Carlo Mazzone, il racconto di suo nipote Alessio: "Vi dico come era mio nonno"

“Mio nonno è stato ed è una delle persone più importanti della mia vita. Era un nonno speciale, presente e generoso. Giocavamo sempre a carte o a pallone. Guardavamo insieme le partite e andavamo a mangiare fuori. Facevamo cose normali, come tutti i nipoti con il proprio nonno. Quando uscivamo mi ricordavo però che oltre a essere mio nonno era anche Carlo Mazzone, l’allenatore con più panchine in Serie A”. Inizia così il racconto di Alessio Lancianese, nipote di Carlo Mazzone e gestore delle sue pagine social, strumento attraverso cui negli ultimi anni di vita l’ex allenatore ha ricevuto un’infinità di affetto dai suoi tifosi. E il merito è proprio di Alessio, che ha avuto l’intuizione di far ‘esordire’ suo nonno sui social a 80 anni. Ma ci arriveremo. Per capire come è nata questa idea bisogna prima conoscere ‘nonno’ Carlo. “Finché eravamo in famiglia mi dimenticavo chi fosse per tutti gli altri, per me era solo nonno” prosegue Alessio. “Ma quando si andava per strada tutti lo fermavano. Una foto, un autografo, una battuta, tutti volevano qualcosa da lui. Nonno si fermava e non diceva di no a nessuno. Riusciva a regalare un sorriso a tutti, era il suo ‘superpotere’. La gente si avvicinava speranzosa e si allontanava sorridente. Questo mi faceva capire quanto fosse speciale come persona. Per me era nonno, ma per tutti gli altri era l’allenatore Carlo Mazzone. Personalmente, ero e sono orglioso di essere suo nipote. Il nipote di una delle persone più importanti del calcio italiano”. E il Mazzone allenatore non ha bisogno di presentazioni. Il ‘Sor Magara’, ‘Carletto’, quello delle corse con il pugno chiuso. Sotto la propria curva ma anche verso i tifosi avversari. Spontaneo, genuino e con la battuta sempre pronta. Ma anche un grande allenatore, preparato e a volte ingiustamente sottovalutato. Questo è il Mazzone che conoscono tutti, suo nipote Alessio ci racconta quello che ancora non conosciamo. “Era una persona speciale, mi piacerebbe riuscire a diventare un quarto dell'uomo che era. A casa non era così diverso da come lo si poteva vedere in Tv. Non era una persona che indossava maschere, non lo ha mai fatto. Come faceva battute in conferenza, faceva battute a casa. Come si arrabbiava in campo, si arrabbiava a casa. Il ‘gemello cattivo’ di cui spesso ha parlato, quello che arrivava nei giorni prima della partita e lo ‘sostituiva’, qualche volta l’ho visto anche a casa ”. Un nonno famoso, ma non per questo diverso dagli altri nonni: “Era sempre presente, veniva a prendermi a scuola e a tutte le mie recite. Insieme facevamo cose semplici, ma sono proprio le cose che mi mancano di più”. Nonno Carlo, però, una cosa non l’ha quasi mai fatta: “L’unico rammarico che ho è che purtroppo non è quasi mai venuto a vedermi giocare a calcio. Lo faceva perché non voleva mettermi in difficoltà, mi voleva tutelare. Non voleva si pensasse ‘quello gioca perché è il nipote di Mazzone’ e quindi non veniva mai. Era molto attento a non crearmi problemi e a non mettermi pressioni. Mi ha sempre detto ‘gioca finché ti va e ti piace, il calcio è divertimento’”. Un nonno attento e affettuoso ma che – come detto – ogni tanto veniva sostituito dal famoso ‘gemello cattivo’. Due, in particolare, le cose che nonno Carlo proprio non sopportava: “Negli ultimi tempi mi sgridava sempre perché fumavo. ‘Sempre con sta sigaretta in bocca, ti fa male. Lasciala perde!’