Atalanta, le inquietudini del non più giovane Zaniolo

Poche squadre in Europa, nessuna in Italia, possono sfoggiare un parco attaccanti eterogeneo come quello dell’Atalanta che, in linea con la sua filosofia, vanta al momento il miglior score della Serie A. Una volta c’erano il Papu e Ilicic, Zapata e Muriel, capaci di trascinare la Dea oltre quota 100 e di far impazzire il popolo bergamasco. Ma anche chi è arrivato dopo, grazie al calcio verticale di Gasp, si è spinto spesso oltre i propri limiti. Attaccanti e centrocampisti con licenza di segnare, come Pasalic, Ederson e Koopmeiners, che prima di approdare a Bergamo non avevano mai segnato tanto in carriera. Il rendimento di Retegui, ingaggiato a tempo di record dopo l’infortunio di Scamacca, sintetizza l’incidenza del gioco di Gasperini sulle punte. In appena otto giornate ha già segnato più gol di quelli messi a segno nella sua prima stagione italiana. Scamacca stesso non aveva mai inciso tanto come nella scorsa stagione. Idem De Ketelaere. Per non parlare di Lookman, trasformato da anonimo esterno ad attaccante spietato, che anche grazie alla tripletta nella finale di Europa League, vincerà il Pallone d’oro africano. Sull’evoluzione di ciascuno c’è l’impronta inconfondibile di Gasperini. All’appello tra gli attaccanti nerazzurri manca solo Nicolò Zaniolo, che, ingolosito dalla prospettiva di essere rilanciato da Gasperini come accaduto a Scamacca e De Ketelaere, in estate ha privilegiato l’Atalanta alla Fiorentina. L’entusiasmo straripante con cui si era presentato a Bergamo è stato via via eroso prima dalla smania di guarire prima possibile dall’infortunio che gli aveva fatto saltare l’Europeo, poi dal malumore per le difficoltà a ritrovare la migliore condizione, e ultimamente dall’inquietudine per non riuscire a esprimersi come vorrebbe nei pochi ritagli che l’allenatore gli ha concesso finora. L’ex attaccante della Roma, arrivato dal Galatasaray in prestito oneroso per 3 milioni di euro, con riscatto fissato a 16 milioni più 3 di bonus, non è mai partito titolare e ha giocato finora l’equivalente di una partita e mezza: 75' in campionato in 4 partite, 62' in Champions in 3: il totale fa 138' in 7 presenze. E, cosa forse ancora più importante, ha giocato troppo poco nel ruolo che predilige, quello di esterno offensivo, nel quale può sfruttare i suoi “strappi”, ma che richiederebbe un supplemento di corsa per coprire più campo. Di sicuro non ama giocare spalle alla porta, dove pure Spalletti e Mourinho lo hanno utilizzato, e non “sente” suo il ruolo di vice Retegui, dove gli spazi sono rarefatti e non può partire in progressione. A causa soprattutto dei guai fisici che ne hanno condizionato la preparazione Zaniolo non si è ancora sintonizzato sul calcio di Gasperini che, anche per motivarlo, come faceva con Scamacca un anno fa, non si limita a riservargli solo carezze, per usare un eufemismo. Come fatto a parole dopo la sfida contro il Venezia, quando ha puntualizzato il suo pensiero sul giocatore: “Nicolò sta avendo i suoi spazi e in situazioni favorevoli, ma deve adeguarsi allo spirito battagliero dell’Atalanta abbandonando certe abitudini. Da lui ci aspettiamo molto di più, stiamo valutando i suoi progressi, deve solo liberarsi dalla pressione e concentrarsi sul lavoro senza pensare troppo agli errori, deve concentrarsi a lottare su ogni pallone”. Uno sprone ad abbandonare certe cattive abitudini e a calarsi nella parte con la mentalità che ha sempre contraddistinto le squadre di Gasp: corsa, intensità, spirito di sacrificio, aiuto reciproco. Doti che non rientrano nelle corde naturali di Nicolò, ma sulle quali dovrà applicarsi, ora che gli infortuni sono alle spalle, per guadagnare sempre più spazio e ritagliarsi un ruolo sempre più centrale nell’Atalanta. Da vero numero 10.

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