Inzaghi-ball: la fluidità posizionale è ancora il segreto dell’Inter

Uno dei motivi per cui Inzaghi è la kryptonite di Gasperini è la grandissima abilità dell’Inter quando si tratta di costruire relazioni tra i giocatori in campo. Come successo tante volte nell’ultima stagione, anche venerdì sera abbiamo visto Pavard fare il centravanti, Mkhitaryan iniziare l’azione da braccetto e Bastoni ricoprire tante funzioni diverse nel corso dei minuti. Giusto per citarne alcuni, perché quello dell’Inter è un vero e proprio sistema di relazioni che, nello specifico, ha mandato letteralmente in tilt il piano di Gasperini, basato come sempre sulle marcature uomo contro uomo. Lo scambio costante di posizione dei giocatori dell’Inter ha permesso una creazione continuativa di spazi: l’Atalanta ha fatto molta fatica a leggere le rotazioni della squadra di Inzaghi e a capire quando effettivamente cambiare la marcatura. Ed è stata proprio questa fluidità posizionale la vera arma che ha fatto fare il salto di qualità – soprattutto contro determinate tipologie di avversari – all’Inter dall’anno scorso, forse il più grande merito di Inzaghi dal punto di vista tattico. Tornando alla sfida contro l’Atalanta, questa fluidità era evidente fin dai primi minuti di gara. Qui vediamo la costruzione del gol dell’1-0: in impostazione l’Inter ha mantenuto la struttura 3+2, ma con interpreti diversi dal solito. Insieme ad Acerbi ci sono Calhanoglu e Barella, mentre nella seconda linea è Bastoni ad essere di fianco a Mkhitaryan. L’azione si sviluppa con una combinazione palla avanti-palla indietro-palla avanti che termina al centravanti dell’Inter. Non Thuram o Lautaro, ma il giocatore che in quel momento ricopre la funzione di centravanti, cioè Pavard, che qui è l’uomo più avanzato dell’Inter. In una rotazione perfetta di posizioni, il francese si butta nello spazio liberato da Darmian – e dal suo marcatore – e il suo connazionale Thuram si lancia verso la porta per toccare il pallone che vale l’1-0. A volte l’Inter ha costruito anche a 4 dietro, ma occhio agli interpreti: Pavard e Acerbi sono i centrali, Calhanoglu è davanti alla difesa. Dov’è Bastoni? È alto, nell’half-space di sinistra, in linea con gli altri attaccanti. Da vero falso 9, Bastoni si abbassa per dare una sponda, Dimarco si appoggia su di lui e il 95 lancia in profondità un altro difensore centrale, Acerbi. Anche da questo frame, si può intuire la confusione creata da queste rotazioni ai marcatori dell’Atalanta, indecisi se seguire fino in fondo i giocatori dell’Inter o trovare il momento giusto per scambiarseli. I tre centrocampisti dell’Inter si sono anche abbassati tutti e 3 contemporaneamente per facilitare l’uscita palla: in questo caso Barella e Calha sono più vicini, Mkhitaryan largo. Si crea un vuoto a centrocampo. La sovrapposizione interna di Acerbi viene premiata un’altra volta: la ricezione del centrale dell’Inter è pulita e avviene con tanto spazio e tempo a disposizione, imbucato da Sommer. Siamo solo al 12’ minuto di partita e gli esempi sono davvero tanti: in questo caso le rotazioni coinvolgono un numero ancora maggiore di giocatori e avvengono con una fluidità veramente sensazionale, frutto di mesi di allenamento e pratica sul campo. Pavard inizia una lunga diagonale da destra a sinistra mentre Mkhitaryan va a prendere il suo posto. Calha è preso da Ederson mentre Acerbi – altissimo – è marcato da Ruggeri. Come dicevamo prima, per una squadra che va uomo contro uomo in questo contesto è praticamente impossibile seguire tutte queste rotazioni senza liberare nessuno spazio. L’azione prosegue e si conclude con un lancio di Pavard per Dimarco. Sì, Pavard per Dimarco. Il centrale di destra che verticalizza per il quinto di sinistra, sulla fascia sinistra. Strano? Probabilmente sì, ma non per l’Inter di Inzaghi. È dall’anno scorso che vediamo questa caratteristica dell’Inter di Inzaghi, tra campionato e Champions League. Ad esempio, contro l’Atletico Madrid l’Inter ha utilizzato spesso gli scambi di posizione per cercare di aprire spazi nelle marcature della squadra di Simeone. Qui vediamo una sorta di 4-3-3 in cui Barella e Calhanoglu sono i due centrali, De Vrij il vertice basso del triangolo e Bastoni la mezzala sinistra. C’è un gol che forse però più di ogni altro riesce a fotografare appieno la fluidità posizionale che ha caratterizzato l’Inter nella scorsa stagione: l’1-0 contro il Bologna. Bastoni crossa per Bisseck – lo sappiamo – ma come ci è arrivata l’Inter? Attraverso il ‘solito’ sistema di scambi e rotazioni che già a inizio azione ha portato Darmian e Bisseck ad essere i giocatori più avanzati dell’Inter. Passano i secondi , continuano le relazioni e gli interscambi, e la situazione è la seguente: il braccetto sinistro crossa, e l’area di rigore è occupata dal centravanti – e fin qui ok –, il quinto di destra e il braccetto di destra che poi segnerà. Forse, il gol manifesto dell’Inter della seconda stella. E se quello contro il Bologna può essere considerato il gol più bello per spiegare l’efficacia e il funzionamento della rete di relazioni dell’Inter di Inzaghi, anche il gol probabilmente più importante della scorsa stagione è arrivato in questa maniera. Sfruttando l’anima relazionale di uno dei giocatori simbolo di questa versione dell’Inter, cioè Dimarco. In più di un’occasione l’esterno dell’Inter ha confessato che il suo girare per il campo è dovuto proprio alla ricerca degli spazi, e la rete dell’1-0 contro la Juve lo simboleggia al massimo, anche perché Dimarco non tocca mai palla. All’inizio parte come al solito sulla sinistra… Dopo venti secondi, si sposta già verso destra, e dopo un triangolo Darmian-Pavard-Barella è pronto ad aggredire lo spazio tra Bremer e Danilo in area di rigore. Nel frattempo – a proposito di rotazioni e inserimenti – arriva anche Pavard, e Danilo è preso in mezzo ai due. Da qui il dubbio: accorciare su Dimarco oppure in mezzo all’area su Pavard? Il cross per Pavard è preciso, Bremer è in ritardo e arriva la rete. Gran parte del merito di questo gol è di Dimarco, e lui riesce ad essere protagonista senza neanche toccare il pallone. Protagonista. Una parola che ormai associamo con grande facilità all’Inter, senza palla ma soprattutto con. Grazie a questa rete di relazioni e interscambi e alla – ormai solita – fluidità posizionale allenata da Inzaghi. Un segreto, sì, ma che ormai conosciamo…

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