. E poi non gli sono mai piaciuti i tatuaggi”. Una volta, però, non ha potuto dire nulla su un tatuaggio di Alessio: “Mi ero tatuato la sua firma e quando l’ha vista inizialmente non mi ha detto niente, ha storto un po’ la bocca, come faceva sempre, e poi si è quasi commosso. Forse così gli ho fatto un po’ cambiare idea sui tatuaggi”. Se da nonno era buono e generoso, da bisnonno era ancora più affettuoso: “Negli ultimi anni mia sorella ha avuto due figli, Cristian e Alessandro. Con loro si scioglieva e gli permetteva tutto, non esistevano regole per loro due. Mi ricordo che era proprio contento quando vedeva i suoi nipotini più piccoli”. Con i piccoli di casa nonno Carlo non riusciva proprio a essere severo, era più forte di lui. E quando sentiva qualcosa dentro, non poteva trattenersi… questo lo sa bene anche chi non lo conosce direttamente. Le corse di Carlo Mazzone a pugno chiuso sono iconiche. E lo sono perché sono frutto della sua spontaneità. Tutti, anche i più giovani, hanno visto almeno una volta la corsa di Carlo Mazzone sotto la Curva Sud per festeggiare la vittoria nel derby contro la Lazio , ma soprattutto la corsa – promessa pochi minuti prima – sotto la curva dei tifosi dell’Atalanta per il 3-3 segnato dal suo Brescia . Ma non tutti sanno che ci sono state anche altre corse di Mazzone: “Queste due sono iconiche sì, ma ce ne sono almeno altre due altrettanto importanti. Lui ricordava sempre anche una corsa con il pugno chiuso sotto la Curva del Lecce dopo un’importante salvezza conquistata e soprattutto una fatta al Del Duca, ad Ascoli, dopo una vittoria per 2-0 in uno scontro salvezza con il Cagliari”. Tornando poi alle due più celebri, Alessio prosegue: “Mi hanno raccontato che quando ha fatto la corsa al derby allo stadio era presente anche mia nonna. Era molto contenta per la vittoria di nonno, ma non si aspettava assolutamente una cosa del genere. Ha iniziato a urlare ‘Carlo, Carlo, Carlo' per condividere la sua gioia. È stato un bel momento per nonno perché ha ricevuto l’amore della sua gente”. Molto diversa, invece, la corsa di Bergamo: “Come ha detto qualche anno fa Marco Materazzi, quando nonno prometteva una cosa, la faceva. Tutti sapevano che se il Brescia avesse segnato il gol del 3-3 lui sarebbe davvero andato sotto la curva dell’Atalanta. Lo aveva promesso e lo avrebbe fatto”. Anche in quel caso, non c’è stato modo di trattenerlo: “Era una corsa di rabbia e di verità, non sarebbe riuscito a fermarlo nessuno. Mi fa piacere però sottolineare due cose. In primo luogo, dopo quella corsa nonno si è scusato e anche la curva dell’Atalanta si è scusata con lui, questo è il bello del calcio e della vita. Si sbaglia, si chiede scusa e ci si ritrova. L’altro aspetto che mi piace mettere in evidenza è che, nonostante questa grande rivalità, i tifosi dell’Atalanta hanno mostrato grande rispetto e gentilezza quando c’è stato il minuto di silenzio in ricordo di nonno. Sembra scontato, ma non lo è. E di questo li ringrazio”. Amato dai suoi tifosi ma rispettato e benvoluto anche dai suoi avversari. La grandezza di Carlo Mazzone era anche questa. Perché non è scontato riuscire a farsi apprezzare anche da chi – sul campo – è tuo ‘nemico’. “Ricordo che qualche anno fa era venuto a trovarmi a Roma, dove facevo l’Università. Siamo andati a pranzo fuori, a Trastevere. Neanche il tempo di sederci e ci ferma un uomo per chiedergli una foto. ‘Sono della Lazio, ma ce la facciamo?’. E nonno ovviamente risponde di sì. Poco dopo ne arriva un altro, sempre della Lazio. E poi un altro ancora. E così via, in un solo pranzo gli hanno chiesto un selfie o un autografo una quarantina di tifosi della Lazio. È stato incredibile. Lì ho davvero capito quanto fosse importante nonno, Carlo Mazzone, per il calcio e per la città di Roma. Non è facile mettere d’accordo romanisti e laziali o bresciani e atalantini, ma lui è riuscito a farlo”. Ma oltre ai tifosi, chi ancora oggi ama Carlo Mazzone sono i suoi ex giocatori, ex collaboratori e dirigenti. Tutti, per