Genoa, i motivi e i retroscena che hanno portato all'esonero di Alberto Gilardino

Il fischio finale dell’avventura in rossoblù di Alberto Gilardino non c’è stato 12 giorni fa al termine dell’ultima partita del suo Genoa. Ma in un sorprendente martedì mattino, nella coda di una lunga sosta di campionato. Un arco temporale che evidenzia la tempesta in casa rossoblù, e quelle frizioni e divisioni interne che si sono sempre più surriscaldate a fuoco lento. Al suo posto Patrick Vieira, già sondato prima della sfida interna con il Bologna, i primi di ottobre. Perché quello che è chiaro è che Gilardino non può pagare per un risultato arrivato quasi due settimane prima – tra l’altro un pareggio in rimonta contro il Como – e nemmeno per la classifica, che al momento vedrebbe il Genoa virtualmente salvo, in crescita, nonostante le cessioni estive e l’emergenza totale per gli infortuni con cui ha dovuto affrontare tutte le ultime partite di questa sua avventura in rossoblù. Ma è un esonero che ha motivazioni più antiche. Promosso dalla Primavera alla prima squadra nel dicembre 2022 per prendere il posto del tedesco Blessin in Serie B, inizialmente ad interim, quella panchina Gilardino se l’è guadagnata sul campo. Prese una squadra al quinto posto in classifica, per poi condurla alla promozione diretta, diventando l’allenatore con la migliore media punti di quel campionato. Non scontato, nella sua prima occasione importante. Esaltando giocatori come Dragusin, Gudmundsson e altri che fino a quel momento non erano ancora riusciti a far sbocciare il loro talento. Gioielli via via venduti, come il difensore rumeno, nel gennaio del 2024. Eppure, nessun contraccolpo nella squadra del Gila, che ha sempre messo il gruppo innanzi a tutto. Anche senza Dragusin la squadra incassa addirittura meno gol nel ritorno di un campionato vissuto da neopromossa e concluso con un eccellente undicesimo posto e salvezza ottenuta con cinque giornate d’anticipo. Eppure, già lì erano emersi i primi segnali di frizioni tra l’allenatore e alcuni dirigenti del club. Un lungo tira e molla per il rinnovo di contratto che inizialmente sembrava scontato. Gilardino in primavera aveva dato la priorità alla permanenza in rossoblù, ma non aveva ricevuto nessuna concreta offerta dal club, mentre erano emerse voci di sondaggi nei confronti di altri allenatori, e successivamente avances di altri club nei confronti dello stesso Gilardino. Prime velate frecciatine in alcune conferenze stampa che per i ben conoscitori delle dinamiche di Pegli mal nascondevano le tensioni soprattutto con l’amministratore delegato Andres Blasquez, il vero numero uno in casa Genoa. Lo spagnolo scelto dalla priorità americana 777 Partners nel frattempo travolta da una crisi economica e giudiziaria che ha inevitabilmente pesato anche nelle strategie del club genovese. Per il bene di tutti un accordo per il rinnovo alla fine fu trovato: conferma a Gilardino ma nelle settimane successive progetti completamente rivisti, un mercato estivo fatto di necessarie cessioni eccellenti a partire da quella del portiere Martinez, e ovviamente una guida tecnica che al tempo stesso pretendeva garanzie e faceva pesare la propria leadership per incidere in alcune scelte di mercato. Rapporti fatti più di tolleranza che non di una vera e propria stima reciproca. Divisioni via via acuite da quelle interne alla società. Come si fosse venuta a creare una doppia squadra dirigenziale, tra chi stesse con il mister e chi con l’amministratore delegato, a cui però spetta sempre l’ultima parola con la proprietà e i nuovi creditori. Questo non ha frenato la passione di una piazza che in estate aveva raggiunto il record storico di abbonati per l’intera città: oltre 28 mila quelli sottoscritti pochi giorni prima della doppia cessione degli attaccanti Gudmundsson e Retegui. Quest’ultimo sostituto da Pinamonti, messo in testa alla lista dei preferiti – nella cerchia dei papabili – proprio da Gilardino. Le difficoltà sul campo non sono mancate. La perdita per infortunio dei giocatori con le maggiori qualità tecniche ha reso ancora più complicato trovare idee per il gioco del nuovo reparto offensivo. Infermeria sempre più piena, e partite affrontate con una panchina folta di ragazzini e oltre 10 potenziali titolari indisponibili. La società pronta a intervenire con il mercato degli svincolati da subito era stata inizialmente frenata dallo stesso Gilardino che contava sulla forza del proprio gruppo, in attesa del mercato di riparazione, salvo poi voler