Torino, come Vanoli ha già conquistato tutti. Ma non chiamatelo Vanolismo

Il suo Torino è così: sguardo fiero, voce decisa e spalle dritte. Proprio come lui. Paolo Vanoli da Varese è uomo da idee e parole chiare. La libertà come idea del poter fare di più, la libertà in campo di credere che si può arrivare oltre i propri limiti. Il Vanoli-pensiero nasce da lontano ed è stato sicuramente influenzato anche dal lavoro con Antonio Conte. Dopo una buonissima carriera da giocatore tra Venezia, Verona, Parma , Fiorentina , inizia ad allenare in Serie D, per poi passare a fare l’assistente nelle Nazionali giovanili e anche nella Nazionale maggiore con Ventura. Dopo otto anni, il 10 luglio 2017 decide di lasciare lo staff tecnico della Figc e diventa assistente di Antonio Conte al Chelsea. Il 17 dicembre 2021 assume il suo primo incarico da allenatore di un club professionistico: lo Spartak Mosca, con il quale vince la coppa di Russia. A causa del conflitto russo-ucraino in corso decide però di non rinnovare con il club moscovita. Poi la storia diventa recente: prende il Venezia in fondo alla classifica, alla prima stagione lo porta ai play-off e alla seconda in A. L’anno scorso di questi tempi facemmo una bella chiacchierata su metodi e obiettivi. “Un giorno vorrei poter allenare l'Italia, è il mio sogno”: detto con gli occhi che gli brillavano come un bambino. “Sentire il nostro Inno è magico”. La convinzione e l’emozione con cui ha detto queste cose ci ha fatto capire come l’ambizione di Vanoli sia sana e in questo anche Conte ha avuto un peso: “Conte? Un amico e un maestro. Quando è stato esonerato dal Tottenham gli ho chiesto di venire a Venezia”. Battuta a parte, l’allenatore del Toro ha ammesso che al Chelsea ha cercato di assorbire il Dna vincente di tanti giocatori e questo gli ha poi permesso di portarlo in Russia in una situazione così difficile. Alzare sempre l’asticella come mood. E il passo Torino per Vanoli è alzarla ancora. In poco meno di due mesi ha cambiato abitudini, gioco e idee di quella che era una squadra marchiata dal credo di Juric. Calcio armonico, libero come vuole lui, giocatori motivati e che sembrano diversi anche se la base rimane il 3-5-2, è cambiata l’aria e la filosofia. Il Toro costruisce dalla difesa, ha una manovra orizzontale elegante, si gioca nello spazio, le punte dialogano. Ci disse: “A volte i giocatori bussano alla mia porta chiedendomi il giorno libero, il cambio orario. A Venezia dicevo NO. Ho detto no tantissime volte, finché hanno capito che per avere qualcosa dovevano darmi qualcosa in campo. Per quello dicono che uso di più il bastone, ma è questione di rispetto e di lavoro. Bisogna dare per ricevere”. E i tifosi del Torino questo vogliono. Danno ma riceveranno. Già la dichiarazione d’amore post Venezia è da incorniciare: “Il Torino è un grande club. Tutti gli allenatori vorrebbero allenarlo almeno una volta. Dicendolo mi viene la pelle d'oca, ho accettato questa grande occasione perché è uno step fondamentale nella carriera”. Il grande Toro e la sua storia che tanti hanno solo sentito raccontare, il Toro da leggenda, il Toro che racconta le storie di tante famiglie che passano di padre in figlio questa passione. Qualcuno una volta ha detto: tutti dovrebbero tifare un po' Torino… mai frase fu più azzeccata. E mai più adatta per Paolo Vanoli.