La Lazio di Baroni ha abolito il posto fisso (o quasi)

Cambiando il numero dei giocatori tra una partita e l'altra risultato e rendimento non cambiano. È la formula che sta rendendo grande la Lazio: il metodo Baroni funziona. Se sarà l'elisir di lunga vita per rimanere competitiva su ogni fronte sino a fine stagione lo dirà il tempo, ma i primi mesi hanno già fornito un indizio chiaro. Contro il Genoa è arrivata la sesta vittoria nelle ultime sette tra Coppa e campionato, una serie positiva aperta proprio da quando i biancocelesti hanno iniziato a giocare ogni tre giorni. Da allora Baroni ha iniziato a raddoppiare la Lazio, schierando di partita in partita formazioni sempre molto diverse. Tra i 7 e gli addirittura 9 cambi. Di fatto una squadra intera. Non può essere un caso. Lo storico limite della panchina corta, da sempre croce dei suoi predecessori, quest'anno sta diventando invece l'arma più efficace dell’allenatore. Tutti importanti, tutti coinvolti. Non più solo un modo di dire tanto in voga tra gli allenatori: Baroni ha abolito il posto fisso, o quasi. Magari l’organico avrà meno qualità rispetto al passato, ma è funzionale all’idea di calcio dell’allenatore. Che ha avuto il merito in poco più di cento giorni di lavoro di far breccia nella testa dei suoi giocatori. Questione di empatia: la squadra lo segue e crede in lui. La storia recente racconta che con i suoi predecessori il feeling non era lo stesso. E durante la partita col Genoa per la prima volta lo stadio ha intonato cori per lui: una sorta di investitura assolutamente meritata anche ricordando che la sua avventura in biancoceleste era iniziata tra scetticismo e diffidenza. Invece ci ha messo poco a conquistare tutti, in primis la sua squadra da “20 titolari” come spesso ama ripetere. L’intuizione del doppio centravanti ha permesso alla Lazio di partire forte: Dia e Castellanos nel primo mese hanno portato in dote 10 gol. Poi quando i due hanno rallentato, almeno da un punto di vista realizzativo, è esploso Pedro: 4 reti nelle ultime 5, uno score già migliore di tutta la passata stagione. Dall’inizio o uscendo dalla panchina, non fa differenza quando gioca ma se gioca. Lui e Vecino hanno completato il successo sul Genoa da subentrati, un sigillo di garanzia sul fatto che non stanno incidendo solo i cambi tra una partita e l’altra ma anche quelli nei 90 minuti. Scelte chiare, ma anche segnali. Il forfait in extremis di Zaccagni ha permesso a Baroni di rilanciare Noslin tra i titolari a un mese di distanza dall’ultima volta. Inizio complicato per uno dei giocatori fortemente voluti dall’allenatore con il quale ha realizzato l’impresa salvezza col Verona, e anche quell'etichetta dell’acquisto più oneroso dell’ultimo mercato estivo non ha aiutato. Sono bastati appena 20 minuti però e l’olandese ha firmato un gol bellissimo che ha messo in discesa la partita: per chi crede nei segni del destino questo sembra essere evidente. Contro il Genoa poi per la prima volta in campionato i biancocelesti non hanno subito gol. Un altro fattore di crescita, nel lavoro di squadra e nella continuità dei singoli. In copertina ancora Tavares: il portoghese sta confermando di essere il miglior acquisto di tutta la serie A, anche in relazione alla spesa di appena 5 milioni. Sesto assist in 7 partite giocate da titolare: nessuno meglio di lui in Italia. È la sorpresa del campionato, come la Lazio.

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