fortemente nuovi giocatori quando l’emergenza infortuni sembrava non dare tregua con la ricaduta di calciatori che erano sul punto di rientrare. Da qui il suo convinto ok per Mario Balotelli, arrivato nella settimana successiva al pareggio ottenuto contro il Bologna. Quella che era stata la prima vera partita in cui l’ormai ex allenatore rossoblù si giocava la panchina. Eh già, perché nonostante le pagine importanti scritte nella recente storia del club, alcuni risultati avevano messo fortemente in discussione il suo lavoro. La brutta sconfitta a Venezia, la clamorosa eliminazione nel derby di Coppa Italia sembravano aver fatto sbandare la squadra. Un gruppo che nel campionato precedente aveva subito sconfitte con più di un gol di scarto solo nella ferragostiana partita d’esordio con la Fiorentina e nei due match contro l’Atalanta, era sempre stato in partita. Invece, in questa complicata stagione, erano poi arrivati lo 0-3 in casa contro la Juventus e un nuovo pesante 5-1 sempre contro la squadra di Gasperini. Le motivazioni e le attenuanti erano molteplici ma il 19 di ottobre contro il Bologna di Italiano, Gilardino doveva dimostrare di aver la squadra dalla propria parte. La società aveva sondato diversi allenatori, fra cui lo stesso Viera che già sembrava in testa alle preferenze in caso di ribaltone. Anche una sconfitta lottando gli sarebbe bastata, ma arrivò un pareggio con una doppia rimonta a certificare un legame solidissimo tra lui e i suoi ragazzi. Che non avevano mollato, che credevano ancora nella salvezza così come il suo allenatore. Nonostante le difficoltà, i pareggi sempre in rimonta nei minuti finali ottenuti in questo campionato con Inter, Roma e perfino con il Como sottolineano la verve di una squadra viva, soprattutto in casa, dove però deve arrivare ancora la prima vittoria. Eppure, il successo in trasferta a Parma e l’ultimo pareggio con la squadra di Fabregas dodici giorni fa sembravano aver messo tutto un po’ più in discesa. Invece no. Le parole pronunciate da Gilardino proprio dopo il successo al Tardini, in qualche modo avevano sancito una frattura ora rivelatasi definitiva. “Sono solo con i miei ragazzi, ma non m’interessa, andiamo a combattere fino alla fine, questa è la realtà e li difenderò alla morte” disse dopo la seconda vittoria in trasferta di questa campionato, appena tre giorni prima del pareggio con il Como, con la sua squadra messa in grandissima difficoltà, ma capace comunque di pareggiare nel recupero. Quella l’ultima partita di Gilardino allenatore del Genoa. Aveva denunciato la sua solitudine. Una sorta di condanna, anche se modalità e tempi dell’esonero restano sorprendenti. Una scelta puramente societaria, senza grandi spiegazioni per incomprensioni tattiche o di campo. Si è dibattuto a lungo nella sede di Pegli. E vista la delicata situazione societaria che richiede più passaggi oltreoceano per ogni decisione che vada ad aggiungere costi al budget previsto, si è approfittato della sosta per valutare l’avvicendamento sotto ogni punto di vista: tecnico ed economico. Fino all’esonero comunicato dal General Manager Marco Ottolini ad Alberto Gilardino nel giorno della ripresa degli allenamenti. Con lui, a lasciare il Genoa anche il vice Gaetano Caridi, e il fedele collaboratore tecnico Dario Dainelli. Primo allenamento affidato al resto dello staff, in attesa del primo – di mercoledì – sotto gli occhi di Patrick Vieira. Solo quattro giorni per preparare lo scontro diretto salvezza di domenica all’ora di pranzo con il Cagliari. E per chiarirsi con Mario Balotelli, suo compagno di squadra all’Inter e al Manchester City, con cui però ci fu più che un’incomprensione quando era sulla panchina del Nizza, e Mario un suo attaccante. Il percorso per la salvezza resta ancora a lungo. Non corrispondono al vero voci di nuove eccellenti cessioni nel mercato di riparazione che avrebbero portato a un duro scontro tra Gilardino e i dirigenti del club. Anzi, la società è pronta ad almeno tre acquisti nel mercato di gennaio perché il mantenimento della categoria resta prioritario interesse di proprietà e creditori. Per questo dovrà lavorare Vieira, un campione del mondo alla sua prima avventura su una panchina di Serie A. Così come era stato per un altro campione del mondo, Alberto Gilardino, affranto e sorpreso, ma certamente ancora tifoso dei suoi ragazzi e di una piazza in cui ha lasciato un po’ del suo cuore. Per una nuova salvezza del Genoa. Anche senza di lui.

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