Inter-Juventus 4-4, per Inzaghi è un film già visto

Un film già visto. Inter che crea e spreca. Inter che fallisce gol semplici e ne subisce di evitabili. Inter che attacca in massa e dietro è vulnerabile. Inter che non sa gestire ma va a sprazzi, a tratti incontenibile, a tratti spaesata. La sfida con la Juve per qualcuno è stata divertente, per i tifosi neutrali, ma per gli interisti no. Inzaghi ha vissuto le montagne russe senza volerle e ha provato quelle emozioni: salita e poi discesa, poi salita, poi curve senza vedere cosa viene dopo, tutto con l’impressione di procedere al buio senza il minimo controllo, in balia degli eventi. Nel bene e nel male. L’ha capito subito, l’allenatore, che infatti dopo aver trovato il 2-2 con Mkhitaryan invece di esultare richiama la sua squadra: vuole più aggressività, più cattiveria in fase difensiva, più attenzione alle distanze da tenere. I numeri dicono che la solidità dell’anno scorso è lontana anni luce. Nella passata stagione l’Inter ha subìto 22 gol in tutto il campionato, 5 nelle prime 9 giornate. Ora è già a 13. Ed ecco il film già visto. Questo inizio assomiglia a quello di due anni fa. Allora l’Inter subì 14 gol nelle prime 9 e chiuse terza, uno scenario non auspicabile dalle parti di Appiano Gentile. Un’altra somiglianza si ritrova in Europa. Quella squadra arrivò in finale di Champions League ma in Serie A faticò prima di ritrovare continuità verso la fine. Anche questa in Europa viaggia spedita, 7 punti dopo 3 partite, e soprattutto in Champions non ha subito alcun gol. Come è possibile tenere a stecchetto Haaland e compagni e poi subire così tanti gol in Serie A? Questo dimostra che non è un problema di singoli ma di attenzione generale, di stimoli, senza dimenticare la condizione atletica e la difficoltà di mantenere lo stesso rendimento in termini di concentrazione in partite ravvicinate. Qui si torna all’estate e alla coda della stagione passata, a una preparazione difficoltosa e frettolosa per motivi indipendenti dalla programmazione dello staff. L’esempio Conte. Se il paragone con il secondo anno di Inzaghi è molto attuale, l’esempio da cui bisogna ripartire è quello di Antonio Conte. L’attuale allenatore del Napoli è primo in classifica a +4 sull’Inter grazie anche a una super difesa capace di prendere solo 5 gol. Conte è la lepre da inseguire ma anche l’esempio: quando vinse lo scudetto all’Inter, stagione 20/21, nelle prime nove giornate prese esattamente 13 reti. Alla nona però vinse 3-0 in casa del Sassuolo registrando la fase difensiva una volta per tutte. Inzaghi invece al suo primo anno ne subì 12 e alla nona pareggiò 1-1 proprio con la Juve. Alla fine concluse il campionato in seconda posizione dietro al Milan. Per questo il modello migliore in assoluto rimane quello della seconda stella. Subire poco significa avere il completo controllo del gioco. Segnare e poi rallentare. Sul 4-2 si può anche gestire senza spingere forte sull’acceleratore subendo poi il ritorno dell’avversario. Capitolo attacco. Qui le cose funzionano e anche bene. 21 gol segnati. La Juve finora aveva preso 1 gol. L’Inter di Inzaghi gliene ha fatti 4 in un colpo solo. Durante il match si è rivista la potenza di fuoco dei campioni d’Italia, il tutto senza Lautaro ancora lontano dal suo miglior stato di forma. Quando anche il capitano tornerà a fare gol con continuità allora sarà ancora più semplice incidere e mettere le partite in discesa. Ciononostante la manovra funziona. Thuram è sempre decisivo, il centrocampo partecipa attivamente alla manovra e forse anche per questo lascia la difesa più scoperta. Paradossalmente l’assenza di Calhanoglu si è sentita di più in fase di filtraggio e di contenimento che in costruzione. È mancata anche la presenza del miglior Acerbi capace, con la sua posizione ed esperienza, di dare sicurezza e ordine alla squadra. Su queste cose lavorerà ora Simone Inzaghi. A partire da Empoli bisogna ritrovare le distanze e l’equilibrio. Fare come fanno le grandi squadre, capaci di determinare e non subire il ritmo delle partite. Un tratto tipico dell’Inter campione d’Italia.

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