un motivo o un altro, legatissimi a ‘Carletto’: “Ogni 19 marzo, il giorno del suo compleanno, il telefono di casa non smetteva mai di squillare. Era un continuo di chiamate di ex giocatori, dirigenti, presidenti, collaboratori e magazzinieri che volevano fargli gli auguri. Era un qualcosa di assurdo”. E anche chi non lo ha mai avuto come allenatore era fortemente legato a Mazzone: "Sono andato all'addio al calcio di Pirlo al posto di nonno, che per motivi familiari doveva rimanere a casa. Ricordo che tutti i suoi ex giocatori mi facevano i complimenti e mi raccontavano della loro ammirazione per nonno. Ma la cosa che mi ha stupito è che anche chi non lo aveva mai avuto come allenatore lo elogiava. Su tutti Daniele De Rossi, che mi ha raccontato che da ragazzino aveva il poster di nonno in camera e che gli sarebbe piaciuto aver avuto la possibilità di lavorare con lui". Una fortuna che è invece capitata a due grandi giocatori che gli sono sempre stati molto legati e che hanno avuto un posto speciale nel cuore di Carlo: “Anche Totti e Baggio chiamavano a ogni compleanno, ogni Natale e ogni Pasqua per fare gli auguri a nonno. Erano legatissimi a lui e chiaramente anche lui a loro. Come ha sempre detto, avrebbe voluto allenarli insieme . Non ha mai avuto un preferito, ripeteva sempre: ‘È come chiedere se sono più buoni i fagioli con la salsiccia o la salsiccia con i fagioli’”. Casa Mazzone oggi è ancora piena di regali e cimeli ricevuti da suoi ex giocatori, Totti e Baggio compresi. E proprio uno che riguarda per certi versi entrambi era conservato con grande affetto da Carlo: “Quando Totti segnò il 206° gol in Serie A, divenne il quinto miglior marcatore del campionato, superò proprio Baggio ed esultò con l’iconica maglietta ‘The King of Rome is not dead’. La cosa bella è che poi ha inviato quella maglietta a nonno con la dedica ‘Questo traguardo l’ho raggiunto anche grazie a te’. Bellissimo”. E, a proposito di grandi campioni che devono molto a Mazzone, è impossibile non citare Pep Guardiola. Tra i due c’era un legame fortissimo e ‘Carletto’ è uno degli allenatori presi a modello dal genio catalano. Il giorno della morte di Carlo, 19 agosto 2023, Pep gioca con il suo Manchester City contro il Newcastle. Dopo la partita si presenta in conferenza stampa indossando una maglietta con sopra raffigurata la corsa di Mazzone verso i tifosi dell’Atalanta e dedica un pensiero a Carlo e alla sua famiglia. “Ci tengo a ringraziarlo. In quel momento ho capito che persona vera sia, proprio come lo era nonno. Per questo andavano tanto d’accordo ed erano così legati”. Così tanto legati che Pep, a pochi giorni dalla sua prima finale di Champions League da allenatore, ha deciso di fare una telefonata a ‘Carletto’: “Ero a casa con nonno e stavamo giocando a carte, come sempre. Per lo più giocavamo a briscola o a tressette, ma a volte anche ad asso piglia tutto. A un certo punto squilla il telefono, mi alzo e vado a rispondere. ‘Pronto, casa Mazzone, chi è?’. ‘Sì, salve sono Pep, Pep Guardiola’. Per qualche secondo resto immobile… non ci potevo credere. Poi mi riprendo, ‘Nonno, nonno vieni! C’è Guardiola al telefono!’”. Dovete sapere che ‘Carletto’ non era l’unico a cui piaceva fare battute o scherzi e, anzi, spesso qualche suo amico si divertiva a fargli finte chiamate “Sono Francesco Totti, vieni in piazza a fare una passeggiata” e poi puntualmente si rivelava uno scherzo. Mazzone, uomo d’esperienza, ormai era pronto a tutto e anche questa volta immaginava fosse uno scherzo. “‘Passame sto telefono’, mi dice. E io glielo passo. ‘Pronto, chi è?’