Derby della Mole: a chi manca più Bremer? Tra retroscena di mercato e numeri

Quando a Torino si parla di Derby, in qualche modo si accende una scintilla. Un tempo, è oggettivo, un po’ di più, anche perché l’ultima vittoria del Toro risale all’aprile 2015, con la squadra allenata da Ventura che vinse grazie a Quagliarella e Darmian in rimonta dopo un gol di Pirlo. Ma quella scintilla scatta sempre. E se una volta ‘Derby’ era sintomo di rivalità tra squadre, aree della città, addirittura ceti sociali, rivalità peraltro mai semplici da gestire, ora ‘Derby’ si è anche spostato verso aree più ‘mercatare’. Il calciomercato, sì: un tempo era quasi impossibile pensare che un giocatore potesse passare dalla Juventus al Torino o viceversa. Un tempo nemmeno così tanto remoto. Negli anni Novanta, per esempio, o nei primi Duemila di passaggi non si registrano, salvo Balzaretti che diventò bianconero nel 2005 quando il Toro era fallito: nessuna trattativa. Non come Pirlo o Seedorf, per esempio, quando senza troppe difficoltà passavano dall’Inter al Milan. Di recente qualcosa è cambiato. Probabilmente perché il Torino di adesso ha giocatori più appetibili per la Juve e, allo stesso tempo, ha più forza per trattare con i bianconeri. Alcuni esperimenti non sono andati benissimo, altri invece hanno avuto grande successo. Tra i primi passaggi che si ricordano, contestatissimo, fu un giovanissimo Pasquato che dal bianconero passò al granata in prestito secco con un diritto e controdiritto: non fu un successo. Poi venne il turno di Ogbonna dal Toro alla Juve: così e così. In quell’operazione, rientrò Immobile che al Toro invece fece un piccolo pezzo di storia. E adesso nella Juve c’è Bremer, che questo Derby non potrà giocarlo per infortunio ma che il suo primo derby in granata lo vide come un 'sogno'. Alla Juve di Motta manca parecchio. Al Toro? Pure. Vediamo perché. Chiariamolo subito: Bremer in Italia è arrivato quasi per caso. A dirla tutta, non doveva venire. E la sua scalata fino a diventare tra i più forti difensori della Serie A è stata di quelle belle intense. Altro che strada spianata o frasi come ‘era un talento che si capiva subito potesse sbocciare’. Niente di tutto questo. Sapete come è arrivato al Toro? Fu un’intuizione dell’allora ds Petrachi, ma non è mistero che quel ragazzone dell’Atletico Mineiro fosse il ‘Piano B’ nel caso non fosse arrivato il ‘Piano A’: quel Lucas Verissimo, ora all’Al-Duhail, passato nel 2021 dal Santos al Benfica. Tre anni prima, nel 2018, il Torino lo aveva trattato eccome con i sudamericani: costava 10 milioni di euro ma, vuoi per il costo, vuoi per una serie di problematiche legate al tesseramento , non riuscì a prenderlo. Piccolo retroscena che riguarda quella trattativa e soprattutto l’individuazione del giocatore: Mazzarri, allora allenatore del Toro, aveva chiesto ai dirigenti un giocatore ‘come Bonucci’, cioè capace di impostare. Ma siccome Verissimo, che convinceva più di tutti, non si riusciva a prendere, la società aveva proposto un difensore ‘come Chiellini’, cioè più solido. Ed è simpatico pensare che ora, Bremer, giochi proprio nella squadra che fu di Bonucci e Chiellini... In tutti i casi, la trattativa con l’Atletico Mineiro era andata in maniera più spedita: 6 milioni di euro, un discorso portato avanti tra metà giugno e inizio luglio, quando di corsa era stata predisposta la firma per andare subito in ritiro dove l’allenatore aveva assoluto bisogno di un centrale. E da lì si comincia a lavorare, in una stagione che lo vede poco protagonista. Meglio l’anno dopo : Longo, subentrato al posto proprio dell’esonerato Mazzarri, gli dà sempre più spazio. E l’anno dopo ancora, con Giampaolo prima e Nicola poi, è sempre più titolare. Arrivano le prime offerte dalla Premier , ma lui vuole restare in Italia. Fa bene: la consacrazione finale avviene nel primo anno di Juric, che lo porta di fatto a diventare tra i più forti difensori della Serie A. E lì a chiamarlo è la Juventus. Proprio la squadra di Bonucci e Chiellini. Al Torino un difensore così al momento manca. Perché Saul Coco si deve ambientare tra alti e bassi, e Schurrs, preso proprio al posto di Bremer, ha subìto lo stesso infortunio del brasiliano ma ancora più complicato: una rottura del legamento crociato da cui non sta ancora recuperando del tutto. E se manca al Toro, manca parecchio anche alla Juve di Motta, che lo ha potuto avere a disposizione per 8 partite prima dello stop che gli costerà forse quasi tutta la stagione. Non è solo una sensazione: lo confermano i numeri di Soccerment, secondo la spiderchart che vedete qui sotto e che pone a confronto la stagione attuale con quella dell’anno scorso , per lo stesso minutaggio. Cosa emerge? La leadership , cioè il suo coinvolgimento nell’azione per come l’ha pensata Motta. La percentuale dei tocchi di squadra è passata da circa il 10% al 13%, così come è nettamente migliorato il dato che riguarda la precisione dei passaggi sia corti sia lungi, elemento che comporta un miglioramento sostanziale nel mantenimento del possesso palla, con meno palloni persi. Sono migliorati anche gli interventi difensivi, le riaggressioni e la qualità nei duelli aerei difensivi, a scapito di meno conduzioni progressive. Tradotto? Bremer è sempre più ‘difensore’. Magari con meno gol in dote, ma alla Juve, prima che si infortunasse, bastava che non ne facesse prendere. E vedendo questi dati, emerge una cosa: il ‘Chiellini’ è diventato anche un po’ il ‘Bonucci’. E tutto era partito dalla stessa città. Solo, con l’altra maglia.

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