Venezia, chi è Yeboah: il numero 10 che ha messo il Turbo sulla Serie A

Stadio Penzo, minuto 81 di Venezia-Genoa. I padroni di casa, reduci dalla pesante scoppola di San Siro, sono avanti 1-0 e a poco più di 10 minuti dalla prima vittoria in Serie A. Il Genoa attacca, anche se non troppo convintamente, concedendo ai veneti ampi spazi per le ripartenze. In una di queste si tuffa Yeboah, sgusciando sul filo del fuorigioco su un filtrante del migliore in campo sino a quel momento, Busio. Riceve palla quasi al limite dell’area, defilato sulla sinistra, solo Vasquez a contrastarlo: preso dal suo indomabile istinto per il dribbling Yeboah si porta la palla prima sul sinistro e poi sul destro, punta l’avversario, lo supera procedendo orizzontalmente lungo la linea dell’area e poi decide di andare da solo, sparando un destro in curva. Proprio a un paio di metri da lui, perfettamente piazzato all’altezza del dischetto del rigore, c’è Pohajnpalo, bomber di birre, capitano coraggioso e leader assoluto della squadra. Il finlandese si sbraccia, era da solo e piazzato meglio, l’occasione perfetta per poter chiudere i conti, archiviare la prima vittoria in campionato e farsi perdonare il rigore sbagliato 22 minuti prima. Yeboah lo sente, come sente il boato di disapprovazione del pubblico, ma non lo guarda nemmeno. Si gira, abbassa la testa, e torna verso il centrocampo. Ripensa certamente all’azione, consapevole che come sempre gli è successo nella vita riuscirà anche questa volta a imparare dai propri errori. Stadio Penzo, minuto 85 di Venezia-Genoa. Siamo sempre sull’1-0 e il copione è lo stesso di 4 minuti prima. Il Genoa è agli ultimi disperati tentativi di rimonta, ma il Venezia è forte sulle gambe e sulla testa, tutto il contrario di quanto successo sei giorni prima a San Siro. Dopo una veloce azione innescata da un lancio di Joronen la palla arriva a Yeboah, nella sua naturale posizione di ala destra. Questa volta riceve da fermo, non dopo uno scatto in verticale come nella prima occasione, e la difesa del Genoa è piazzata: nei suoi pressi ha sia Martin che Vasquez, non è più una situazione da uno contro uno ultimo uomo. Ma Yeboah è fresco, è entrato da poco, e il guizzo elettrico a tentare di superare il suo avversario è sempre o quasi la prima opzione. Riceve quasi sulla linea ma già dal primo controllo si capisce che i suoi muscoli stanno per schizzare. Punta Vasquez, ancora lui, e nel frattempo si avvicina al vertice dell’area con una corsa parallela alla linea di fondo. In quei dieci metri scarsi che percorre, dopo lo stop di destro, tocca per quattro volte il pallone col sinistro facendo finta per altrettante di scartare sulla destra e tagliare verso la porta, scegliendo invece di continuare sempre a percorrere questa strana corsa in orizzontale. Fino al punto di non ritorno, che sceglie nel momento in cui sente più vicina la tana da scovare, la porta di Gollini, ovviamente. A quel punto, in questo frenetico balletto di pochi elettrici secondi, ferma la palla, sterza , supera Vasquez e si spalanca le porte dell’area di rigore. Oramai è dentro, e anche se la palla è sul destro, come dimostrato nella prima occasione, la tentazione del tiro può essere forte. Ma John sa come fare il suo lavoro e, soprattutto, sa come imparare dai propri errori. È il suo istinto che gliel’ha sempre detto, lo stesso che in quel momento gli fa vedere, tra una selva di giocatori , la stessa chioma bionda che appena 4 minuti prima l’aveva rimproverato davanti a tutti. La visionaria pennellata di destro sembra telecomandata, Pohjanpalo si fa trovare come sempre pronto e poi tutti sotto la curva a festeggiare con una birra. Prima vittoria del Venezia in stagione, primo gol del bomber capitano in