non va all’asilo nella sua Parè, il paesino in cui vive in provincia di Como. Va a giocare a calcio con gli amici al campetto dell’oratorio e probabilmente non sogna ancora di diventare un calciatore. A cinque anni si gioca e basta, il tempo per immaginare di rendere un gioco la propria vita arriva in seguito. Ecco, quel giorno, la squadra della sua città, il Como , gioca l’ultima partita della stagione. In casa, contro il Torino. E segna l’ultimo gol in Serie A. Una rete che resterà l’ultima non soltanto di quell’annata, ma per le successive 21. Perché il piccolo Patrick ancora non lo sa, ma a mettere fine al digiuno del Como sarà lui, 7765 giorni dopo, in un lunedì sera di fine agosto, precisamente il 26, del 2024. In trasferta, contro il Cagliari. Ma questo è un pensiero di cui si occuperà il Patrick grande. Il Patrick comasco e simbolo del Como. Il Patrick che, dopo essersi rivelato a tutti con la maglia del Milan, aver girovagato, faticato e anche sofferto, deciderà di tornare a casa per riprendere in mano la propria carriera e la propria vita. Il Patrick che a Como si sposerà e farà nascere sua figlia, proprio nell’anno in cui segnerà gol decisivi per riportare la squadra della sua città, dei suoi amici, che fanno il tifo per lui dalla curva, in Serie A. In quel giorno, il 24 maggio 2003 per l'appunto, in Italia si parla moltissimo di calcio. Come sempre, ma forse ancora più del solito: quattro giorni dopo, infatti, Juventus e Milan si sarebbero sfidate a Manchester per la finale di Champions League. Per la prima volta nella storia, due squadre italiane si giocheranno la competizione più importante di tutte: Del Piero e Trezeguet contro Inzaghi e Shevchenko, Thuram e Buffon contro Maldini e Dida, giusto per citare qualcuno. Anche a Como si parla di Champions, visto che Gianluca Zambrotta, comasco e terzino bianconero, sarà tra i protagonisti dell’Old Trafford. Si parla però soprattutto di Serie A, in vista appunto dell’ultima gara di una stagione sfortunata e negativa, con un destino chiamato retrocessione segnato ormai da tempo. Contro il Torino, a sua volta retrocesso, è uno spareggio per evitare l’ultimo posto. Il Como scende in campo allo stadio Sinigaglia e vince, grazie al gol di un ragazzo entrato nel secondo tempo: Mirko Benin. Un centrocampista nato a Tradate, in provincia di Varese, che regala una gioia - l’ultimo successo in A che dura ancora oggi - ai tifosi della città rivale. E se il piccolo Cutrone - a cinque anni - non sa ancora che un giorno diventerà un calciatore professionista, il calciatore professionista Benin - a 24 - forse inizia già a progettare quella che sarà la sua vita qualche anno dopo: “Ho smesso di giocare quando ancora ero abbastanza giovane - ricorda oggi l’ex centrocampista - e ho subito iniziato a studiare. Ora faccio l’osteopata di professione, ho il mio studio a Cassano Magnago, in provincia di Varese, e da quest’anno alleno i ragazzini della Sestese, a Sesto Calende. Partecipiamo al campionato Under 12 a 9”. 21 anni dopo, a Mirko tornano subito in mente le emozioni di quel giorno per lui, e per il Como, storico: “Era stata una stagione travagliata, con tanti problemi che poi si sono visti anche negli anni seguenti. Noi eravamo una buona squadra, ma riuscimmo a fare bene solo in alcuni momenti. Anche da retrocessi, abbiamo sempre onorato la maglia, fino all’ultimo minuto dell’ultima partita. Contro il Torino, che come noi era già retrocesso, contava poco il risultato, ma riuscii a togliermi la soddisfazione del gol: non ero un bomber, in Serie A ne ho segnati solo due, quindi l’emozione e il sapore speciale rimangono, al di là del fatto di essere di Varese”. Anche nella sua nuova vita da osteopata e allenatore dei giovani, Mirko segue ancora il calcio. E, ovviamente, il Como: “Da fuori vedo che c’è una proprietà forte, che ha portato calciatori importanti a livello di nomi. Hanno fatto una grande campagna acquisti, auguro ogni bene al club e alla città”. Una città a cui, 7765 giorni e oltre dopo, il suo nome resta ancora legato.