¿Cómo es este Como? La squadra di Fabregas parla spagnolo

Como, Es. Non nel senso di come è, traducendo dallo spagnolo. Ma proprio di Como, Spagna. Perché lassù, a un passo dal confine svizzero, si è radunato l’animo caliente di Fabregas e dei suoi amici. Per una squadra che si prepara a tornare a giocare nel proprio stadio in serie A 21 anni dopo l’ultima volta. Quando Como e Bologna entreranno in campo saranno passati 7784 giorni da quel 24 maggio 2003, da quel Como-Torino. Una partita decisa dal gol di Benin, in campo i giocatori top erano Pecchia, Caccia e Benny Carbone. L’allenatore Eu-genio Fascetti. Il presidente Enrico Preziosi, che poi avrebbe legato il suo nome al Genoa. Il made in Italy al potere. L’unico straniero in campo dal primo minuto si chiamava Robert Anderson Cavalheiro, brasiliano cresciuto calcisticamente in Italia. Una dissolvenza di oltre 1100 settimane apre lo schermo su una realtà praticamente opposta. Oggi gli stranieri del Como sono 14, non contando Strefezza ed aspettando di capire cosa accadrà con Varane. 10 arrivati solo nel mercato appena concluso. La lingua preferita è indiscutibilmente lo spagnolo. Quello di Cesc certo, allenatore finalmente con il patentino. Ma anche quello dei suoi amici: Pepe Reina, cresciuto come lui nel Barça, prima di emigrare come lui in Premier. Che con lui ha condiviso la nazionale. E che accanto a lui chissà, un domani potrebbe anche continuare a lavorare, visto che sta ‘studiando’ da allenatore dei portieri. Sergi Roberto, per due anni insieme nello spogliatoio del Barcellona. E un legame rimasto indissolubile negli anni. Ma lo spagnolo è anche la lingua di Alberto Moreno. Campioni a cui Fabregas ha telefonato di persona per convincerli a dire si. Il fascino della città ha stregato pure Maximo Perrone e Nico Paz. Loro finiscono dritti sotto la voce talenti da crescere . 41 anni in due e un futuro che promette tanti sorrisi. Arrivati dal City e dal Real. Rapporti che da soli imprimono il certificato di qualità al progetto Como. Entrambi con passaporto anche argentino, ma la lingua non cambia. Serve l’inglese per gli altri: Engelhardt, Kempf, Van der Brempt e Fadera, che hanno già esordito, oppure Ali Jasim, che tutti aspettano con curiosità. Perché il Como non è solo Cesc y los amigos, è molto di più. Un mix di culture che si fondono con il dialetto di Patrick Cutrone e Alessio Iovine, entrambi nati qui. O in quello di Alessandro Gabrielloni, jesino all’anagrafe ma ormai comasco di diritto: arrivato nel 2018, è l’unico in rosa ad aver fatto tutta la scalata dalla D alla A. Insieme vecchi e nuovi sono pronti a scrivere la storia di questa stagione in A. Con la voglia di far sì che non sia solo un’altra storia breve dell’estate. Como attrae, gente comune e star come George Clooney o Thierry Henry, anche lui è entrato nel Como per la lunga amicizia che lo lega a Fabregas. E a Como ha festeggiato come un pazzo nella magica notte di maggio che ha riportato in alto i sogni di tutto il lago. Quattro mesi dopo i cancelli stanno per essere riaperti. Le tribune sono diventate più capienti , il record di abbonamenti è già realtà. E il Como, che ha scelto di giocare in trasferta le prime tre partite, convinto di farcela a sistemare il Sinigaglia per la quarta, ha vinto la sua prima sfida. Si torna a casa. In quello che l’immenso Gianni Brera definì lo stadio più bello del mondo. Per la sua posizione. Esagerò certo, ma a guardare il panorama da lì, nemmeno tanto. Bentornato in A, Como. O, se preferite, Bienvenido. De nuevo.