. E dall’altra parte: ‘Sono Pep’. ‘Sì e io sono Garibaldi’. Ma Pep insiste: ‘Ma no Mister, sono davvero io, sono Pep’. ‘Ah scusa Pep, sai gli amici… mi fanno sempre scherzi…’”. Chiarito il malinteso, Pep e Carlo iniziano a parlare come due vecchi amici finché “ricordo che a un certo punto nonno gli ha detto ‘Ma scusa Pep, tra pochi giorni giochi la tua prima finale di Champions e pensi a me?!’ e lui ‘Sì mister. Ho pensato a lei e la voglio in tribuna perché se lei viene io vinco’”. Detto fatto. Mazzone è partito, insieme al suo fedelissimo team manager e grande amico Edoardo Piovani, e ha assistito dalla tribuna dell’Olimpico al trionfo del Barcellona sul Manchester United. Pep è stato di parola: ha vinto. Era il 2009 e da quel momento Guardiola sarebbe diventato uno degli allenatori più vincenti della storia. L'ultimo premio vinto è proprio il 'Premio Carlo Mazzone', istituito dalla famiglia di Carletto in sua memoria da quest'anno. Insieme a Pep, la prima edizione del premio sarà conferita anche a Claudio Ranieri. Ma se nel 2009 per parlare con ‘Carletto’ era ancora necessario chiamarlo al telefono di casa, negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Il 19 marzo 2017, giorno in cui ha compiuto 80 anni, Carlo Mazzone ‘sbarca’ su Instagram. Il merito è proprio di Alessio: “Partiamo da una premessa, lui con la tecnologia non era negato… di più! Però tutti i post, le foto, i commenti, i messaggi erano concordati con lui. Era lui a dirmi cosa scrivere o non scrivere. Anche sui social non ha mai finto, è sempre stato sé stesso”. Ma come ci è arrivato Mazzone su Instagram a 80 anni? “Quando nonno ha smesso di allenare, ha un po’ tagliato i ponti con il mondo del calcio. Non rilasciava interviste e non andava in tv e qualcuno ha pensato fosse perché non si sentiva bene. Niente di più falso, stava benissimo e a me queste voci davano fastidio. Così per i suoi 80 anni ho pensato di fargli una sorpresa e di creargli un profilo sui social. Ho chiesto a nonna e lei è stata molto contenta. Poi mi ha dato l’agendina di nonno con dentro tutti i numeri di telefono dei suoi ex giocatori per fargli una sorpresa ancora più bella. Ho chiamato tutti e nel giro di una settimana ho montato un video con i messaggi di auguri dei suoi ex giocatori, ex dirigenti e collaboratori. Nel frattempo con l’aiuto di Gianluca Di Marzio ho creato il profilo su Instagram”. E una volta fatto tutto, non restava che farglielo scoprire. “Avevo avvisato tutta la famiglia di non dirgli niente. Siamo andati a pranzo fuori, abbiamo festeggiato e poi siamo tornati a casa. Ci siamo riuniti in salone e sulla tv ho fatto partire il video. Toni, Bonera, Materazzi, Totti… c’erano tutti. Ciascuno di loro ha ricordato un aneddoto e ha mandato i propri auguri a nonno, che da subito si è commosso. Vederlo emozionarsi in quel modo per la mia sorpresa è stata una gioia immensa. Mi emoziono ancora a parlarne…”. Con lo sbarco sui social, ‘Carletto’ è tornato protagonista. Raccontava la sua vita in modo semplice e senza finzioni. Dal campo a Instagram, la sua autenticità era il suo marchio di fabbrica. E anche sui social l’amore ricevuto è stato tantissimo: “Ci scrivevano in tantissimi. Mi piace, commenti, messaggi… è stato un grande successo. Ancora oggi tante persone continuano a scrivere per far sapere a me e alla mia famiglia quanto tenessero a nonno o un loro ricordo che li lega a lui. Li ringrazio, fa sempre molto piacere. Da nipote mi riempie il cuore di gioia, perché mi fa capire ancora di più cosa sia stato Carlo Mazzone per le persone e per i tifosi”. Un uomo a cui tutti volevano bene. Un avversario rispettato, un idolo per i suoi tifosi. Un’icona del calcio italiano. Tutte definizioni giuste e lusinghiere. Ma la più bella per ‘Carletto’ era quella con cui lo chiamava e lo chiama ancora oggi Alessio: nonno.

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