A, primo assist di Yeboah. Benvenuto in Italia, John. Ma chi è John Yeboah Zamora, il nuovo numero 10 del Venezia di Di Francesco? Nato ad Amburgo il 23 giugno del 2000 da mamma ecuadoregna – ma naturalizzata tedesca – e padre ghanese, John è il classico figlio della moderna Germania interraziale, cresciuto a pane e calcio giocato soprattutto per le stradine di Veddel, l’isola fluviale annessa alla città alla fine dell’800 per rispondere alla crescita di domanda di abitazioni. “Sono un calciatore di strada”, si è definito qualche anno fa, “sono sempre stato abituato a giocare tra tanti ragazzini in spazi molto stretti e questo mi ha aiutato a sviluppare le mie qualità”. Da subito evidenti anche nei 22 minuti giocati contro il Genoa. Rapidità, esplosività, dribbling stretti ed elettrici, capacità di ribaltare il fronte d’attacco, giocare in profondità, portare pericolosamente il pallone, giocandolo con entrambi i piedi. Tre le conduzioni di palla pericolose, due delle quali con relativo ingresso in area , e 0.36 di Expected offensive Value Added , il dato che misura quanto un giocatore sia in grado di trasformare positivamente un possesso, indicando dunque il suo reale grado di pericolosità. Una scossa di energia e una capacità di giocare nel breve che John ha imparato a sviluppare, dopo l’esperienza iniziale della strada, nel calcio a 5, da dove tutta questa storia ha avuto inizio. La prima, primissima, esperienza è al V Rönneburg, squadra di un quartiere a sud di Amburgo, da dove passa poi all’ FC Türkiye Wilhelmsburg, altro club del sud della città famoso per la capacità di scovare giovani talenti da mettere in mostra nei tanti tornei regionali. Come quello che John gioca nel 2015 e che gli apre le porte del Wolfsburg: da solo mette in ginocchio l’U14 neroverde e l’allenatore di allora, Dirk Stammann, lo segnala prontamente ai dirigenti delle giovanili della squadra di calcio a 11. È il momento chiave della sua evoluzione, il giovanissimo John diventa un calciatore. La trafila nelle giovanili del Wolfsburg procede spedita, nel 2017/2018 colleziona numeri molto interessanti, 10 gol e 6 assist in A-Junioren Bundesliga Nord/Nordost, ma alla fine della stagione successiva, dopo aver firmato un contratto di 3 anni col Wolfsburg, comincia un doppio peregrinaggio, prima in Olanda in prestito e poi in Polonia, dove gioca nel Slask Breslavia e nel Rakow, incappando però in una stagione negativa, almeno nei numeri. I soli 3 gol con 5 assist dell’ultimo campionato non spaventano però Filippo Antonelli, il direttore sportivo del Venezia che già da almeno un anno lo segue e che crede fermamente nel suo talento. Il Rakow si mette di mezzo, non vuole cedere uno dei suoi migliori prospetti e serve una lunga trattativa, oltre alla conquista della Serie A, per riuscire a portarlo in laguna e consegnare a Di Francesco un giocatore dalle caratteristiche espressamente richieste dall’allenatore. Quelle che in Ecuador, Nazionale che sceglie di sposare nel 2023 dopo le giovanili con la Germania, conoscono molto bene al punto da soprannominarlo sin dalle prime partite Turbo . D’altronde, basta vederlo giocare per capire il motivo di quel soprannome. Chi ci ha parlato di lui ci ha detto che fuori dal campo esprime il classico carattere sudamericano allegro e frizzante , che per inserirsi ancora di più nella realtà veneziana sta valutando di prendere una casa in centro, non come tanti altri giocatori che vivono fuori dalla Laguna, e che la Serie A era uno dei suoi grandi sogni. Era. Appunto. Perché in A oramai ci è arrivato e il primo passo è anche stato fatto. Ora non gli resta che continuare a lavorare, proseguire nell’imparare dai propri errori e mettere definitivamente il turbo su questa Serie A.